47 RICORDI

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La testa pesa di meno. Tutto è più a fuoco anche quando ordino un vodka redbull. La nausea è passata e prendendo un sorso dalla cannuccia nera del drink mi sento finalmente bene. Felice e spensierato.

Vado verso i miei amici. Diana non c'è e neanche la sua amica. Siamo solo noi ragazzi, come hai vecchi tempi.
Il mio migliore amico con una pacca sul braccio mi frega il bicchiere.
Lo sorseggia e sorridendomi mi dice:" l'alcol fa male"
"Anche a te coglione" e colpendolo sullo stomaco me lo faccio ridare, per l'ultimo sorso.
"Sai" incomincia "è molto carina la tua ragazza"
"Lo so, ma non è la mia ragazza" il suo sguardo si assottiglia e mi squadra velocemente.
"Quindi vuol dire che ci posso provare io?" Fulmineo lo colpisco sulle palle, provocandogli un dolore atroce. Con faccia dolente se le tiene e mugugnia un:" scherzavo" mentre io mi libero in una risata.
Si riprende e subito va all'attacco di nuovo.
"Ma ancora non gliel'hai chiesto?"
"Certo che l'ho fatto ma non mi ha risposto"
"Aia"

Lo vedo girarsi un secondo per poi ripresentarsi con un altro bicchiere sulle mani, quello di Giorgio che lo guarda sogghignando sotto i baffi. Non lo vedevo da un po' di tempo specialmente lucido. L'ultima volta che lo avevo visto non era pienamente cosciente, per la droga, ma vederlo ridere per Micheal che ha rubato un bicchiere vuoto è una buona soddisfazione. La comunità gli ha fatto bene.
Facendo finta di niente il futuro avvocato davanti a me butta il bicchiere a terra e spavaldo continua il discorso:
"Adesso dov'è?"
"Abbiamo litigato"
"Aia" faccio un cenno con la mano, come se va tutto bene "Il problema non è lei ma Diana".

Anche se brillo lo vedo drizzare le orecchie e rivolgermi uno sguardo sconvolto. Percependo la sua curiosità lo prendo in disparte, allontanandoci da tutte queste orecchie indiscrete e gli sussurro:" ha iniziato con la solita satira"
"Ancora?"
"Si, mi ha visto senza Alice ed ha pensato di ritornare all'attacco"
Vedo le rotelline nel suo cervello girare, fa per rispondere ma la sua bocca si blocca in una smorfia guardando insistentemente  alle mie spalle.
"Credo che non sarà l'unica a cagare il cazzo questa sera" e se ne va. Una marea di dubbi sommergono il mio cervello cercando di capire il suo indovinello ma, non passa molto affinché  mi sento toccare su una spalla.
Mi volto, la vedo e capisco tutto. La donna dei miei incubi e di tutti i miei pianti è in piedi davanti a me mentre sorride come ad un vecchio amico. È molto bella, come l'ultima volta che l'ho vista e così spigliata come al suo solito. Le sue labbra tinte di rosso si aprono e si chiudono senza che io capisca realmente cosa mi sta dicendo, la vedo gesticolare per poi aspettare qualcosa in silenzio.

"Cosa?" La vedo sorridere civettando un: "stupido, ti chiedevo come stai?"
"Bene. Cosa ci fai qui?"
Le sue labbra si aprono in un sorriso come lo stregato e attorcigliandosi una ciocca di capelli sul dito indice, finalmente mi risponde.
"I miei amici sono anche i tuoi. Mi hanno invitato loro"
Il mio sguardo automaticamente cerca il gruppetto degli uomini che ho lasciato alle mie spalle. Bisbigliano e ridacchiano tra di loro mentre i loro sguardi si spostano tra me e lei.
"Chi ti ha invitato?" Trattengo a stento la rabbia e lei lo percepisce. Fa il segno di chiudere la zip sulle sue labbra e con un piccolo gesto butta via la chiave, segno che non parlerà.
"Perché perdere tempo in questi inutili convenevoli, andiamo a bere" mi prende la mano ma, con uno schiaffetto mi divincolo, stanco di essere trascinato da qualsiasi donna che non sia la mia.
"Matteo, andiamo"
La sua voce è altalenante come quando si parla ad un bambino. Va avanti senza più trascinarmi e facendomi segno di andare di là la seguo, senza la forza psicologica di oppormi un'altra volta. Me ne pentirò, lo so.

Devo solo passare qualche minuto con lei e capire che cosa sta accedendo.

Mi riprometto. La vedo prendere una bottiglia di rum da Eros e con due bicchieri in mano andiamo all'esterno.
Aprendo la porta finestra mi ritrovo in un piccolo giardino semi nascosto dagli invitati. Ci sediamo sul salottino grigio composto da un divanetto e una poltroncina sotto ad un grande gazzebo e appoggiando la schiena sullo schienale del divanetto e le gambe sul tavolino in vetro, occupo tutto lo spazio. Proprio vicino ai miei piedi lei appoggia la bottiglia con i bicchieri e si siede, costretta, di fronte a me.
Ci guardiamo un po' e sbuffando mi allungo per afferrare l'alcol, versandomene un bel po' nel bicchiere.
Ne butto giù un lungo sorso sapendo che senza, l'avrei uccisa in seduta stante.

Fatidica CoincidenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora