12

133 3 0
                                    

- Anna, mi stai ascoltando? - 

Mi riscossi dai miei pensieri e notai che Milligan mi stava fissando con sguardo interrogativo. Oddio, credo di essermi incantata, che imbarazzo. Notai che anche Austen dalla sua parte della scrivania mi stesse guardando quasi allo stesso modo. Ciò che era successo la scorsa sera mi aveva abbastanza scosso e non avevo fatto altro che pensarci. Poi quella sera mio padre voleva incontrarmi fuori casa e la cosa mi agitava molto.

- Oh.. si, certo.. mi scusi - dissi, anche se probabilmente mi ero persa quasi tutto il discorso. Milligan annuì timidamente e ricominciammo a scrivere. Eravamo arrivati a quasi fine saggio, ancora un incontro e avremmo finito. Mi dispiaceva, anche perchè andare a casa del professore mi alleggeriva il cuore. Era come se appartenessi a quell'ambiente così calmo, così pieno di ispirazione e affetto. 

Sentimmo graffiare sulla porta.

- Oh, scusatemi - disse Milligan recandosi alla porta. 

- Arrivo, bello - disse per poi tirare giù la maniglia e aprire la porta. Dal corridoio entrò Whisky con un giochino in bocca. Dopo averlo accarezzato, il professore tornò a sedersi.

- Scusate, credo si sentisse solo - disse, portandosi una mano dietro la testa con un sorriso timido. Sorrisi di rimando e il cagnolone si stese tra me ed Austen. Lui lo accarezzò dolcemente sul muso e mi rivolse un'occhiata fugace. Sperai di non essere arrossita e ripresi ad ascoltare il professore, continuando a scrivere.

*

Scendemmo in cucina per fare una piccola pausa e Milligan ci diede le istruzioni per prepararci un tè. Subito dopo ci disse che sarebbe uscito con Whisky per fargli fare venti minuti di camminata, e ci riferì che tra poco sarebbe ritornata Ariel dal lavoro. Mi sorprese come si fidasse a lasciarci in casa sua da soli, ma da una parte questo mi rendeva serena. Significava che lui e sua moglie si fidavano di noi. Era.. bello.

Quando l'acqua bollì, Austen spense il fuoco sotto al bollitore e prese due tazze pulite dalla credenza, versò l'acqua al loro interno e in ognuna mise una bustina di tè nero.

- Stasera hai da fare..? - mi chiese Austen a un certo punto, timidamente, durante la pausa porgendomi una tazza. La presi tra le mani e le nostre dita si sfiorarono.

- Oh.. esco con mio padre. Non siamo stati tanto insieme ultimamente, ne approfittiamo per discutere di alcune cose. Come mai? - risposi raccontando in parte la verità. Non potevo dirgli che si, vivevamo insieme, ma non trascorrevamo insieme il tempo in modo normale.

- Ah.. no, non fa nulla - disse arrossendo leggermente. 

- Ma.. davvero? Volevi fare qualcosa? - gli chiesi con calma. Non volevo che ci fosse rimasto male, si vedeva che era dispiaciuto per la mia prima risposta.

- Ti.. ti volevo chiedere di uscire con me - rispose portandosi una mano dietro la nuca. Voleva uscire con me..?

- Oh.. - riuscii a dire timidamente.

- Tranquilla, possiamo fare un'altra volta - si affrettò a dire. 

- Certo, certo.. scusami, avrei annullato l'incontro con mio padre ma mi è impossibile.. - risposi portandomi una ciocca di capelli davanti al viso per coprire il rossore che si stava facendo spazio sul mio viso. Austen con delicatezza portò dietro il mio orecchio quella ciocca e inaspettatamente alzò con il medesimo modo il mio mento per fare in modo che lo guardassi negli occhi. I nostri sguardi si incatenarono.

- Stai tranquilla. Mi dirai poi tu quando vorrai - sussurrò quasi, sorridendo. Sorrisi leggermente anche io. 

- Sei.. - iniziò a dire.

- Che cosa..? - chiesi. Non so perchè ma gli accarezzai dolcemente una guancia coi polpastrelli. Sorrise e sembrò che il mio tocco inizialmente gli avesse provocato un brivido. Posò la mano sulla mia e sentii una leggera scossa. 

- Sei bella.. - disse infine. Solo ora mi accorsi di quanto i nostri volti fossero vicini l'uno all'altro. Mi accorsi di stare sorridendo, ma non era un sorriso di circostanza il mio. Sorridevo perchè ero felice di quel complimento, ma le mie insicurezze presero il sopravvento.

- Lo.. lo pensi davvero? - gli chiesi quasi sussurrando. Austen si avvicinò di più a me e sorridendo mi disse: - Lo penso da quando ci siamo incontrati - .

 Arrossii e distolsi lo sguardo, imbarazzata. Non era possibile che lo pensasse. Io non ero bella, il mio corpo mi aveva sempre fatto ribrezzo, anche con le ossa quasi visibili. I miei genitori mi dicevano sempre che avevo il viso brutto, una voce irritante e degli occhi inguardabili. Ci avevo sempre creduto. Per dirlo i miei genitori doveva essere vero, no?

- Hey.. lo penso sul serio - riprese lui con tono pacato e.. sincero.

- Scusami se sono sembrato sfacciato, magari ti ho messo a disagio - disse poi, quasi mortificato.

- No.. no, è che.. nessuno mi ha mai detto questo. Non sono abituata a ricevere complimenti, anzi, non ne ho mai ricevuti. E non sono proprio una fan del mio aspetto - gli dissi abbassando leggermente la voce sull'ultima frase. Austen sembrò sorpreso quasi dalle mie parole.

- Però.. ti ringrazio, il tuo complimento è stato sincero.. - continuai con calma. Non volevo che sapesse quanto in realtà mi odiassi, quindi cercai in qualche modo di riparare a cosa avessi detto precedentemente con un'altra cosa che pensavo davvero. 

Austen abbozzò un leggero sorriso e fece una cosa che in realtà non mi sarei aspettata in quel momento. Mi attirò a se dolcemente e posò un leggero bacio sulla mia fronte. Sentii gli occhi appannarsi, ma non perchè mi girasse la testa: quel piccolo gesto mi aveva commossa. Lo percepii come quel tipo di cosa che ti piacerebbe avere dopo una brutta giornata, dopo un momento no.. quell'antidoto che, seppur sembri un gesto quasi "insignificante" o normale, ti fa capire che puoi risalire dal fondo. Non avevo mai ricevuto nemmeno dai miei genitori un bacio sulla fronte. Dopo tutti questi anni, un solo bacio sulla fronte era riuscito a farmi stare meglio.

Ci scambiammo un sorriso e i nostri visi si avvicinarono sempre di più, finchè il rumore della porta d'ingresso ci risvegliò, purtroppo, da quel momento. Ariel era rientrata.

*

Il pomeriggio finì e, dopo che Milligan ci riportò verso la scuola e dopo aver poi salutato Austen, mi diressi verso casa. Mio padre non mi aveva più fatto sapere per il nostro incontro e in parte rimasi delusa. Mentre m'incamminavo, il suono di una notifica del mio telefono richiamò la mia attenzione: era mio padre.

"Non tornare a casa. Dormi fuori stanotte. Recupereremo, fuori casa ti ho lasciato uno zaino con delle cose tue per stare fuori. "

Rimasi incollata con lo sguardo alle parole di quel messaggio. Che cosa era successo in casa per dirmi questo..? O cosa stava succedendo?

Arrivai davanti al vialetto di casa mia e trovai lo zaino. Lo misi in spalla e rimasi una manciata di minuti ferma davanti a casa. Nessun rumore. Sembrava non esserci nessuno, ma mi ricordai cosa mi disse mio padre qualche notte prima: la casa era insonorizzata, nessuno dall'esterno poteva sentire. Un brivido mi percorse lungo la schiena e mi dissi che dovevo andarmene, non mi piaceva questa storia. Presi alla lettera le parole di mio padre e tornai indietro, allontanandomi da casa. Scrissi a Luna per sapere se avessi potuto dormire da lei per stanotte e mi rispose felice che andava bene, però sarebbe tornata a casa solo alle 11:00 p.m. perchè era uscita con sua cugina e sua madre per andare a trovare i nonni. Ci mettemmo d'accordo di trovarci davanti a casa di lei alle 11:00 a.m. e mi inviò l'indirizzo. Ci conoscevamo da tanto, ma dato che i miei genitori non mi avevano mai fatta uscire con altri miei coetanei o non mi avevano mai mandato a casa di nessun altro non ne possedevo l'indirizzo. Camminai per un po', poi mi saltò alla mente una cosa.

Digitai il suo numero di telefono sulla tastiera.

Rispose dopo pochi squilli. Raccolsi il tutto il coraggio che avevo in corpo e dissi: - Ciao.. l'appuntamento con mio padre è saltato. Ti va ancora di uscire stasera? -

Ciò che gli occhi non vedonoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora