Capitolo XXXXVII

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Il genio del comandante

《Signore! Karalis è di fronte a noi! Pochi minuti e saremo entro il porto!》gridò un marinaio al Magister Classes.
Emilio osservò l'orizzonte , sorridendo soddisfatto. 《Disposizioni ammiraglio?》richiese servizievole il subordinato 《Caricate la catapulta , ordinate ai veliti di preparare i fuochi , ricordate il nostro obiettivo.》Ordinò calmo il capitano. I manovratori armeggiarono con proiettili e macchina da guerra , pronti ad eseguire nuovi ordini.

Le mura della cittá apparirono all'orizzonte , alte , stagliate contro il cielo biancastro di quella giornata umida in cui la pioggia doveva ma non voleva scendere.
Vicino alla flotta apparvero alcune navi mercantili.

Il comandante le osservò. 《Mandate una nave di veliti ad occuparsi di quelle navi. Non voglio intralci , se poi c'è ne sarà occasione che le saccheggino anche , così che sembri una semplice azione di pirataggio.》Il soldato vicino a lui annuì servizievole che subito provvedette a comunicare alle navi di eseguire gli ordini.
Una di quella trentina di navi da guerra si distaccò dalla formazione per intercettare i mercantili.

Il Magister Classes ammirò la flotta a cui la sua nave si trovava in testa. Una flotta degna della flotta romana antecedente al triumvirato. Le navi di veliti erano ai fianchi dello schieramento per supporto , le navi con truppe da sbarco so trovavano di fronte , davanti a tutte le altre , le navi d'artiglieria erano invece al centro dello schieramento. Guardò la linea di navi di fronte a loro. Oltre ai rimasugli della flotta di Pompeo racimolata dopo la disfatta di Syracusae c'erano anche numerosi mercenari , per la maggior parte incursioni illirici che , anche se non conosciuti per la disciplina , avrebbero obbidito di fronte ad un compenso.
Oltre a quelli , che costituivano la metá delle truppe da sbarco , vi erano anche altri mercenari fra le loro navi. Vi erano arcieri cretesi dalla mira infallibile , artiglieri persiani conosciuti per la precisione della loro mira , fenici , dalla risaputa abilità navale. L'ammiraglio non aveva però compiuto l'errore di disfarsi delle truppe più fidate rimaste della flotta.
I triarii , i veliti , alcuni principes e anche qualche equites erano rimasti a costituire il nerbo della flotta. D'ora in poi avrebbero vissuto di saccheggi fino a che non avessero riottenuto una zona di terra.

Dopo aver abbandonato Pompeo a Mileto , come gli aveva chiesto , aveva usato i resti della decimata ricchezza del re spodestato per riunire quell'esercito. Purtroppo per l'ammiraglio , se i piani non fossero andati esattamente come previsto non avrebbe potuto garantire un salario a tutti quei soldati ancora per molto. Il colpo grosso avrebbe dovuto compiersi subito , il riscatto non poteva farsi aspettare.

Immerso nei suoi pensieri Emilio non si accorse che il porto ormai non era più una sagoma lontana. Alzò un braccio , urlando 《Forza! Rematori! Avanti tutta! Artiglieri! Cominciate a calibrare il colpo! Soldati! Preparate le spade!》.
Mentre incoraggiava i soldati attraversò il ponte della nave arrivando fino alla poppa , nella zona rialzata , pronto ad assistere la manifestazione del suo piano.

Portando lo sguardo ai lati constatò soddisfatto che un paio di navi di veliti per lato si erano scostate a guardia dell'entrata per bloccare e saccheggiare eventuali navi che volessero entrare o uscire dal porto.
Le navi da sbarco avevano distanziati da poco tempo le navi di artiglieria su cui si trovava il dux. Ormai erano state avvistate dal porto e , strizzando gli occhi , poteva notare delle piccole macchie agitarsi nel porto , alcune per fuggire dal porto , altre per salire sulle navi , probabilmente i difensori. Le navi di artiglieria si erano divise in tre gruppi. I due più piccoli sui lati avrebbero demolito le mura del porto , quelle rimaste al centro vi sarebbero entrate a seguito di quelle su cui erano imbarcati i legionari e prezzolati.

La scissione della flotta avvenne senza difficoltà. Le navi anteriori a loro bloccarono l'avanzata di alcune navi , abbordandole. Il porto era ormai in balia dei pirati. Le forze dal sbarco toccarono terra , pronte al confronto con altri guerrieri in arrivo , i veliti erano anche loro sbarcati , gli onagri e le baliste caricate sulle navi stavano sparando i primi proiettili.

《Forza! Mirate arrivò le case! Non voglio che resti in piedi una singola capanna di questa cittá! Usate ogni proiettili a vostra disposizione!》Strepitò il Magister.

I lampi di fuoco sibilarono in aria , i veliti , protetti dalla fanteria di scorta si stavano spargendo per la cittá e i primi incendi da loro appiccati cominciavano a diffondersi nel nucleo urbano. Le capanne del porto vennero demolite dai proiettili incendiari delle macchine di distruzione , le bancarelle furono sfasciate dai soldati , gli incursori illirici salirono su alcune navi attraccate e dopo averne depredato il carico e averle spinte verso altre navi le diedero fuoco.

Il tempo trascorse rapidamente. In poco più di due ore della cittá restavano soltanto cumuli di macerie. Le capanne erano tutte incendiate o crollate , le fiamme , alte , manifestazione di Efesto , si ergevano fiere verso l'alto , dove ogni cosa vuole arrivare. Le navi si radunarono nuovamente fuori dalle mura portuali.
I pochi giorni furono nuovamente a Heraklyon , a creta , l'ammiraglio in una taverna del porto , vestito da viandante , accompagnato dal suo ufficiale in seconda , Quinto , sorseggiavano una bevanda proveniente dall'Egitto , la birra. Emilio non la disprezzava , anzi , a volte la preferiva al raffinato vino che a Roma era così comune.

Il suo compagno ruppe il silenzio.
《Magister...》iniziò , fulminato subito dal suo sguardo , si corresse 《Emilio》disse per mantenere un'aria di anonimato 《Come fa a sapere che la sua è una giusta causa?》Chiese incuriosito l'amico.
L'ammiraglio sospirò , mescolando il liquido dorato con il movimento rotatorio del boccale e osservandolo compiere tutti quei piccoli mulinelli. L'ufficiale continuò ad osservarlo con aria interrogativa.
《Te ne intendi di filosofia greca Quinto?》Domandò l'ammiraglio.
《Sì , posso permettermi il lusso di dire di conoscerne qualcosa.》 Confessò annuendo il compagno.
《Bene , ma sentito il mito delle caverna di Platone? Sai , quel discepolo di quell'altro filosofo morto di una morte imposta e autoinferta , stupidamente a parer mio?》
L'interlocutore scosse bruscamente il capo.
《Bene...》disse Emilio.

《Alcuni uomini , dalla nascita , sono sempre stati imprigionati in una caverna , profonda , buia. Dietro di loro c'è una strada. Dietro questa strada vi sono dei fuochi , insomma , luce prodotta per mano dell'uomo. Questi prigionieri vivono ogni giorno della loro vita vedendo delle ombre proiettate sul muro. Un giorno uno di questi di libera , ed esce. Dopo essersi inerpicato , faticosamente e correndo parecchi rischi , riesce ad abbandonare la caverna. Appena ne varca la soglia viene accecato dal sole. Quest'uomo , dopo aver scoperto la verità , ovvero un mondo reale , non fatto di ombre , decide , altruisticamente ,di tornare indietro per liberare con gli altri prigionieri lo spettacolo della realtà. Però , molti di loro sono contrari , non gli credono , credono che menta o comunque lo prendono per matto , pensando che menta. Alcuni di loro lo isoleranno , alcuni lo ignoreranno , altri potrebbero anche ucciderlo , per paura di cambiare e scoprire una realtà diversa da quella a cui sono abituati. Quindi , oltre alla fatica della salita e al dolore della cecitá ,il prigioniero di troverebbe a perdere tutto acquistando però una cosa dal valore inestimabile. La verità. Ecco. Io so di essere quel prigioniero fuggito. So di conoscere il vero stato delle cose ed è per questo che so di dover agire per Roma , non contro di essa.》

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