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"Buongiorno Céline!" salutai non appena mi chiusi la grande porta d'ingresso di vetro alle spalle. La receptionist non mi degnò di uno sguardo. Fantastico. Dopotutto ero stata avvisata dai miei amici, prima di partire per la Francia. "Non sarai mai una di loro, accettalo e fa finta di niente. I francesi sono un po' così". Forse avevano ragione. Non mi lasciai buttare giù da una semplice sconosciuta, continuai a camminare dirigendomi fino all'ascensore. Una voce fin troppo familiare mi chiamò: Jérémy.

-Bonjour! Questo è per te- mi raggiunse con passo veloce e mi porse un cappuccino di Starbucks con una mano, mentre con l'altra teneva il suo caffelatte. 

-Oh..grazie. Buongiorno a te- fui sorpresa. Era un gesto carino, ma che allo stesso tempo mi metteva a disagio.

Quando afferrai il cappuccino, notai Jérémy avvicinarsi pericolosamente a me, proprio come aveva fatto allo stadio. Le porte dell'ascensore, che si erano appena aperte, mi salvarono in calcio d'angolo. Filai all'interno e, nonostante anche lui dovesse salire, il momento clue si smorzò.

-Giornata impegnativa?- Provai a chiedere io, interrompendo quel silenzio imbarazzante.

-Non immagini quanto, tu?-

-Vedremo cosa mi attende in ufficio-

Le porte si aprirono di nuovo, salvandomi da quella situazione. Sgattaiolai fuori, ma venni fermata dalla sua mano che afferrò il mio polso applicando una leggera pressione.

-Pranziamo insieme dopo?- mi chiese. Mi irrigidii completamente, forse lui lo notò, perché lasciò andare la presa. Lo guardai dritto negli occhi, quel ragazzo che brutto non lo era affatto, anzi. Ma la mia mente non era settata per una storia, non potevo farmene una colpa.

-Sto esagerando di nuovo, vero?- chiese imbarazzato. Si grattò la nuca e fissò le sue scarpe pur di non incrociare il mio sguardo.

-Mi..mi dispiace, Jérémy, ho bisogno di tempo per adattarmi a questa nuova vita-

Annuì un po' deluso, poi allungo una mano verso di me.

-Amici?- chiese.

Sorrisi, gli strinsi la mano e ripetei "Amici".

**

Riuscii a concludere tutte le cose da fare cinque minuti prima della fine del mio turno. Mi appoggiai allo schienale della sedia e volsi lo sguardo verso la finestra, sorridendo. Due giorni fa, anche meno in realtà, ero in quello stadio, a saltare e tifare per il PSG. Sembrava irreale. Chissà come sarebbe stato con papà...

Tornai con i piedi per terra, sistemai alcune scartoffie nei cassetti e spensi il pc aziendale, controllando di aver portato con me il portafogli: non avevo voglia di mangiare lasagna anche quel giorno, così decidi di optare per un ristorantino in zona, per mangiare qualcosa a volo. A casa mi attendeva ancora la valigia da disfare, non volevo passare tutti il pomeriggio tra i vestiti.

In più, avevo deciso di non esaurirmi solo dietro il lavoro: certo, ero a Parigi per quel tirocinio e mi ci sarei impegnata al massimo, ma volevo godere anche delle tante opportunità che la città offriva ai suoi abitanti e ai turisti. Io ero a metà tra abitante e turista, almeno per i primi tempi.

Camminai per qualche minuto, arrivando davanti ad un piccolo ristorante francese alle spalle dello stadio. Il cielo era coperto da nuvoloni scuri, non avevo voglia di camminare ancora, soprattutto con quei tacchi che stupidamente avevo deciso di indossare quella mattina, e in più morivo di fame: quel ristorante sarebbe andato benissimo.

Mi sedetti ad un piccolo tavolino accanto alla vetrata trasparente, godendomi le poche goccioline di pioggia che cominciavano a bagnare le strade. Ordinai abbastanza velocemente, mi sarei accontentata di una semplice insalata mista. Afferrai il telefono e scattai una foto alla vetrata del ristorante, ormai fradicia, postandola poi su Instagram. Non ero mai stata molto attiva sui social, ma volevo documentare qualsiasi cosa di quella nuova avventura.

Neymar POV

L'allenamento terminò poco prima che iniziasse a piovere. Dopo aver fatto una doccia veloce nello spogliatoio, chiusi il borsone stracolmo di roba e raggiunsi il mio autosita personale. Non avevo voglia di tornare a casa e, sicuramente, litigare di nuovo con Bruna. Probabilmente, pranzando fuori avrei lo stesso discusso una volta tornato a casa, ma avevo bisogno di un po' di tempo per me stesso.

Bruna avrebbe dovuto già essere in Brasile da qualche giorno, per lavoro; aveva pensato bene, senza avvisarmi, di posticipare tutti i suoi impegni alla settimana dopo, prolungando il suo soggiorno parigino, in casa mia, per qualche altro giorno. Mi sarebbe anche andato bene, davvero, se non fosse per le liti e la tensione che regnava sovrana in quella casa.

Presi il telefono, afferrandolo tra le varie cianfrusaglie nel borsone, e smanettai un po' sui vari social. Quella ragazza, Chloé se ricordavo bene il suo nome, aveva postato una storia. Si trovava al Little Bulles, un ristorante che conoscevo bene nonostante non ci avessi mai messo piede; era proprio dietro lo stadio.

-Valentin, s'il vous plaît- richiamai l'attenzione del mio autista. Lui rallentò e girò leggermente il capo nella mia direzione -accosta qui. Ti chiamo dopo-

Scesi dal mezzo non appena Valentin trovò uno spazietto in cui sostare. Lasciai il borsone in auto, non mi sarebbe servito a niente. Salutai con un cenno di capo il mio autista e percorsi pochi metri a piedi prima di trovarmi di fronte l'entrata del Little Bulles.

La vidi subito, era in disparte in un angolino del ristorante vicino la vetrata e stava mangiando un'insalata; mi avvicinai al suo tavolo e mi sedetti di fronte a lei.

Unexpected love || Neymar JrDove le storie prendono vita. Scoprilo ora