Non sarei voluta tornare a casa, non quel giorno.
Avevo trascorso dei momenti tranquilli lontana da quel luogo, e tornarci mi portava alla mente tutti gli avvenimenti accaduti e tutte le parole che furono pronunciate prima di andarmene.
E poi, mio padre non mi aveva ancora risposto ai messaggi. Nessuna telefonata, nessun "buongiorno" o "buonanotte".
Mia madre non mi aveva mai telefonato nella sua vita, ed ero certa che se fosse accaduto qualcosa non me lo avrebbe mai fatto sapere.
Durante la giornata, io ed Austen restammo in casa a guardare qualche film e a cantare alcune canzoni. Probabilmente lui aveva capito come mi stessi sentendo, perchè faceva di tutto per potermi distrarre. Apprezzai questo suo gesto, perchè in qualche modo placava le mie paure.
Nel pomeriggio ci recammo in cucina e lui si offrì di preparare un tè. Mi sedetti al tavolo e iniziai a giocherellare con una penna che avevo trovato lì appoggiata.
- Sei sicura di voler tornare a casa? - mi chiese, mentre versava l'acqua calda nelle tazze.
- Fosse per me, resterei qui - gli dissi con un sorriso amareggiato. Austen aprì la credenza e lo vidi tirare fuori una bustina di tè verde e una di tè nero all'arancia.
- Però mi rendo conto che devo affrontare questa cosa - continuai mentre mi passavo la penna tra le dita.
- Ed è giusto, ma non credi ti serva un po' di tempo? Eri distrutta quando sei arrivata qui - chiese ancora, poggiando le tazze sul tavolo per poi sedersi vicino a me.
Mi porse la tazza con il tè verde e sospirò.
- Io.. vorrei solo che tu stessi bene. Tutto qui. -
Vorrei solo che tu stessi bene.
Strinsi la mia mano nella sua.
- Sei un vero tesoro, dico davvero. Purtroppo anche se fa male, devo tornare almeno per poterne parlare e magari ricucire qualcosa, anche se non so davvero come potrebbe andare. Ti ringrazio di esserci per me, ma so che se non affronto al più presto questa cosa non lo farò mai più. -
Capì ed annuì, rivolgendomi un timido sorriso.
Sorseggiammo il nostro tè, parlammo un altro po' e poi mi preparai per tornare a casa.
*
Chiesi ad Austen di fermarsi verso la scuola. Non volevo che mia madre fosse in casa e vedesse la sua auto.
Più ci avvicinavamo più mi veniva voglia di spalancare la portiera del passeggero e buttarmi in strada. Avevo paura di come sarebbe potuta andare un'eventuale discussione, avevo paura per come avrei potuto reagire e avevo paura per mio padre. Il rumore della sua testa che si schiantava ripetutamente sul muro ritornò tra i miei pensieri. Lui che piangeva e che parlava in quel modo, il fatto che non mi avesse più risposto ai messaggi. Sperai in cuor mio che stesse andando tutto bene, e che non gli fosse successo nulla. E che lei non gli avesse fatto del male.
- Anna? - mi risvegliò Austen. Dovevo essermi persa nei miei pensieri, perchè eravamo arrivati.
- Oh, scusami.. ero sovrappensiero. -
Uscimmo entrambi dall'auto, e lui mi raggiunse per abbracciarmi.
- Se hai bisogno che ti venga a prendere, di parlare, di qualsiasi cosa, scrivimi e arrivo subito. Chiaro? - mi chiese mentre mi accarezzava dolcemente i capelli.
- Va bene.. -
- Davvero, Anna. Lo sai che per te ci sono sempre, e sai anche che ti.. -
S'interruppe. Che cosa voleva dirmi? E perchè non aveva terminato la frase?
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Ciò che gli occhi non vedono
Fiksi RemajaLondra, 2017. Anna ha 17 anni e nella sua vita ne ha passate veramente tante. Proveniente da una famiglia dove suo padre e sua madre infliggono violenze su di lei ogni volta che ne hanno la minima possibilità, inizia a sviluppare una corazza che la...