Tacco dodici - Parte 2

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È un attimo di brivido e paura; Giulio avverte un rivolo di sudore freddo scivolargli giù per la schiena mentre metabolizza lo sguardo bellicoso del suo nemico in avvicinamento.

La tensione però si smorza all'istante, sostituita dallo sgomento, quando i due scorgono una figura traballante che si muove lungo il vicolo, nella loro direzione.

Quando Giulio la riconosce la faccia gli si arriccia tutta nel tentativo di contenere l'ilarità. Deve riuscirci per forza, questa volta, perché se non riesce a imporsi sulle proprie emozioni, sarà la sua integrità fisica a rimetterci. Per riderci su ci sarà tempo poi.

La reazione del buttafuori è ben più stupefacente. Da scimmione minaccioso, nel giro di un paio di secondi di trasforma in pesce lesso, sguardo fisso, bocca aperta e pugni bloccati a mezz'aria davanti alla ragazza discinta che si fa sempre più vicina.

Ginni barcolla; si trascina in diagonale, prima in un senso, poi nell'altro, lungo il vicolo.

I piedi scalzi, i capelli scarmigliati, le spalline del top scivolate lungo le braccia; in una mano regge le scarpe tacco dodici di Ceci, nell'altra un paio di bottiglie vuote.

"Scilvano? Scei tu, Scilvano? Dove cavolo... eri finito? Perché non... scei venuto a prendermi? Scei solo uno sctronz... hic!"

Una recita terribile, a dir la verità, ma quando a Giulio cade l'occhio sul buttafuori e si rende conto che su di lui quel teatrino sta facendo l'effetto sperato, la speranza di uscire da quella brutta situazione gli si riaccende dentro.

Ginni continua a simulare attacchi di singhiozzo ed equilibrio precario, approfittando dell'insieme di cose per muoversi lungo la via sinuosa come un felino.

"Bel bocconcino eh?" suggerisce Giulio al buttafuori, lieto di sviare l'attenzione di quest'ultimo dal suo precedente proposito di farlo a fettine.

Lo scimmione si riscuote, si umetta le labbra come in preda a un'improvvisa e ingestibile associazione di idee, ma prima che possa muovere un passo verso Ginni, Giulio è già saltato giù dalla scala telescopica, le è già vicino, si para fra i due.

"Scilvano? Non scei Scilvano? Beh sai cosa ti dic... hic! Portami via anche se non scei Scilvano, che sce gli faccio le corna sce le merita proprio!"

Il buttafuori fa un passo avanti, deciso a dire la sua, ma Giulio lo anticipa: "Bell'occasione, vero? Ora ci sarebbe da decidere chi dei due ne approfitta, ma: oh, no!" esclama, alludendo al portone rimasto chiuso in fondo al vicolo, "chissà cosa direbbe il tuo capo, se sapesse che stai pensando di abbandonare la tua postazione per correre dietro a una femmina... Suppongo che domani non ti troverei più qui al tuo posto a raccontarmi com'è finita!"

Il tizio scimmiesco aggrotta le sopracciglia, si volta un istante verso l'ingresso della bisca, sembra meditare sul da farsi, esita; poi di colpo si fa curvo di rassegnazione, consapevole dell'impossibilità di sfuggire al proprio destino.

"E va bene, prenditela tu!" grugnisce in direzione di Giulio, senza minimamente far caso a come il volto di Ginni si sia tutto contratto di rabbia per quelle parole che la fanno brutalmente passare per un oggetto.

Giulio non si fa certo ripetere due volte l'invito: solleva tra le braccia la barcollante Ginni, fa l'occhiolino al buttafuori e si avvia verso l'uscita del vicolo trasportando la ragazza come se fosse la sua neo sposa.


I due procedono così per un po', senza dir nulla, sollevati di essersi lasciati alle spalle quel pericolo potenzialmente letale e allo stesso tempo all'erta per la paura che qualcun altro li veda, che colga l'inganno. Fanno ben attenzione a non transitare davanti alle vetrine del bar di Nuccio, svoltano un angolo, ne svoltano un altro, la stramba fuga perde velocità solo una volta raggiunto l'ennesimo stretto vicolo laterale.

Tutta colpa dello sposoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora