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" Per me Natale non è mai stato sinonimo di famiglia. "
Le sue parole rimangono quasi sospese in aria. Le sento rimbombare tra le pareti bianche del soggiorno e riverberare tra le luci blu, rosse e gialle che lampeggiano ad intermittenza quasi impoticamente.
Sto appoggiata alla sua spalla, le luci spente tranne quelle dei led e della TV a voce bassa. Ha avuto ragione Matteo, adesso è realmente Natale.

Non sono mai stata un amante di queste usanze o nella famiglia, non sono mai stata un'amante del freddo o dell'umidità che si intrinseca fino alla punta dei piedi. Non sono mai stata il qualcosa di qualcuno e nessuna cosa materiale mi è riuscita a dare la felicità come i soldi.

Patetica.

Penso mentre quasi neanche ricordo cosa ha detto Matteo rompendo il flusso dei miei pensieri.
"Perché dici questo?" Cerco di interessarmi all'argomento senza perdermi in inutili congetture.
"Il vizio di non fare personalmente l'albero non è nato da solo, l'ho ereditato dai miei genitori"
"Questo non vuol dire niente"
"Vuol dire quando, ti siedi a tavola il venticinque di dicembre e l'unica cosa che fate è litigare"
"Come qualsiasi famiglia felice" lo interrompo con quelle parole fin troppo vere.

Quei pochi natali che ho trascorso in famiglia e sono stato una sinfonia di insulti e parolacce, per quanto le altre famiglie siano meglio della mia non posso immaginare in tutti la perfezione.
La perfezione non esiste. È stata creata da noi uomini per seguire un sogno tossico, quasi disperafo. In condizioni normali sapremmo riconoscere la nostra cecità ma non quando ci mettiamo noi nelle condizioni di non vedere.

"Ho sperano ogni anno di evitare una discussione e di essere finalmente felici, ma non ci sono mai riuscito" .
La mia testa scivola pesante fino alle sue gambe. Mi infagotto mentre mi accarezza i capelli, passando talvolta le dita tra di essi. Dal suo lato del divano trova la mia coperta rossa di pile, la apre e la avvolge intorno al mio corpo. "Non è colpa tua"
"È di chi non ci prova" la sua mano si ferma un secondo e continua "e io non sto facendo abbastanza"
"L'amore e la famiglia talvolta non vanno nella stessa frase. " con le dita incomincio a disegnare cose astratte sul tessuto dei suoi pantaloni neri "Come con qualsiasi amante, c'è amore ma l'odio è nascosto all'angolo".
"Come puoi dire una cosa del genere? " Chiede triste " è la natura dei fatti, più vorresti una famiglia perfetta e più otterrai l'indifferenza" .
Per qualche istante non risponde più, l'alternarsi tra respiro e il battito del cuore diventa quasi più rumoroso di quello che realmente è.
"Penserò alle tue parole"
"Quando vuoi, sono aperta al confronto su questo argomento, anche se è improbabile che cambio idea senza buone motivazioni" e ridacchio. Ho già sviluppato le mie idee che con gli anni si sono avviluppate così saldamente alle sinapsi che le probabilità sono molto poche affinché una buona parola svergini le mie labbra su un argomento come questo.
"Tanto so che non ti farò mai cambiare idea" mi legge nel pensiero.
"Cosa ne sai"
"Ti conosco Alice, odi fin troppo quelle persone. Ti hanno fatto del male, è comprensibile, ma non dirmi che cambierai idea ".
Sento nella sua voce un velo di sarcasmo ed ironia. Non contraddico, ho troppe ferite aperte che non guariranno più. Sono tangibili, a volte le posso anche toccare ma lo faccio solo nel momento in cui cadono nel dimentocatoio. Le sento cicatrizzarsi, le osservo e con una freddezza che non mi contraddistingue le riapro ficcandoci un dito dentro. Di notte sento il sangue fiottare, caldo e denso mentre dandomi della stupida ripenso a quel dolore fin troppo familiare alla mia anima.

Devo farlo.

Ancora ripenso alla mia voce che come un eco, mi ricordava nei momenti bui cos'è realmente il dolore, la ira e il sangue caldo fiottante mentre annegando chiedevo aiuto. Nessuno però mi ha mai salvato.
"Hai qualche idea per capodanno?" Cambia discorso.
"Assolutamente no" neanche mi ricordavo dell'esistenza di questa festa.
"Potresti festeggiarlo con me".
La sua proposta mi arriva come un fulmine a ciel sereno. Strabuzzo gli occhi e gli chiedo:" cosa avevi in mente?"
"I miei amici organizzano una festicciola in campagna"
Senza neanche lasciargli finire il discorso mi rialzo dalle sue gambe e portandomi dientro la coperta mi alzo dal divano per prepararmi una camomilla, per calmarmi.
"No" rispondo mentre traffico con il pentolino e l'acqua.
"Perché fai così?" Si alza anche lui mentre ascolto le sue parole a tratti interrotte dagli sciocchi sonori dell'accensione del gas. La fiamma divampa sotto al pentolino dell'acqua e aspetto a braccia incrociate dicendo: "Ti sei già dimenticato quello che è successo?"
"Non farei questo errore" .
Appoggio le mani al bancone della cucina, facendo profondi respiri. Le voci nella mia testa mi dicono di scappare, da lui e da tutti quei bastardi.
Con la coda dell'occhio lo vedo avvicinarsi e come per magia le vicine piano piano scompaiono lasciando solo silenzio.
"Ali, questa volta ci sarò io a proteggerti"
"Non mi fido di te nella stessa stanza con loro. Non ragioni" latro con amarezza.
"Non farei più questo errore" .
Il tono della sua voce cambia, è seria, pronta a vincere qualsiasi cosa ci sia in palio come un gladiatore.
"Perché mi chiedi questo?" Chiedo cercando di capire anche il motivo di questa richiesta. Non ero pronta a riaffrontarli e lo sapeva .
"Non ci sono giochetti. So con certezza che in questa festicciola ci saranno circa duecento persone, come la serata in piaggia" gli faccio un cenno per continuare a parlare " e so che sarà difficile vederli tutti insieme. Vorrei solo divertirmi e perché no, prendere l'occasione di scroccare da loro" .
Con comprendo a pieno le sue parole e chiedo:" in che senso?"
"Non fanno pagare per partecipare e so con certezza che le loro feste sono le migliori" .

Fatidica CoincidenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora