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"Mi dispiace Alice per quello che hai passato"

Alla fine gli ho raccontato tutto. Da molto tempo non rivangavo quei minuti strazianti e credo che per la mia sanità mentale non lo farò più.

Che stupida che sono stata.

Ci sono state delle notti che mi autolesionavo con questi ricordi.  Mi facevano male e gli incubi che ne derivavano mi segnavano la pelle molto più della realtà.
Mi immaginavo scenari in cui lui riusciva ad acciuffarmi e  mi prendeva contro la mia volontà. Lo vedevo ovunque, anche se io ero la vincitrice. Lui ha sempre avuto il potere su di me, grazie alla paura che mi incute tutt'ora.

Mi ricorderò per sempre il suo sguardo, così diverso da quando abbiamo fatto l'amore. In quel momento era oscurato dall'ombra che cercava di prendermi e portarmi con sé in un mondo tutt'ora sconosciuto.
Non è una cosa che si dimentica facilmente, con il tempo e la terapia si cerca di dimenticare, è fattibile, anche se io ho deciso un approccio diverso. Mi sono buttata sul lavoro,  parlando con i clienti per non farlo con quei mostri senza testa che ho tutt'ora nel mio inconscio e, riempiendo la mia casa di piante per dare  colore persino alle loro ombre.
Li ho resi amichevoli, rendendomi più forte e diffidente invece che più debole e fragile.

"Vorresti ritornare indietro?"
"È impossibile farlo" cerco di reprimere pe lacrime "quindi perché pensarci?"
In realtà non mi pento di quello che ho fatto, mai lo farò.  Non mi pento di avergli raccontato una minima parte di me o di essermi donata per la prima volta. È inutile piangere sul latte versato quindi, perché iniziare proprio ora?

"È tutto passato" continua.
"No, non lo è" esprimo a voce alta.

Sono stata fiera di me mentre camminavo per strada, ma quando ho chiuso la porta mi sono rintanato nel letto ad aspettare.
Non ho chiuso occhio per tutta la notte e, per ogni minimo rumore scattavo con il coltello in mano.
Ero pronta ad ucciderlo se solo avesse provato a venirmi a cercare sotto casa e lo sono tutt'ora.
Certe mani non si scordano ed è per questo che, nel primo cassetto in alto del comodino ho ancora quella lama, che non mi ha mai abbandonata da anni a questa parte, come una fedele amica.
Infatti, ogni volta che la lucido con un panno umido, nel mio rem inizio sentirmi più al sicuro, non solo dai mostri che pullulano nei miei incubi ma anche da quelli che camminano per strada.

"Gli incubi ritorneranno sempre"
"Basta conviverci"
"Adesso mi stanno troppo tretti" Ribatto avvilita "lì vedo ovunque, quei mostri che mi deridono che mi provocano e sono arrivata al punto che la mia sanità mentale è messa a dura prova".

Nei suoi occhi non vedo pietà, solo dolore.
"Meriti anche tu un po' di pace"
"Quando sarà il momento" rispondo metaflua con una frase già fatta, tanto so che solo all'ora del mio giudizio non proverò più niente.
"Mi fa male pensare che mi compari a lui"
In un attimo tutto cambia. Tutta quella tristezza sul suo viso scompare, cancellato dalla rabbia.
"Cosa intendi?"
"Quando ti tocco rabbrividisci" sospira pesantemente, come se anche lui fosse legato ad un pesante macigno, fatto di cose non dette "in cosa lo assomiglio?"
Non so per quale assurdo dilemma invece di arrabbiarmi rido. È una risata leggera, che mi accarezza la lingua per poi darmi una morbida coccola lungo la mia pelle per farmi dimenticare tutte le emozioni negative.
"Fidati, sei completamente diverso da lui"
"Dammi allora una spiegazione logica "
" Ho un trauma Matteo, però se ti può aiutare ti dico che se eri uguale a lui a quest'ora non ero qui"
Lo vedo scuotere la testa vigorosamente per poi dirmi: "capisco che è difficile, ma devi andare avanti"
"Tu non lo capisci" Urlo questa volta adirata, con un cambio di umore abissale, sapendo di avermi toccata su un tasto dolente.
"Come fare a capire quella  paura che ti attanaglia la gola quando cammini per strada e rivivi ogni momento come  se non fosse mai passato un solo giorno?"
Vado verso la finestra cercando di calmarmi e sospirando, continuo con più calma:"Io sono stata la vincitrice su tutte le altre che non hanno avuto neanche gli occhi per piangere. Come posso andare avanti sentendomi costantemente in colpa per essere riuscita a scappare?"
"Sei una sopravvissuta tanto come le altre e, anche se non hai provato quel dolore, ne hai provato uno diverso che ti rende diversa e uguale a tutte loro. " Mi prende la mano " Non essere in colpa Alice, gli altri non avrebbero pena per te"

Fatidica CoincidenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora