Ricordai che Milligan qualche settimana prima mi avesse mostrato una foto quando andavo a casa sua con Austen per il concorso di filosofia. Nella foto vi erano un uomo leggermente più alto del professore e una ragazza leggermente più giovane.
Lui era il fratello maggiore di Milligan, George.
Rimasi sorpresa quando si presentò. Quante probabilità ci sarebbero state di incontrarlo qui a scuola in veste di psicologo?
Ricambiai la sua stretta di mano e gli rivolsi un leggero sorriso.
- Prego, siediti su quella sedia - mi disse mentre indicava una delle sedie davanti alla scrivania.
Mi sedetti e notai che lui non prese posto dietro la scrivania, ma bensì sulla sedia di fianco alla mia.
Strinsi le mani a pugno per l'agitazione, era come se avesse invaso la mia sfera di spazio personale. Non lo conoscevo ancora, praticamente, e questo suo avvicinamento mi aveva messa in soggezione.
- Ti mette a disagio il fatto che mi sia seduto qui? - mi chiese con tono tranquillo ma con occhio attento.
- Leggermente.. - risposi, rivolgendo lo sguardo verso il basso.
Si alzò e spostò più in là la sedia, per poi sedervi sopra.
- Perdonami se ti ho innervosita. Di solito coi miei pazienti preferisco avere un rapporto più frontale, meno informale. Ma se ciò non ti fa sentire momentaneamente tranquilla, per ora facciamo in questo modo - mi spiegò. Era molto gentile, non sembrava una cattiva persona.
Seguì del silenzio, dove vedevo che lui mi osservava attentamente.
- Tra noi due ci sarà il segreto professionale, se può renderti più tranquilla saperlo. Non dirò a nessuno quello che ci diremo, odio leggere i colleghi che divulgano quello che viene trattato nei colloqui privati coi pazienti - disse, mentre si era alzato per dirigersi verso la scrivania. Si stava mettendo a cercare qualcosa nei cassetti, e ne tirò fuori un piccolo quadernino, un album da disegno e una penna.
Vide che lo stavo fissando e mi rivolse un sorriso gentile. Era molto simile al fratello, solo leggermente più maturo.
- Queste cose possono servirci nei nostri incontri, credo che tu già li conosca. Specialmente il taccuino con la pena, che sembrerà il solito clique secondo te, ma mi serve per segnare le cose più importanti - spiegò mentre si sedeva nuovamente.
Annuii, ma non riuscii a pronunciare nemmeno una parola. Perchè ero diventata muta tutto d'un tratto, cosa mi prendeva?
Presi un lungo respiro.
- Mi scusi se non sto dicendo niente, davvero.. - mi scusai imbarazzata.
- Non ti preoccupare, Thomas mi ha detto che sei una ragazza timida. E comunque è normale essere titubanti con le prime conoscenze. -
- Non vorrei farle perdere tempo.. -
- Nessuno dei due sta perdendo tempo, non preoccuparti - mi rassicurò con un sorriso gentile.
Il fatto che già non avesse perso la pazienza, per me significava molto.
Non ero abituata a quella gentilezza, era quasi strano per me.
- Iniziamo gradualmente. Presentati e fatti conoscere da me, così, per rompere il ghiaccio, e poi farò anche io la stessa cosa - suggerì.
Ringraziai il cielo. Almeno avrei rotto la barriera dell'imbarazzo.
- Ehm.. io sono Anna White e a breve compirò diciotto anni. Sono nata a Galway, ma ci siamo stabiliti a Londra dopo la mia nascita, io e la mia famiglia. Sono molto timida ma.. non ero così, prima. Vorrei studiare alla facoltà di filosofia all'università ma amo anche la musica, la pittura e la letteratura. E da poco mi sono fidanzata con un ragazzo - dissi con una leggera fatica. Parlare di me stessa era una cosa che non mi piaceva molto fare, però almeno avremmo saputo di più l'uno dell'altra.
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Ciò che gli occhi non vedono
Novela JuvenilLondra, 2017. Anna ha 17 anni e nella sua vita ne ha passate veramente tante. Proveniente da una famiglia dove suo padre e sua madre infliggono violenze su di lei ogni volta che ne hanno la minima possibilità, inizia a sviluppare una corazza che la...