Nella tempesta - Parte 3

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Giulio sale in silenzio le strette rampe di scale, seguito a ruota da Ginni. Gli vengono in mente tutta una serie di motivi per cui vorrebbe scusarsi: per la modestia del suo appartamento, in cui la sta per condurre; perché in quel vecchio condominio non è mai stato installato un ascensore; per non essersi fatto venire un'idea migliore. Però in quel momento qualsiasi cosa gli sembra stupida, o quanto meno superflua, così tace.

Insieme raggiungono il piano a cui si trova l'appartamento. Giulio fa scattare la serratura, pigia un interruttore ed eccoli lì: malconci e gocciolanti, finalmente visibili l'un l'altra in piena luce.

Ginni si guarda intorno, continua a tacere. È pallida da far spavento. Giulio si accorge che continua a sfregarsi le braccia in modo compulsivo. Che sia lo shock, o il freddo, sente di doversi prendere cura di lei.

"Ti mostro dov'è il bagno, vieni" le dice. Le apre la porta su una piccola toilette.

"Dovresti farti subito una doccia calda. Nell'armadietto trovi garze e disinfettante, ne hai sicuramente bisogno. Gli asciugamani puliti invece sono qui," continua, "se mi dai un minuto ti porto anche dei vestiti di ricambio. Non sarà il massimo metterti nei miei panni, ma almeno avrai addosso qualcosa di asciutto."

Ginni non reagisce con una delle sue solite rispostacce, ma se non altro finalmente parla, gli dice: "Grazie."

Per Giulio è già un grande passo in avanti, e poi gli sembra che, a poco a poco, un filo di colore le stia tornando su guance e labbra, il che è un enorme sollievo.

Il padrone di casa si precipita in camera da letto a frugare nell'armadio, cercando qualcosa di adatto a Ginni. Ne riemerge con una maglietta e un paio di pantaloni sportivi, fa di nuovo capolino in bagno, li deposita. "Ti lascio. Fai con calma. Prenditi tutto il tempo che ti serve. Se dovessi avere bisogno di qualsiasi cosa, mi trovi di là."

Ginni annuisce, dice di nuovo: "Grazie" e nient'altro.

Aspetta che Giulio esca e si richiuda la porta alle spalle, poi lentamente si spoglia, levandosi di dosso un panno sporco e fradicio dopo l'altro, e si infila sotto la doccia.

Ci resta il tempo sufficiente per sentire il sangue tornare a fluirle nelle vene e i pensieri ricomporsi nella testa.

Ci resta finché il terrore di diventare un cadavere abbandonato nel sottobosco non le scivola via di dosso.

Ci resta abbastanza da realizzare che il profumo di buono che Giulio si porta sempre dietro viene dal suo bagnoschiuma, e che anche lei, ora, è avvolta da quella stessa essenza.


Ed ecco che la lucidità le torna, all'improvviso. Nonostante il confortante getto caldo della doccia, la consapevolezza la investe come una secchiata di acqua fredda, più gelida ancora della pioggia di poco prima: Giulio!

Giulio ha corso il suo stesso rischio. Per inseguire un'idea stupida e irrealizzabile, anche lui ha rischiato la vita.

È impossibile fermare la catena di pensieri che le attraversa la mente; in un solo istante Ginni non solo torna in sé, ma ha ben chiaro anche cosa deve fare.

A cominciare dal fatto che deve subito smetterla di crogiolarsi nel tepore della doccia, beandosi di quel profumo rassicurante, e lasciare il posto a Giulio, che per la sua ospitalità e cavalleria è rimasto nella stanza accanto, infreddolito e infangato.

Ginni chiude il rubinetto, si strofina nell'asciugamano; recupera un paio di garze per tamponare le escoriazioni, sibilando per il dolore; si infila rapidamente i vestiti che le ha procurato il ragazzo. Afferra un asciugamano più piccolo, se lo avvolge a mo' di turbante sui capelli ancora bagnati e senza pensarci un secondo di più si precipita fuori dalla porta.


L'appartamento di Giulio è minuscolo. L'ingresso, la camera da letto e il bagno si affacciano tutti su una caotica stanza centrale che funge allo stesso tempo da soggiorno, salotto, cucina.

Più che cucina, in realtà, si tratta di un angolo cottura, dove ora Giulio, dandole le spalle, sta travasando con cura il contenuto di una bottiglia di vino rosso in un decanter.

Giulio. Che saggiamente si è sfilato la maglia e i jeans zuppi di pioggia e fango, e ora indossa solo i pantaloni di una vecchia tuta.

Giulio. Che improvvisamente non è più solo Giulio.

Quello che Ginni ora vede è la bellezza taciuta del ragazzo che ha davanti a sé.

Il corpo tonico, i capelli umidi da cui minuscole perle d'acqua gocciolano sul collo e scivolano giù per la schiena liscia, tracciando scie sulla pelle dorata dalle giornate d'estate appena trascorse.

Giulio, come se mai l'avesse visto prima.

Giulio che si muove a suo agio in casa propria, che emana sicurezza provocandole un senso di protezione e allo stesso tempo di vertigine e un calore nella pancia che...

Ginni non capisce, non ne coglie il senso, si fa prendere dalla confusione.

Non sa perché succede, ma arriva all'improvviso, è un pensiero che sfugge al suo controllo, le balena in mente come il lampo che fende il buio al di là dei vetri. È Giulio a torso nudo; è guardarlo, e allo stesso tempo realizzare che quella maglietta bagnata avrebbe voluto sfilargliela lei.


"Va... tutto bene? Ti serve qualcosa?"

"Come?" risponde Ginni, catapultata fuori da quell'impulso inappropriato.

"Cercavi il phon? Ti mostro dov'è..."

"No!" lo interrompe Ginni. "Io... io volevo solo dirti che ho finito e che... dovresti sbrigarti anche tu a farti una doccia calda, o ti prenderai una polmonite."

Ginni abbassa lo sguardo. La situazione si presta a innumerevoli battute ma Giulio, invece di rendersi ridicolo come sempre, questa volta tace.

È terribile, così, perché Ginni non ha modo di rispondergli male, di mantenere le distanze. E questo la turba, la rende ancora più confusa e contrariata con se stessa.

"Certo, certo. Ora vado", risponde Giulio. Termina di asciugarsi le mani in un canovaccio, si avvia, e passandole a fianco diretto verso il bagno, prosegue: "Il phon te lo porto io. Potrei fare anche al volo una lavatrice, per i tuoi vestiti, ma non credo che sarebbero pronti a breve: purtroppo non ho l'asciugatrice e..."

Ginni, si para davanti a lui, lo blocca, cambia discorso.

"Non è stata colpa tua" gli dice, con tono fermo. "L'idea di seguirlo l'ho avuta io, ti ho trascinato io in questa situazione. Se non si fosse messo a piovere, se quell'uomo non avesse desistito dal cercarci, se ci avesse visti..." rabbrividisce. "Ti ho messo in pericolo. Mi dispiace."

Giulio sorride, anche se mesto. Può fare il duro finché vuole, ma anche lui si è preso uno spavento coi fiocchi. Vorrebbe prendere le mani di Ginni fra le proprie, o accarezzarle il viso, o abbracciarla; insomma, tenerla vicina a sé, darle un segno tangibile di presenza e conforto. Lo desidererebbe tantissimo. Ma esita, ci riflette su, e alla fine si trattiene.

Ripensa all'intimità fisica che si sono concessi nel bosco, quando si sono affidati l'una all'altro in quel momento di paura, guidati dall'istinto di sopravvivenza. Sembrava così naturale, così ovvio. Adesso invece è come se entrambi fossero tornati indietro di due settimane, a quando erano due estranei. L'incantesimo di poco prima è del tutto svanito.

Giulio si scosta. Fa un passo avanti, poi si volta, prova a sorriderle ancora: "Non preoccuparti. Va tutto bene. L'importante è che ora ne siamo fuori."

'Già', pensa Ginni, 'l'importante è che ora tu ne sia fuori'.

Tutta colpa dello sposoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora