Un piccolo anticipo - Parte 1

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SABATO, GIORNO 8


Albeggia. Nella infinita oscurità del cielo, la vampa rossa che avanza fra i tetti ad est sembra l'avanguardia di un minaccioso incendio.

Piazza Italia, di norma gremita di gente e automobili, a quest'ora è silenziosa e vuota, foriera di tetri presagi.

Al centro dello slargo, rialzata di un paio di gradini rispetto al tratto asfaltato, troneggia una grande aiuola ovale, piantumata di recente a rododendri. Acquattati tra le foglie ci sono Ginni, Cecilia e Giulio. Hanno raggiunto il luogo concordato a piedi, un'ora prima dell'appuntamento. Ognuno di loro si è appostato dando le spalle agli altri due, puntando il proprio cellulare su un diverso versante della piazza. Così, si sono detti, qualsiasi cosa accada non potrà sfuggire alle loro telecamere.

Sarà l'umidità della notte morente, la temperatura più bassa del previsto o il buio inquietante che li avvolge mentre aspettano l'arrivo degli estorsori di Ludovico, sta di fatto che l'intero gruppo in attesa rabbrividisce.

"Vuoi la mia felpa?" bisbiglia Giulio rivolto a Ginni.

"Sto bene così, grazie" mente lei. È troppo tesa per preoccuparsi di qualsiasi cosa che non sia riuscire a filmare il momento della consegna del denaro.

"Shhht!" ordina Ceci. "Concentrazione, ragazzi, e silenzio!"

"Che hai lì? È un'arma?" domanda Giulio a Cecilia, incurante dell'ordine appena ricevuto.

La ragazza rotea gli occhi al cielo. "Questo è un microfono direzionale professionale", scandisce, scocciata dal dover precisare una tale banalità. "Se qualcuno si avvicina a Ludo e gli parla, o se quelli che recuperano i soldi si dicono qualcosa di compromettente, con questo riusciamo a sentirli anche da qui. A cosa serve filmare tutto se poi non abbiamo il sonoro? Ma poi, perché devo perdere il mio tempo a spiegarti delle cose così ovvie? Concentrati a controllare la tua porzione di piazza, operaio, e cerca di restare zitto e buono!"

I tre ragazzi tornano a mimetizzarsi coi cespugli nelle rispettive postazioni; sull'aiuola cala di nuovo il silenzio.


In quello stesso momento Ludovico, unica figura umana volutamente bene in vista nell'area pedonale, passeggia nervosamente avanti e indietro davanti all'entrata della pasticceria più famosa della città.

Il profumo di zucchero, burro e croissant appena sfornati che proviene dalla saracinesca ancora abbassata fa a pugni con la nausea che gli attanaglia lo stomaco. Ha da poco depositato nel cassonetto sul lato opposto della piazza un sacchetto di carta che contiene tutto ciò che lui e il gruppo di amici sono riusciti a mettere insieme. Si tratta di alcune migliaia di euro e, sebbene sia un importo irrisorio rispetto al totale del proprio debito, Ludo si augura con tutto se stesso che quel piccolo anticipo gli consenta di guadagnare qualche giorno di tranquillità per riflettere sul da farsi.

Una folata d'aria fredda lo investe, sollevando un turbinio di foglie gialle dal selciato.

Ludo si guarda intorno, irrequieto, spostando in modo compulsivo il peso da un piede all'altro. Ha fatto come gli hanno detto, ma dentro di lui resta comunque il timore di un agguato, che qualcuno spunti all'improvviso alle sue spalle e lo tempesti di pugni, o peggio. Si calca le mani nelle tasche dei jeans e ricomincia a passeggiare per la piazza. Avanti e indietro, indietro e avanti, nel tentativo di scaricare l'adrenalina.

Sono da poco passate le sei, quando la rumorosa processione dei camion della nettezza urbana avanza fino a invadere la piazza. Ludo si blocca, fissando i grossi mezzi che si parano tra lui e i cassonetti dell'immondizia togliendogli la visuale. I netturbini saltano giù con un balzo, agganciano i bidoni al camion, li svuotano, ripartono. Segue a ruota il mezzo per la pulizia delle strade. Con un frastuono assordante aspira, spruzza e spazzola, fa manovra, spazzola, spruzza e aspira, fa il giro della piazza e si allontana insieme al resto della carovana.

Tutta colpa dello sposoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora