L'indomani mattina mi svegliai molto presto assieme ad Austen. Ci preparammo e scendemmo per fare colazione, solo che quella mattina mi accontentai di un tè. Avevo lo stomaco chiuso, e un tè caldo era l'unica cosa che sarei stata in grado di ingerire.
- Sei sicura, Anna? Di solito almeno una fetta di pane con la marmellata la mangiavi - mi chiese Austen con una punta di preoccupazione. Io annuii e gli strinsi dolcemente la mano per fargli capire che fosse davvero tutto okay, anche se in realtà in parte stessi mentendo. Lui annuì a sua volta e si alzò per scaldare l'acqua per il tè.
Aveva iniziato a balenare in me la sensazione di essere un peso quasi. Un peso per lui, un peso per la sua famiglia.
Avere la fidanzata del figlio in casa per così tanto tempo probabilmente doveva essere fastidioso per loro, solo che magari non volevano farmelo notare o pesare.
Sei un peso, Anna. Lo sei sempre stata.
Mi ridestai dai miei pensieri nel momento in cui Austen poggiò davanti a me una tazza fumante.
- Grazie - sussurrai, afferrando delicatamente la tazza con entrambi le mani e iniziando a sorseggiare il tè. Lui mi circondò le spalle con il braccio e posò le labbra sulla mia tempia dandomi un bacio.
- Prego, amore - disse. Mi interruppi dal sorseggiare e sulle mie labbra fece capolino un sorriso.
- Come mi hai chiamata? - chiesi, ovviamente come scusa per sentirmelo ripetere dalla sua voce ancora una volta. Sapevo che aveva capito, di fatti mi rivolse un sorriso furbo e ripetè: - Prego, amore - scoccandomi un bacio tenero sulle labbra.
"Amore".
Austen mi aveva chiamata "amore".
La giornata in qualche modo, anche se cominciata con brutte emozioni e pensieri tristi, iniziò a prendere una piega migliore nel mio cuore.
*
Andammo a scuola insieme in auto.
Durante il tragitto fui molto nervosa. Avevo molti pensieri per la testa, e stasera sarei dovuta andare in ospedale da mio padre. Chissà che cosa avrebbe voluto dirmi.
E avrei avuto un incontro con il fratello di Milligan, George, quel pomeriggio. Almeno avrei potuto parlare di quella sensazione di essere di troppo con qualcuno..
Non ne avrei parlato ad Austen, almeno, non subito. Prima avrei chiesto consiglio allo psicologo sul come muovermi, e poi avrei attuato ciò che mi avrebbe risposto.
Avrei dovuto mascherare in qualche modo però il fatto che in realtà in questi giorni non mi trovassi a casa mia. Si sarebbero insospettiti tutti, e non era quello che volevo.
- Ti vedo pensierosa - disse Austen mentre cambiava la marcia.
- Oh.. scusami. Ho la mente piena di cose, in questo periodo. -
- Tranquilla, non volevo risultare pressante. A cosa pensi, se vuoi dirmelo - mi chiese, delicatamente.
Strinsi le mani a pugno sulle ginocchia.
- Ehm.. non vorrei parlarne subito, diciamo - risposi, spostando lo sguardo al di là del finestrino.
- Oh, certo, tranquilla. Ovviamente non ti forzerò a parlarmene, è solo che vedendoti così assorta mi è venuto il dubbio che stessi magari pensando a qualcosa di brutto - spiegò.
Mi voltai verso di lui e posai la mia mano sulla sua gamba. Lui continuò a guardare dritto ma strinse la sua mano nella mia.
- Non preoccuparti. Te ne parlerò appena avrò delle risposte - gli dissi.
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Ciò che gli occhi non vedono
Teen FictionLondra, 2017. Anna ha 17 anni e nella sua vita ne ha passate veramente tante. Proveniente da una famiglia dove suo padre e sua madre infliggono violenze su di lei ogni volta che ne hanno la minima possibilità, inizia a sviluppare una corazza che la...