Un piano davvero geniale

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SABATO, GIORNO 15


"Sono stata io... io... vi ho chiamati io!"

È una voce di donna, flebile, spezzata, che trasuda panico.

Un poliziotto punta la torcia nella direzione da cui ha sentito provenire l'esclamazione. Il fascio luminoso investe la figura esile e pallida che si sta facendo avanti.

Accecata dalla luce si ferma, strizza gli occhi, si fa schermo con le mani davanti al viso.

Esita un istante, poi sembra riprendersi, inizia a gesticolare come se avesse addosso una tarantola; indica prima a destra, poi a sinistra, poi l'argine del fiume.

Ricomincia ad avanzare e proclama: "Sono stata io a fare la telefonata. Fate presto! Due di loro si sono chiusi nella discoteca, ma badate, negheranno di essere stati qui! Altri quattro hanno rapito un uomo, un ex investigatore, lo stanno portando alla cava di granito, solo il cielo sa cosa abbiano intenzione di fargli! Ma soprattutto... c'è un'emergenza! Due persone sono state ferite e gettate nel fiume! Per favore, seguitemi, venite, io so dove sono!"

Quando però fa il gesto di estrarre qualcosa dalla tasca dell'elegante trench che ha indosso, l'intera squadra di poliziotti le punta contro l'arma d'ordinanza: "Ferma e mani in alto!" le viene intimato.

Quel gesto riporta alla realtà Cecilia. All'improvviso dimentica dello spavento, della situazione critica e del panico che le ha offuscato la mente, la ragazza sbotta, stizzita: "Ma dai! Sul serio: mi puntate contro le pistole? Dopo che sono stata io a chiamarvi? Dopo che vi ho detto dove trovare i cattivi, e che i buoni sono in pericolo? Per amor del cielo, volete seguirmi? Laggiù ci sono due persone che hanno bisogno di aiuto!"

Detto questo volta loro le spalle e si mette a correre in direzione del fiume.

I membri della squadra si scambiano rapide occhiate d'intesa, poi un tizio che sembra quello con il grado maggiore fa cenno al poliziotto che gli sta accanto di seguirlo. I due si avviano verso Cecilia. Senza indugio, i paramedici afferrano la borsa del primo soccorso dall'ambulanza e si accodano al gruppo.

"Quanto tempo fa è successo?" chiede il caposquadra, raggiungendo Cecilia.

"Pochi minuti fa, appena prima del vostro arrivo!" spiega lei mentre li guida, cercando di ricordare il punto esatto dove ha visto scomparire Ginni e Giulio.

"Signorina, se quello che dice è vero, la corrente avrà già trascinato via i corpi, è inutile cercare qui, dovremmo andare più a valle..." commenta uno dei soccorritori.

"Dovete. Fidarvi. Di me!" insiste Cecilia. Raggiunge il parapetto, si sporge, indica verso il basso, fa segno agli altri di avvicinarsi.

"Fate presto, sono qui!"

La squadra si affianca a Cecilia; sono puntate torce, il letto del fiume viene illuminato a giorno.

"Laggiù! Vedo qualcosa... Li ho trovati! Ma... non aveva detto che erano due?" domanda perplesso un agente.

Ceci si sporge verso l'acqua, osserva la scena al centro del cono di luce. Quando riconosce la figura che affiora dall'acqua e che, sfidando la corrente, sorregge Ginni e Giulio mostrandole il pollice in su, si scioglie in un gridolino di gioia: "Ero sicura che li avresti salvati, amorino mio!"


*****


Mentre un'auto di pattuglia viene spedita con la massima urgenza alla cava, i tre ripescati dalle acque, alle prese con le conseguenze di quella brutta avventura, vengono avvolti in altrettante coperte termiche.


Parecchio ammaccata e ancora sotto effetto della dose massiccia di farmaci assunti, Ginni è distesa semicosciente sulla barella che i paramedici hanno caricato sull'ambulanza in partenza per l'ospedale.

Tutta colpa dello sposoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora