Di blu, e d'argento - Parte 3

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Ginni e Giulio attraversano la terrazza fino a raggiungere il parapetto che affaccia sul giardino ornamentale.

Attorno a loro tutto è silenzio. Li sfiora solo, a tratti, lo schiocco delle fiamme nei bracieri accesi lungo il perimetro. Il gioco di ombre e luci creato dal fuoco li fa sembrare in movimento anche se, in realtà, entrambi sono rigidi come statue. Sembra che non sappiano fare altro se non fissare il giardino, immobili e in silenzio.

Oltre la cortina di luci che avvolge la villa in un bozzolo dorato, il giardino e la campagna si estendono a perdita d'occhio, rischiarati solo dai riflessi argentei della luna, nel blu magnifico della notte.

Un'infinita distesa di blu. A Ginni viene in mente un ricordo stupido. Poco più di un mese prima, in quella stessa villa, Cecilia strepitava alla ricerca di qualcosa di blu. Chi avrebbe mai immaginato quale avventura ne sarebbe seguita?

"Hai il diritto di non perdonarmi, ma sappi che sarò io il primo a non assolvere mai me stesso per tutto quello che è accaduto" dice Giulio a un tratto, come se non avesse mai interrotto il discorso che aveva in mente di farle fin da prima.

"È assurdo che sia tu a scusarti. Se ci pensi, la colpa è stata solo nostra. Mia, di Ceci, di Ludo. Siamo stati degli incoscienti, ti abbiamo trascinato in questa storia mettendoti in pericolo, senza che tu c'entrassi niente."

"Siamo stati tutti degli incoscienti. E mio zio ha ragione da vendere: nessuno di noi è stato un eroe. Siamo vivi per miracolo. Eppure non riesco a fare a meno di pensare che avrei dovuto essere con te, quella sera. Se ti fossi rimasto accanto..."

"Giulio" lo interrompe Ginni. "Se fossi stato con me, quella sera, probabilmente saremmo annegati entrambi nel fiume, storditi dal veleno propinato da quei due pazzi. Non sei responsabile di quanto è accaduto. Devi promettermi che la smetterai di sentirti in colpa per tutto questo."

Il silenzio cala di nuovo tra i due, ma Giulio non vuole che quel momento finisca. Non vuole che lei se ne vada di nuovo. Deve dire qualcosa, qualsiasi cosa, pur di impedire a Ginni di trovare una scusa per tornare dentro lasciandolo solo.

"Sapevi che Jean Philippe era coinvolto?"

Ginni distoglie lo sguardo dal giardino, si volta verso Giulio, finalmente. Sulla sua faccia è dipinto il più assoluto sconcerto.

"Sul serio? Per questo non è qui, stasera?"

Giulio annuisce, ma senza voltarsi a sua volta. Sa che lei lo sta fissando, ma è anche consapevole che non riuscirà a guardarla senza provare una fitta al cuore per il desiderio che porta dentro, per ciò a cui non ha più diritto di sperare. Così prosegue, sguardo dritto davanti a sé, tentando di mantenere un tono neutro.

"Era parte attiva nel giro di usura e ricatti di Nireo. Appena ha scoperto cosa è successo si è volatilizzato. Nessuno l'ha più visto, nessuno sa dove sia finito. Eppure... non tutto il male vien per nuocere: Fabrizio mi ha assunto al suo posto. Lavoro per lui, ora. Almeno fino a che... insomma, fino a che non riuscirò ad aprire il ristorante con Greg e Amalia. Nel frattempo, potrò fare un lavoro che amo davvero."

"Sul serio?" ripete Ginni, al colmo dello stupore. "Sono così felice per te! E... tuo padre? Lui come l'ha presa?"

Giulio si stringe nelle spalle. "Non bene, all'inizio. Ma credo che a un certo punto la consapevolezza di avere un fratello e un figlio scampati per miracolo a un pericolo mortale l'abbia parecchio ammorbidito, anche nei confronti delle mie 'assurde scelte di vita'."

Giulio si volta verso Ginni solo per il tempo di rivolgerle un occhiolino di intesa. Chissà perché, lei si sente avvampare all'improvviso. Entrambi tornano a fissare il giardino.

Tutta colpa dello sposoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora