26: Decisioni.

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EMANUELA'S POV

Mi svegliai e un pensiero fisso mi bloccava nel letto, Giulio stava per andarsene e io non sapevo che fare. Dopo una buona mezz'ora mi alzai dal letto incurante di tutto, del fatto che ero ancora nuda, che Giulio era ancora a letto e non gli avevo dato il buongiorno, finché non saltai quando viddi Valerio, Giorgio e Luca nel soggiorno della stanza e cercai di coprirmi con le mani.
Vale: eheheh sorellina cara, allora avevi ragione l'altro giorno che volevi scoparti Giulio.
Giorgio chiuse gli occhi per rispetto e Luca rimase a bocca aperta, corsi in bagno e misi una maglia di Giulio, stavano succedendo tutte cose storte. Aprii la porta e rivolsi uno sguardo storto a Valerio che mi sorrise.
Io: non rompere il cazzo, non è giornata.
Uscii fuori al balcone e mi fumai una sigaretta, quando delle braccia mi bloccarono le spalle in un abbraccio, l'odore era quello di Luca e una morsa allo stomaco mi fece chiudere gli occhi.
Luca: eri stupenda prima, beato Giulio.
Io: Luca non credo sia il caso.
Ma nonostante la mia voce da omicida lui mi fece buttare la sigaretta e mi sbatté al muro bloccandomi i polsi contro la parete e prese a baciarmi ardentemente e si unì a me facendomi sentire che era abbastanza eccitato che non mi avrebbe lasciata facilmente, così ricambiai fino a mordergli il labbro così forte che si staccò, gli diedi uno schiaffo ed entrai. Ero furiosa, con tutti, non potevano succedere tutte a me. Giulio si svegliò e lo vidi uscire dalla stanza in boxer e incurante degli altri venne a darmi un bacio dolce che mi calmo per gran parte. Luca entrò con una guancia rossa dal mio ceffone e mi fece la faccia da persona che voleva essere scusata e non so con che voglia o con che forza gli risposi con un sorriso.
Vale: manu scusa per prima dai ero ironico, comunque credo proprio che noi andiamo da Yoshi e vi lasciamo soli.
Accennai un saluto con la mano e se ne andarono, mentre Giulio incurante come sempre stava preparando un caffé.
Io: non te ne puoi andare.
Giulio: devo, è il mio lavoro, è la mia città.
Io: e questa è la mia.
Giulio: lo so, ma non voglio lasciarti, tu SEI MIA.
Mi alzai e iniziai a girare per la camera mentre Giulio era intento a girare lo zucchero nei due caffé, misi le mani tra i capelli e la rabbia mi faceva contorcere lo stomaco, mentre le lacrime erano bloccate agli occhi.
Io: mi chiedo perché.
Mi ero rotta di soffrire sempre io, pensai che sarebbe stato meglio se seguivo Marco, sarebbe stato tutto più semplice, mi appoggiai al muro e scivolai a terra, mentre Giulio mi portò il bicchierino di caffé e lo bevvi tutto d'un sorso.
Giulio: non è sempre tutto così semplice.
Io: a me non è mai stato semplice un bel cazzo di nulla.
Giulio si accese la sigaretta, era così calmo, forse voleva solo chiavarmi e ora non gliene fregava se me ne andavo, se non rimanevo con lui, infatti la sua calma non fece calmare me.
Io: ah anzi sai che ti dico, vai a Roma, io rimango qui, magari così è tutto più semplice per entrambi, anzi a te non cambia in entrambi i casi, dovevo dare ragione ad Alessandro.
Giulio mi guardò malissimo e diede un pugno al tavolo.
Giulio: ma che cazzo stai dicendo?
La sua voce si alzava gradualmente, ma non mi faceva paura, volevo sfidarlo forse così mi calmavo.
Io: vorresti dire che conto qualcosa? Giulio mi conosci da una settimana e mezzo porcoddio, abbiamo già fatto sesso, non dovevo, una settimana e mezzo e non sono più vergine.
Giulio: nessuno ti ha obbligata, sei tu che hai fatto la troia che ti sei incollata a me ieri sera.
A quelle parole sgranai gli occhi e un pugnale si conficcò nel petto, sembravo morta a terra appoggiata al muro.
Io: cosa?
La mia voce iniziò a tremare e le lacrime iniziarono a scendere.
Giulio: non puoi piangere sempre, la vita è stronza.
Io: io sono stata troia ieri.
Giulio si avvicinò, mi fece alzare e mi bloccò con le spalle al muro.
Giulio: si, sei stata una grandissima troia, ma una troia che amo porcoddio, una troia che non sa quanto conti la sua presenza nella mia vita.
Prese a baciarmi forte tanto da spingere la mia testa contro il muro e io ricambiai, erano baci di rabbia, dell'uno con l'altro, stavamo spiegando ad entrambi cosa andava e cosa no.
Giulio: SEI LA MIA TROIA PORCODDIO.
Mi portò sul letto e continuò a baciarmi e iniziò a stringermi il braccio, era stufo e anche troppo innamorato per lasciarmi.
Io: sei un grandissimo stronzo.
Iniziai a mordergli il labbro tanto che chiuse gli occhi dal dolore, ci stavamo prendendo a parole, ma l'amore continuava a crescere e io non mi sarei mai staccata da lui. Mi portò a cavalcioni su di lui e iniziò a stringere le mani contro il mio sedere.
Giulio: ti amo troia.
Io: anche io stronzo.
A quelle parole i baci iniziarono a farsi più dolci e lui portò le sue mani ai miei fianchi e mi guardava fisso negli occhi mentre mi baciava.
Giulio: per favore non andartene mai.
Io: mai.
Lo abbracciai forte fino a farmi male, fino a farmi mancare l'aria e rimanemmo così ad accarezzarci i capelli per una buona ora.

-continua-

Beautiful disaster || LOWLOWDove le storie prendono vita. Scoprilo ora