Dopo quasi mezz'ora, mamma uscì da casa, come aveva detto mio padre. Sentii che aveva preso la macchina dal rumore che proveniva dal vialetto, quindi probabilmente sarebbe stata via per un po'. Cinque minuti dopo, sentii bussare quattro volte alla porta. Capii che mio padre mi stesse dando in quel modo il "via libera". Spostai facendo il più piano possibile i mobili dalla porta e sboccai la serratura. Uscii dalla stanza cautamente e guardai prima a destra e poi a sinistra prima di scendere le scale. Sentii dei singhiozzi provenire dal piano di sotto. Riconobbi la voce, era quella di mio padre. Sembrava una sorta di pianto liberatorio, il suo.
- Oh Cristo, perchè? Perchè?! - imprecò tra i singhiozzi.
Arrivata in fondo alle scale, mi diressi verso il salotto come lui aveva detto. Bussai due volte, e si girò verso di me. Aveva il viso arrossato e rigato di lacrime. Sentii una strana sensazione al petto, come d'oppressione. Mi dispiaceva vederlo così, nonostante tutto. Si asciugò le lacrime con la manica della camicia.
- Entra. -
Entrai cautamente nella stanza, stando preventivamente lontana da lui. Avevo paura che fosse sotto effetto di qualcosa, ma osservandolo meglio constatai che con molta probabilità fosse sano in quel momento.
- Siediti pure - mi disse con un tono di voce che non ero abituata a sentire da lui. Era più normale, pacato. Feci come mi aveva detto e mi sedetti sulla poltrona da lui indicata. Si avviò verso la porta che collegava il salotto al corridoio che era sempre aperta, e la chiuse addirittura a chiave dall'interno. Non lo aveva mai fatto. E poi che bisogno c'era di chiuderla? Eravamo da soli, nessun'altro avrebbe potuto ascoltarci.
Tornò indietro e si sedette sul divano, davanti a me.
- Ti starai chiedendo perchè io abbia chiuso la porta - iniziò. Rimasi immobile.
- Il motivo.. è che in tutta la casa ci sono telecamere che catturano video e audio. Questa stanza, la camera da letto mia e di tua madre e tutti i bagni sono le uniche che ne sono sprovviste, e prima di farti capire di scendere ho controllato che tua madre non avesse piazzato cimici o telecamere nascoste, e posso dirti che è tutto a posto. In questo momento saprà soltanto che ti ho fatta venire in salotto - disse di getto guardandomi negli occhi. Fu una rivelazione che mi lasciò impietrita e mi fece spalancare gli occhi. In casa c'erano delle telecamere? Quindi anche in camera mia? Da quando, e perchè? Poi capii perchè la maggior parte delle loro correzioni e della loro assunzione di sostanze avvenisse praticamente solo all'interno di quella stanza e dei brividi mi percorsero tutta la schiena.
- Questa credo sia la prima cosa che tu debba sapere. Ci tengo ad essere sincero, ora che siamo soli e che.. sono nelle mie facoltà. -
Capii cosa intendesse. Si passò le mani tra i suoi capelli ebano e sospirò.
- Puoi parlare se vuoi. Non avere paura di me.. ti prego.. - mi supplicò. Sapevo cosa volesse dire. Anche se aveva fatto quello che aveva fatto, cercai di fidarmi in quel momento, di non avere paura. Annuii e guardai in basso.
- Ho notato.. il tuo volto stanco, quando lei mi ha picchiata prima. E' successo qualcosa? - chiesi. Lo sentii sospirare e posai il mio sguardo su di lui. Sembrava nervoso, spaventato. Mi alzai d'istinto cautamente dalla poltrona e mi diressi piano verso di lui. Avevo capito, era successo qualcosa, qualcosa che probabilmente lo avesse distrutto. Mi inginocchiai vicino a lui e gli accarezzai una mano con delicatezza. Lo vidi sussultare a quel tocco, e poi mi guardò. Sembrava sorpreso di questo mio gesto, ma poi lo vidi crollare lentamente davanti ai miei occhi. Mi strinse la mano e iniziò a piangere.
- Cazzo.. dovrei essere io a consolare te per tutte le cose che ti ho fatto.. - singhiozzò.
- Non devi preoccuparti.. stai male e voglio capire cos'è successo - gli dissi con gentilezza. Certo, mi aveva fatto del male, ma non riuscivo a vederlo stare così, prendetemi per pazza se volete ma ero fatta così. Dopo qualche lungo periodo di secondi, cercò di recuperare il respiro. Rimasi accanto a lui in silenzio ma lo aiutai a respirare normalmente. Riprese a parlare dopo poco, la mano stretta nella mia.
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Ciò che gli occhi non vedono
Dla nastolatkówLondra, 2017. Anna ha 17 anni e nella sua vita ne ha passate veramente tante. Proveniente da una famiglia dove suo padre e sua madre infliggono violenze su di lei ogni volta che ne hanno la minima possibilità, inizia a sviluppare una corazza che la...