Capitolo I

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Potere e gloria

Marco era nella caserma, stava riposando e sognava Roma. La nostalgia di casa era forte, tanto da rendergli le notti insonni.
Aveva nostalgia di quelle terre calde immerse nel sole, quelle terre dalle verdi vallate e in cui la sua famiglia viveva dall'alba di Roma.
Ma lui no, non era di sangue romano puro. Lui non era neanche figlio di suo padre. Leontis, suo padre, era stato un centurione nell'esercito di Cesare all'epoca delle guerre galliche. Suo padre aveva partecipato alla battaglia di Alesia e, non volendo vedere un bambino appena nato essere bruciato vivo come Cesare aveva ordinato di fare per non lasciare superstiti, preferì correre il rischio di salvare e nascondere quello che sarebbe diventato suo figlio.
Solo gli dei sanno come fece a riportarlo a casa sano e salvo.
Leontis ormai era diventato senatore, dopo una gloriosa carriera nella legione, si ritirò a governare Roma, la città eterna, il cui senato aveva ormai perso quasi ogni potere.
Dopo la morte di Cesare, a cui Leontis aveva partecipato per distruggerne lo strapotere, oramai l'Italia e la gallia erano sotto il controllo di Ottaviano, di cui Cesare stesso fu mentore.
La lotta di potere che sorse dal vuoto lasciato da Cesare si concluse con un triumvirato, di cui ottaviano ottenne la fetta migliore.

Marco avrebbe dato la vita per Roma e per Ottaviano , che suo padre aveva conosciuto e descritto più volte al figlio:
dietro un uomo spietato disposto a tutto per mantenere una sua posizione di potere si nascondeva una persona onorevole di cui fidarsi. Ottaviano era alto, slanciato e dal viso con lineamenti duri, capelli corti e occhi verdi.

Marco più o meno ci assomigliava : alto, muscoloso e abile nell'usare il gladio, aveva il viso già segnato da dei piccoli tagli e le braccia fregiate di qualche cicatrice guadagnata durante la vita.
Le mani erano grandi e ruvide, abituate a maneggiare armi e scudi che erano l'equipaggiamento standard di ogni legionario.

Venne svegliato da un gran vociare, i suoi commilitoni, alcuni ancora addormentati provarono ad ignorare gli ordini prima alzarsi in fretta e furia ascoltando gli ordini urlati dal centurione che era irrotto nella stanza accompagnato da un paio di ufficiali.

《Forza uomini! Vestitevi, indossate corazza, elmo e prendete gladio e scudo, vi voglio entro cinque minuti nella piazzetta della caserma in formazione! Abbiamo visite!》

Marco si alzò e indosso l'armatura in fretta ma con perizia, allacciando tutti i lacci e appoggiando sul capo il suo elmo la cui cresta rossa lo rendeva fiero . In mezzo agli improperi di suoi commilitoni che si riversavano nella piazzetta Marco prese posizione nella quinta fila, in mezzo alla linea di principes, coloro che valgono di più. Dietro di lui si formarono tre file di triarii, ovvero di veterani, coloro che combattevano solo se necessario, subito davanti a lui c'erano altrettante file di hastati, le reclute, gli uomini più giovani e abili che avevano terminato di recente l'addestramento. Seppure quella suddivisione fosse stata liquidata con la riforma Mariana di anni addietro, le tradizioni faticavano ad appassire, restando salde in quelle piccole adunate.

Nel giro di pochi minuti, nello spiazzo si riversarono seicento uomini, in formazione ordinata di nove file per sessanta.
Dopo qualche istante in piedi, durante i quali Marco si era svegliato completamente grazie all'aria ancora fredda della mattina, nonostante fosse Maggio, procedettero a cavallo di fronte a loro un piccolo manipolo di cavalieri.
Marco riconobbe i fantini come pretoriani dal drappo color porpora che calava come un arazzo sulle loro spalle ornate dalle armature nere con rifiniture dorate.
La guardia pretoriana, anche detti i guardiani della tenda, erano l'elitè della legione romana ed era adibita a guardia del corpo di importanti senatori, magistrati e generali, oltre ad avere il compito di pattugliare il foro di Roma.
Marco li osservò con disprezzo mentre i cavalieri li ammiravano contorcendo il viso in una smorfia di odio per quelle coorti disposte ad accoglierli.
Marco conosceva il potere che avevano e la corruzione che li attraversava. I pretoriani erano temibili, non solo per la loro presunta abilità con le armi, ma anche per le cospirazioni che loro stessi ordinano contro senatori e lo stesso imperatore.

Al centro del drappello di cavalieri vi era un uomo in armatura nera, ma con un mantello bianco come la neve. Un elmo con un pennacchio giallo pallido gli cingeva il viso. Marco lo riconobbe come il generale in capo alla I Legione Concordialis, l'armata che all'epoca delle guerre galliche era comandata da Cesare in persona.
Il generale era Massimo Gneo Calisto, di sangue romano e si narrava che con tremila soldati respinse un esercito germanico tre volte più grande. In tutto l'impero era riconosciuto come uno dei generali più geniali e leali di Ottaviano.
Aveva un viso con un mento sporgente e un naso affilato, gli occhi chiarissimi, colore del ghiaccio che parevano stalattiti, facevano rabbrividire Marco.
Dall'elmo sfuggivano dei capelli argentei, lasciati un po più lunghi di quanto si usasse in armi.
Era anche lui alto, ma al contrario di Marco era scarno e fragile.

Il generale fece un giro a trotto di fronte alla formazione, poi si fermò al centro.
La Legione lo salutò. Le urla più forti giunsero dai legionari più vecchi che avevano combattuto anche sotto il suo comando.
Il nostro legionario non ne aveva mai avuto l'occasione essendo più giovane, di appena vent'anni, ma la figura di Massimo istillava rispetto anche nelle reclute che lo conoscevano solo per fama.

Placate le urla il generale cominciò il suo discorso, in cui era molto bravo, come lo era prima della battaglia quando ispirava le truppe.

《Legionari! Sono qui oggi su incarico del nostro sovrano , il Primus, l'unico degno erede di Caio Giulio, Ottaviano!
È giunta notizia che le forze di Pompeo hanno attaccato Neapolis! La VII Legione Attilia è stata sconfitta e il generale Appio Aculeo Quinzio è morto in battaglia! 》

Fece un pausa in onore del compagno caduto.

《Le forze di Pompeo sono ora in marcia verso Brundisium! Purtroppo, non vi sono altre legioni disponibili in Magna Grecia.
Pertanto, Ottaviano in persona mi ha incaricato di crearne una e di condurla contro questi sporchi invasori!
Legionari! Siete con me ?》

I soldati, se anche non lo fossero stati non lo avrebbero dato a vedere ed urlarono approvando quanto detto da Massimo.

《Allora uomini, armiamoci, preparate quanto possa servirvi ! Oggi stesso partiremo e per Agosto saremo arrivati, allora potremo sgozzare quei luridi traditori che vestono di blu e che osano chiamarsi romani! Potere e gloria ci attendono !》

La formazione fu rotta e Marco con i suoi compagni tornò in caserma. Nella sua camerata sentì parlare i suoi compagni, alcuni eccitati all'idea di promozioni e ricompense, altri tristi della partenza per questa faccenda urgente che avrebbe previsto marce forzate.

Marco era ugualmente contento.
Mediolanum, la "cittá in mezzo alla pianura" cominciava a stufarlo e l'itinerario per la Magna Grecia comprendeva Roma stessa. Il legionario era felice. Avrebbe senz'altro avuto occasione di visitare la sua famiglia o comunque avrebbe rivisto la città in cui è cresciuto e a cui ha giurato fedeltà.

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