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Fu notte fonda quando il mio cellulare squillò. La suoneria mi fece svegliare di colpo e Austen, abbracciato a me, iniziò ad emettere versi infastiditi.

Mi allungai verso il comodino e cercai di mettere a fuoco il nome scritto sullo schermo, ma non ci riuscii. Decisi di alzarmi dal letto per lasciarlo dormire, e mi diressi in bagno chiudendo la porta.

- Pronto? - chiesi, assonnata.

La telefonata terminò appena risposi. Guardai lo schermo con sguardo interrogativo. Entrai nel registro delle chiamate, per scoprire che il numero che aveva effettuato la telefonata fosse sconosciuto.

Eh? 

Sconosciuto?

Provai a cliccare nuovamente sul numero per verificare se si fosse potuto ricontattare, e iniziò a squillare. Portai il cellulare all'orecchio e aspettai qualche secondo. Dall'altro capo della cornetta, però, non sentii nessuna risposta, solo silenzio.

- Ehm.. pronto? - 

Niente.

- E' l'una di notte, e non mi spiego come abbiate fatto ad ottenere il mio numero. E il fatto che nessuno mi risponda, è veramente snervante - continuai, assonnata e seccata allo stesso tempo. Dall'altra parte, iniziarono a sentirsi dei gemiti, come se qualcuno stesse soffocando un pianto. Mi allarmai. 

- Chiunque tu sia, è tutto okay? - chiesi, titubante. Non sembrava un buon segno, e la situazione si stava facendo pesante. L'altra persona iniziò a piangere leggermente più forte. Dal tono del pianto, però, capii che fosse un uomo. 

- Okay, non so come tu abbia fatto ad ottenere questo numero, ma la situazione mi sta spaventando. O mi dici chi sei e come hai avuto il mio numero, o io riattacco e blocco immediatamente. Intesi? - 

Non mi ero resa conto di aver alzato la voce. Ero arrabbiata perchè una persona sconosciuta aveva ottenuto il mio contatto e mi aveva svegliata nel cuore della notte, solo per piangere al telefono senza spiccicare parola, ma allo stesso tempo avevo paura che questa stessa persona fosse in pericolo. 

- Sei.. una stronza.. - disse l'uomo dall'altro capo del telefono. Riconobbi, però, a chi appartenesse quella voce. 

- Papà.. sei tu? - chiesi. 

- Mi riconosci ora, ahah.. - continuò. Il tono biascicante e brusco mi allarmò. 

- Hai fatto uso di quella roba..? - 

- Ma sentila, ora gliene frega qualcosa. - 

S'interruppe, e sentii che stesse sorseggiando qualcosa.

- Stai anche bevendo? - domandai, la voce leggermente tremante.

In risposta, lui rise in mezzo alle lacrime. Iniziai a spaventarmi e a innervosirmi. 

Che cazzo stava succedendo?

- Papà, che sta succedendo? Decidi di telefonarmi da un numero che non è il tuo, piangi e sei anche sotto effetto di droghe e alcohol. E, oltretutto, è tardi - dissi, cercando di essere meno brusca possibile. Mi fece male sapere che fosse seriamente fatto e ubriaco, in quel momento. Era pericoloso, e volevo che la conversazione terminasse il prima possibile. Quello era un mezzo in più, oltretutto, per peggiorare la sua condizione.

- Dove sei? - chiese, ancora con il tono brusco ma spezzato dal pianto.

- Da amici, te l'ho detto prima per messaggio. - 

- Torna a casa, ti prego.. - 

- No, sei stato tu a dirmi di stare via per queste due notti. Dopodomani tornerò, promesso. -

Ciò che gli occhi non vedonoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora