Una volta asciugata e vestita, mi stesi sul letto. Scrissi a Luna ed Elton che volevano sapere cosa mi avesse detto Milligan e io gli dissi che in realtà era ancora per la questione del concorso di filosofia. Lo so che stavo mentendo, ma non potevo dirgli la verità. Non conoscevano tutto il retroscena, non avrebbero capito.
Scrissi anche ad Austen per sapere come stesse, e parlammo per quasi un'ora. Poi lo salutai e decisi di dormire per un po'. Ero sfinita, e le palpebre riuscivo a fatica a tenerle aperte.
Da quando posai la testa sul cuscino a quando riaprii gli occhi passarono circa due ore. Mi sentii stranamente rigenerata, non mi capitava da tanto di riposare nel vero senso della parola. Guardai l'orologio sul cellulare: le quattro e mezza. Mio padre doveva essere rincasato mezz'ora fa. Gli scrissi un messaggio.
Io: Sei a casa?
Papà: Sono tornato poco fa. Sono in camera mia.
Io: Va bene. Posso scendere un attimo giù per un bicchiere d'acqua?
Papà: Certo che puoi, non ti preoccupare. Stai bene?
Io: Perfetto, grazie. Si, ho dormito un po'.
Papà: Menomale.. adesso dormo un po' anche io. Per qualsiasi cosa scrivimi.
Io: Okay. Buon riposo, a dopo.
Aprii cautamente la porta e d'istinto posai lo sguardo da destra verso sinistra. So che eravamo soli in casa, anche se le telecamere ci tenevano compagnia, però era insolito per me non avere lei in casa e stare solo con mio padre. Uscii dalla stanza e chiusi piano la porta dietro di me. Iniziai a scendere le scale dirigendomi in cucina. Notai i piatti nel lavello da lavare e decisi di sciacquarli, così mio padre avrebbe avuto del lavoro in meno da fare e lei non si sarebbe arrabbiata. Quell'enorme ematoma che mi aveva mostrato mi tornò alla mente e rabbrividii. Stava bene? Riusciva a respirare correttamente? Oppure aveva qualcosa e non voleva dirmelo? C'era anche la questione del tumore..
Volevo convincerlo a curarsi. Non volevo che si potesse tramutare in un cancro, quindi avrei provato a chiedere se nella nostra città avessero disponibilità a curare questo tipo di malattia.
Finiti i piatti, presi dalla credenza un bicchiere e lo riempii con l'acqua del rubinetto. Lo riempii un paio di volte, poi, dopo aver bevuto, lo lavai e lo posai nella lavastoviglie assieme al resto e l'accesi. Mentre tornavo in camera, però, iniziai a sentire un rumore attutito. Inizialmente era molto confuso, non riuscivo a capire che cosa fosse, ma man mano che cautamente mi avvicinavo al piano di sopra riuscii a distinguere dei lamenti. Un brivido di paura mi percorse dal collo fino alla schiena. Appena finite le scale, percorsi con cautela il corridoio. Proveniva dalla camera di mamma e papà.
Che papà si stesse sentendo male?
Mi allarmai ma decisi di andare fino alla porta per sentire se effettivamente qualcosa non andasse, e i lamenti divennero più forti.
- Cazzo.. cazzo.. - lo sentii dire, come se però avesse la voce attutita da qualcosa. Stava cercando di non farsi sentire da me? Ma perchè?
- Papà? - lo chiamai, bussando leggermente alla porta. Non rispose, ma i lamenti continuarono.
- Papà? Papà, che succede? -
Bussai di nuovo, ma questa volta più forte.
- Papà?! -
- Vai in camera, Anna, ti prego.. - disse come se però si stesse sforzando tanto. Qualcosa non andava. Che stesse male? O che avesse di nuovo fatto uso di sostanze? No, non era possibile.
- Che cosa succede? - chiesi di nuovo.
- Vai. In. Camera - scandì, la voce molto più bassa e biascicante.
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Ciò che gli occhi non vedono
Teen FictionLondra, 2017. Anna ha 17 anni e nella sua vita ne ha passate veramente tante. Proveniente da una famiglia dove suo padre e sua madre infliggono violenze su di lei ogni volta che ne hanno la minima possibilità, inizia a sviluppare una corazza che la...