Oltre lo schermo

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DIECI GIORNI DOPO


La popolarità, quella seria, è piombata addosso a Cecilia e a tutti quelli che le orbitano intorno travolgendola con la potenza di uno tsunami.

La quieta viuzza di periferia al di là del cortile di casa si è trasformata all'improvviso in un accampamento. La villetta è assediata da giornalisti, reporter e fotografi che non perdono d'occhio un istante la porta di ingresso e seguono ogni movimento di chi vi entra o ne esce.

L'ispettore Warder ha messo in guardia Cecilia dal rilasciare interviste con leggerezza, ma non c'è pericolo che questo accada. La ragazza si è fatta sfuggente come non mai, evita i microfoni, teme di veder comparire il proprio volto in TV. Si è immersa in un inspiegabile silenzio che si estende anche ai suoi profili social, nonostante gli account siano stati presi d'assalto da orde di vecchi e nuovi follower.

Cosa avrebbe dato Cecilia, solo un mese prima, per godersi questa fama? Per vedere il proprio primo piano proiettato su un enorme schermo al plasma? E invece, ora, cosa c'è che non va?


"PTSD" ha sintetizzato suo padre, una sera, mentre erano a tavola per cena. 

In risposta ha ricevuto solo un laconico sguardo di Cecilia e un allarmato: "Sarebbe a dire?!" da Maria Andreina, preoccupata per l'improvvisa perdita di smalto della sua amata primogenita.

"Stress post traumatico", ha chiarito lui. "In forma lieve... ma tant'è. Dobbiamo portare pazienza, lasciarle tempo e quiete."


Cecilia non si era mai sentita così confusa. Quelle che prima erano certezze sono diventate dubbi, pesi esistenziali che la aggrediscono e le spezzano il sonno. Si è presa una pausa dall'agenzia e la usa spendendo intere ore a riflettere, lo sguardo fisso nel vuoto.

Trascorrono giorni dal sapore strano, imbevuti del silenzio irreale all'interno delle pareti della propria stanza e dell'odore di disinfettante che le resta addosso ogni volta che trascorre del tempo in ospedale con Ginni. È lo stesso sentore che da una vita si porta a casa suo padre tornando dal lavoro; eppure è diverso, quando lì dentro ci vai perché hai qualcuno di caro che soffre.

Suona assurdo. Più le sembra di capire, di raggiungere una nuova prospettiva, più la sua sicurezza si disfa come un castello di carte.


Cecilia è distratta, assente. Anche adesso, che è un luminoso pomeriggio di inizio ottobre, se ne sta assorta nei propri pensieri, in piedi di fronte alla finestra che affaccia sul vialetto di casa, incurante del gatto che le si struscia fra le caviglie.

Mentre osserva i giornalisti che bivaccano sul marciapiede come se il terreno fosse diventato di loro proprietà, la ragazza scorge Ludovico che si avvicina a piedi dal fondo della via. Considerando la ressa di auto e camioncini della TV accalcati lì davanti, chissà quanto lontano avrà dovuto parcheggiare.

A differenza della fidanzata, tuttavia, Ludo non sembra essere stato scalfito dai recenti avvenimenti. Si fa largo tra l'assiepamento delle troupe con nonchalance, e una volta superato il cancello si ferma e si volta teatrale, salutando la folla e godendosi le acclamazioni da eroe. Sfoggia i suoi bianchissimi sorrisi, lancia baci, si lascia immortalare come un divo e poi sguscia soddisfatto oltre la porta di casa.

"Eccoti qui, cucciolotta mia!" proclama con slancio, raggiungendo Cecilia alla finestra.

Di rimando, però, riceve solo un flebile saluto.

Ludo si è accorto che la sua amata è cambiata ultimamente, ma non riesce proprio a capire per quale motivo sia di umore così fosco: tutto è finito per il meglio, Nireo e i suoi uomini sono stati arrestati in flagranza di reato, non c'è più niente da temere. Però lo capisce, lo vede, che Cecilia non sta bene.

Le sorride, avanza cauto; si ferma dietro di lei, la circonda con le sue braccia toniche, si sporge in avanti e le posa un bacio delicato sul collo, la stringe a sé.

Ceci, a sua volta, lascia che le proprie mani si arrampichino su quelle braccia forti che la sostengono, le accarezza, vi si lascia avvolgere. Poi sospira.

"Va tutto bene", la rassicura Ludovico. "Va tutto bene, amorino. È finita. E non è morto nessuno. Per come erano cominciate le cose, se ci pensi, non era un finale così scontato."

Cecilia rabbrividisce al solo pensiero. "Già", constata.

Tace qualche secondo, poi riprende, dirottando il discorso su ciò che in quel momento stava macinando la sua testa: "Guarda come ci sta accerchiando questa gente. Non so se mi piace, tutto questo", commenta.

"Perché no? Sono qui perché siamo degli eroi. È fico essere degli eroi!" sottolinea Ludo.

"L'altro giorno", insiste Cecilia, cupa, "uno pseudo-giornalista è riuscito a infiltrarsi in ospedale. È arrivato fino alla stanza di Ginni; è entrato all'improvviso, ha provato a fotografarla mentre dormiva. Per fortuna io ero lì e sono riuscita a fermarlo. Ma non mi piace. Ecco, ne sono certa: non mi piace tutto questo."

Ludo resta in silenzio per un po', poi fa un altro tentativo.

"Ginni verrà dimessa domani. Si è quasi rimessa del tutto, ormai. L'hai vista anche tu. L'operazione alla caviglia è andata bene. Ci vorrà un po' di tempo, ma tornerà più in forma di prima. Il resto sono solo lividi che presto spariranno. Sta bene. È tutto a posto."

Ceci annuisce, ma non risponde.

Cinque minuti.

Non riesce a smettere di pensarci. Se lei e Ludovico fossero arrivati soltanto cinque minuti più tardi al River, quel sabato, quasi sicuramente non avrebbe più rivisto sua sorella.

Perché non se ne è resa conto prima? Con quale diritto ha messo a repentaglio la vita di altre persone, per non affrontare di petto le proprie responsabilità?

Che sia questo quello che chiamano senso di colpa? Perché lei non l'aveva mai, mai provato, prima. Ed è una sensazione terribile.

"E poi" riprende Ludo, con il suo irriducibile ottimismo, riscuotendola dai suoi pensieri, "ora che Ginni torna a casa, possiamo sposarci, no? Pensaci: sarà il matrimonio più chiacchierato dell'anno! Le reti TV e i giornali faranno a gara per accaparrarsi le nostre foto, per farsi raccontare la nostra storia, per conoscere te, amorina mia! Sarai famosa come hai sempre sognato!"

"Non lo so se lo voglio ancora, adesso" mormora Ceci, con un tono talmente spento che, infine, riesce ad allarmare il fidanzato.

Ludo le cinge le spalle, la invita a voltarsi verso di sé.

"Non mi vuoi più, Ceci? Non mi ami più? Non mi sposi più? Ti ho deluso troppo?" mormora il ragazzo, sentendo la terra tremargli sotto i piedi.

"Ma che dici, sciocchino!" ribatte subito lei, stampandogli un bacio sulle labbra. "Ma certo che ti voglio! Certo, che ti amo! Certo, che ti sposo! Solo... non così. Non come avevo in mente prima, intendo."

"E... come, allora?" domanda lui, un po' spaesato.

Cecilia si volta ancora verso la finestra, lo sguardo fisso lontano, oltre i vetri, oltre l'agglomerato di giornalisti, oltre gli schermi che trasmettono giorno e notte le immagini della casa della sua famiglia.

"Voglio che accanto a noi ci siano le persone che amiamo di più, mentre ci promettiamo amore eterno. Voglio condividere con loro la nostra emozione. Voglio che sia un momento felice, un momento di gioia perché siamo tutti vivi, salvi, al sicuro. Ma non voglio che il mondo ci guardi. È una cosa solo nostra, questa. Gli altri non capirebbero."

Cecilia torna a guardare Ludo, gli occhi di lui brillano di commozione. La bacia con tenerezza, torna a stringerla a sé.

"Tutto quello che vuoi tu, amorina mia. Anzi, scommetto che hai già un'idea in mente..." le sussurra, ammiccante.

"Scommetti bene, questa volta, amorino. E sono anche certa che questa idea ti piacerà..."

Tutta colpa dello sposoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora