48: Tradimento.

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VALERIO'S POV

Mi ero stufato di tutta questa situazione, avevo bisogno di incontrare Alina, così le lasciai un messaggio.
Oggi alle 20 sono da te non voglio scuse.
La risposta fu un freddo
Ok.
Ma ero abituato alla sua freddezza e forse proprio quella mi faceva impazzire. Mi vestii con un paio di Jordan, jeans e camicia bianca; mi guardai allo specchio e aggiustai il colletto della camicia quando mi apparve una sagoma in intimo dietro di me, mi girai era Ema che si stiracchiava e mi guardava con sguardo assonnato, ma malizioso.
Ema: dove vai?
Io: da Alina.
D'un tratto spalancò gli occhi.
Ema: TU ORA LO DICI?!
Io: abbassa la voce idiota.
Così lei fece due passi indietro guardandosi intorno e mettendosi le mani sulle labbra.
Cazzo. Però era così sexy in intimo, iniziai a mangiarla con gli occhi fino a rendermene conto che mi ero avvicinata a lei cosí tanto da far toccare il mio petto con il suo. Al che lei arrossii e mi guardò con sguardo da cerbiatto. Le accarezzai la guancia e cercai un modo per uscirmene da quella situazione, ero troppo abituato a scoparmi le ragazze senza pensarci due volte, ma con lei non potevo. La presi in spalla.
Ema: dove cazzo mi porti? Sono in intimo.
Mi disse nell'orecchio per non infastidire nessuno, il suo alito sfiorò il mio collo e rabbrividii. La posai fuori la porta della sua camera e mi girai subito.
Io: vatti a vestire, non dire niente a nessuno, lasciali dormire, noi andiamo, massimo entro domani mattina siamo qui.
Immaginai che accettò la proposta quando sentii chiudersi la porta, intanto corsi in bagno a sciacquarmi il viso, Ema non poteva eccitarmi, non doveva eccitarmi.
Andai a stendermi sul letto e persi del tempo guardando le notifiche di bambine arrapate che commentavano sotto le mie foto, al che iniziai a ridere dopo alcuni commenti che andavano nel particolare.
D'un tratto sentii le labbra di Ema sulla guancia e mi girai di scatto posando involontariamente le mie labbra sulle sue. Lei si allontanò di scatto, ma io non resistetti al mio istinto: la presi per i fianchi e la misi a cavalcioni su di me, lei mi guardava come impaurita, ma eccitata allo stesso tempo, sapevo leggere troppo bene negli occhi delle ragazze, soprattutto in queste situazioni, così mi avvicinai di scatto a lei e iniziai a baciarla e dopo poco iniziò anche lei quasi divorandomi, era eccitata, anche io lo ero e quando sentii la mia lingua contro la sua lei mi precedette staccandosi e mettendosi ai piedi del letto.
Ema: andiamo.
Disse con una voce bassa e colpevole, mi alzai dopo di lei e corsi ad abbracciarla.
Io: scusa.
Ema: non è solo colpa tua.
Disse guardando a terra, a quel punto le alzai la testa e le sorrisi, lei mi diede una bacio veloce sulle labbra e guardò di nuovo a terra.
Ema: vedi non è solo colpa tua.
Le sorrisi di nuovo e la portai fino alla macchina in garage.
Io: quale preferisci? Ferrari nera o Lamborghini bianca?
Ema rimase di stucco e indicò la Ferrari nera, così cacciai le chiavi dalla tasca e aprii la macchina. Le aprii lo sportello e lei entrò come quando una bambina entra in un negozio di bambole.
Ema: è stupendaaa.
Mi sedetti al posto del guidatore e una volta messo il piede sull'acceleratore Ema si attaccò al finestrino a vedere Napoli che si allontanava ad una velocità che lei ancora non aveva provato.
Io: vedo che non hai paura.
Ema mi rivolse uno sguardo dolce e mi sorrise.
Ema: mi fido di te e poi all'alta velocità ci sono abituata con mio padre.
Calò un silenzio improvviso e la mia vista si appannò con i pensieri di 15 minuti prima, diedi uno sguardo veloce a Ema, mi ripassò la sensazione di quando prima eravamo su quel letto, immaginai Ema capì a cosa stessi pensando quando abbassò lo sguardo.
Io: ei cos'hai?
Ema: nulla.
A quella risposta calò di nuovo il silenzio fino a destinazione. Erano le 13, eravamo molto in anticipo.
Ema: al momento non voglio vedere Alina, non ce la farei a guardarla in faccia.
Io: Ema scusa, non so cosa mi sia preso.
Ema: dimmi almeno che le vuoi davvero bene e non te la vuoi solo scopare.
Io: non sarei venuto qui, me ne sarei scopata una a cazzo a Napoli stesso.
Scendemmo dalla macchina e Ema si aggrappò al mio collo per poi stringermi forte e io ricambiai, mi aspettavo delle lacrime, ma non riusciva a cacciare neanche quelle, si notava dai suoi occhi quanto ormai non riusciva più a cacciare nessun emozione.
Io: andiamo a mangiare?
Ema: si dai.
Entrammo in un ristorante e un cameriere si avvicinò a noi.
X: cosa desiderate?
Ema: un antipasto a me basta e una bottiglia di acqua naturale, tu Vale?
La stavo guardando mentre notavo che non aveva neanche fame dopo quello che era successo, quando mi nominò scossi la testa e mi girai verso il cameriere che stava scrutando la scollatura della camicetta di Ema con sguardo perverso.
Io: a me un piatto di spaghetti con le vongole.
Dissi sbattendo il pugno sul tavolo con aria minacciosa, il camerire saltò, si prese l'ordine e scappó via.
Ema: perché sei incazzato?
Io: ti stava guardando la scollatura e mia sorella non devono toccarla.
Dissi rivolgendole uno sguardo di comprensione, lei sorrise e dopo un po' arrivarono i pasti che mangiammo in una decina di minuti.
Ema: cazzo i soldi!
Io: lo stesso non ti avrei fatto pagare.
Ema alzò gli occhi e si alzò, posai i soldi sul tavolo e ce ne andammo.
Ema: ora cosa facciamo?!
X: tesorooo.
Ema si girò di scattò spaventata e poi un sorriso riempì il suo viso. Mi girai e vidi una ragazza con i capelli mossi e castani, magra poco più alta di Ema che corse verso di lei ad abbracciarla, mi sforzai a ricordare chi fosse e quando mi rivolse lo sguardo la riconobbi grazie ai suoi occhi verdi/grigi.
Io: ei elena.
Ele: ciao Valerio, dov'è Giulio?
Disse rivolgendo lo sguardo a Ema.
Ema: a Napoli, siamo "scappati" per far incontrare Valerio e Alina e non ho perso occasione per venirvi a trovare.
Disse abbracciando forte Elena.
Ele: quindi tra te e Alina sta andando avanti?!
Io: come poteva resistermi?
Dissi con aria maliziosa e allontanandomi per farmi vedere meglio.
Elena alzò il labbro come schifata e iniziò a ridere.
Ele: volete venire a mangiare da me?
Io: in realtà ora siamo usciti da un ristorante, magari quando hai finito di mangiare ci chiami e ci incontriamo. Elena annuì e si incamminò verso casa sua.
Ema saltò sulle mie spalle e mi diede un bacio sulla guancia.
Ema: cosa facciamo? Chiamiamo ali o la andiamo a prendere di sorpresa?
Io: opto la seconda!
--
Eravamo giù casa di Alina quando Ema scese dalla macchina e andò a bussare. Una voce metallica uscì dal campanello, immaginai fosse Alina.
Ali: chi è?
Ema: idiota scendi in questo momento.
Alina posò la cornetta e dopo 15 minuti scese e si aggrappò a Ema per qualche minuto.
Ali: da quanto tempo, eri morta?
Ema: da Giu ho anche studiato e appena finivo di studiare c'era qualche inconveniente. Ma piuttosto vedi chi ti ho portato?
Alina si girò verso di me e arrossì, le rivolsi un sorriso e corse a salutarmi, quella ragazza era stupenda, ogni volta che la vedevo sentivo un qualcosa allo stomaco che mai prima di conoscerla sentivo. Le diedi un bacio sulle labbra e lei mi abbracciò forte, quando viddi Ema abbassare lo sguardo ed entrare in macchina. La presi per un braccio e le rivolsi uno sguardo dispiaciuto.
Ali: che succede?
Ema: nulla mi fa male la testa.
Ali: vuoi che ti scendo una tachipirina.
Ema: nono passa, non preoccuparti.
Il telefono di Ema squillò e lessi "Giulio ❤️" rispose e iniziò a parlare con lui dicendogli che gli mancava anche se non si vedevano da qualche ora, io sapevo bene perché ora voleva averlo qui.
Io: Bellissima vuoi entrare? Andiamo a farci un giro.
Anche Alina rimase scioccata appena vide la macchina però senza aggiungere altro entrò e dopo poco arrivammo di nuovo a Ottaviano.
Ema: io vado da Elena, Vale ci sentiamo sta sera, io vorrei tornare entro sta sera, se tu vuoi restare dimmelo che chiamo mamma.
La guardai con aria da cucciolo e lei mi sorrise.
Ema: va bene chiamo mamma, immagino che andrò a dormire solo io a casa mia.
Alina mi guardò quasi spaventata.
Vale: ei se non vuoi dormire con me vado da lei.
Ali: è che è troppo presto, so che non vuoi fare nulla di male, però meglio che vai a dormire da Ema.
Ema spalancò gli occhi immaginando che non saremo riusciti a dormire insieme, poi abbassò lo sguardo e si diresse verso Elena.
Ema: fatemi sapere.
Fece un occhiolino a Alina e se ne andò.
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Portai Alina in un posto un po' più isolato e la scrutai dalla testa ai piedi.
Io: sei bellissima.
Appoggiai le mani sui suoi fianchi e la spinsi a me.
Ali: anche tu lo sei.
Posò la sua testa sul mio petto e iniziai ad accarezzarle i capelli affondando il naso in questi che profumavano di vaniglia.
Ali: con te mi trovo un sacco, non ho mai provato con nessuno ciò che al momento provo con te, anche se per messaggio.
Iniziai a baciarle gli zigomi, feci con i baci un cerchio attorno alle sue labbra.
Ali: mi fai impazzire così.
Io: è questo il mio scopo, piccola.
La baciai e con la lingua accarezzai delicatamente le sue labbra fino a ritrovare la sua lingua. Quel gesto la fece impazzire, così si aggrappò al mio collo e continuammo così per un bel po'. Stavo così bene con lei. Iniziammo un po' a parlare del più e del meno come facevamo sempre, con la sua testa sulle mie gambe e io che giocavo con i suoi capelli.
Guardai l'orologio 23.46.
Io: piccola, dobbiamo andare.
Alina mi guardò afflitta, ma si alzò ed entrambi ci accendemmo una sigaretta durante il tragitto. Presi il telefono e composi il numero di Ema.
Io: Ema?
Ema: V...vale..
Io: ei che c'è?!
Ema: n..nulla..ne parliamo quando vieni.
Io: sto giù da Elena, accompagniamo Alina e andiamo da te.
Ema: va bene ora scendo.
Dopo un paio di minuti Ema scese con il trucco colato e gli occhi lucidi.
Alina: manu?
Ema: nulla, voglio Giulio.
Disse dividendoci per farsi spazio per arrivare alla macchina.
Salimmo tutti e ci fu un silenzio tombale fino a casa di Alina.
Ali: a presto.
Ema scese e corse ad abbracciarla, Alina ricambiò e si salutarono. Ema salì avanti, prese una salvietta imbevuta per togliersi il trucco colato e si accese una sigaretta.
Io: mi spieghi ora?
Ema: abbiamo studiato e ora eccomi.
Io: stavi piangendo.
Ema: vale mi sento in colpa.
Io: non devi, capita, Giulio anche ti ha messo le corna, tu l'hai perdonato e state ancora insieme, a noi è stato solo un bacio.
Ema annuì e accese la radio per ascoltare "Non perderò" di me e Giorgio, appoggiò il suo viso al finestrino e venne invasa dai suoi pensieri, decisi di non dirle nulla, così arrivammo a casa sua e una volta saliti c'era la mamma ad accoglierci.
Giovanna: Ema..
Ema andò verso di lei ad abbracciarla forte.
Ema: non sono scappata di casa, ero fuori a studiare, a casa non mi concentro.
La madre le diede un bacio sulla guancia e mi guardò.
Io: piacere Valerio, un suo amico.
G: mi ha una faccia conosciuta.
Ema: si, è Sercho.
La mamma rimase sbalordita e la guardò con sguardo interrogativo.
Ema: lunga storia, ora come ti ho detto dormiamo e domani torno a studiare.
G: va bene, buonanotte.
Ema si andò a mettere il pigiama e quando tornò preparò una valigia con il resto dei suoi panni.
Quando iniziò a sbadigliare si sdraiò al mio fianco e io iniziai ad accarezzarle la guancia e lei prese a baciarmi il collo.
Non le resistevo quando faceva così, così la presi e la portai a cavalcioni su di me.
Ema: vale io ti voglio un bene che non immagini, ma...
Io: la nostra è attrazione fisica, ma il nostro bene non cambia.
Finii la sua frase e presi a baciarla, le tolsi la maglia e lei mi sbottonò la camicia. Quando arrivai al basso ventre lei sussultò e sentii una lacrima cadere sulla mia guancia. Aprii gli occhi e Ema stava piangendo.
Io: la smettiamo?
Ema: no, continua, voglio capire.
Con molta più cautela le abbassai il pantalone e a sentire il suo corpo nudo sul mio mi fece impazzire così lei mi tolse i boxer e entrai dentro di lei, che arrivò a sedersi su di me inarcando la schiena, si asciugò le lacrime e continuammo così per un'ora buona finché non ci sdraiammo sfiniti.
Io: ti voglio bene..sorellina mia.
Lei mi rivolse uno sguardo malizioso e mi diede un bacio come buonanotte.
Entrambi però sapevamo che questa storia doveva finire, per Giulio e per Alina.

-continua-

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