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La luce tenue del sole attraverso le tende, mi svegliò. 

Mi stropicciai gli occhi e mi girai. Austen era rimasto nella stessa posizione di come c'eravamo addormentati. Aveva le labbra semichiuse, i capelli biondi leggermente spettinati. Guardai il display del mio cellulare per controllare che ore fossero: le 7:00 a.m. . Decisi di chiudere gli occhi ancora per qualche minuto. Cosa avrei detto ad Austen quando si sarebbe svegliato? Non potevo andare in bagno a truccarmi di nuovo per coprire il tutto, sarebbe stato ancora più sospetto ai suoi occhi. La sua reazione però mi aveva fatto capire che ci tenesse davvero a me. In cuor mio sperai che non avesse paura di me e che non ne avesse mai avuta in futuro. Alle elementari una mia compagna di banco, si chiamava Julia, durante ginnastica mentre ci stavamo cambiando nello spogliatoio vide i miei lividi nerastri sull'addome. Il giorno prima mio padre mi aveva preso a calci in quel punto dopo che mia madre mi aveva stordita con una delle sue bevande che mescolava a polveri e pasticche, ma io da piccola non me ne rendevo conto. Pensavo fosse normale. Si spaventò così tanto quella bambina che chiese alla maestra di essere cambiata di posto perchè "avevo qualcosa che non andava". Rimasi da sola fino alla fine delle elementari, perchè lei fece spargere la voce tra gli altri bambini, e per questo venni isolata. Sanno essere davvero cattivi, i bambini. 

Ciononostante credetti comunque di meritarmelo. Ero una bambola rotta, diversa da tutti gli altri. Non assomigliavo ne a mia madre ne a mio padre, piangevo in bagno appena avevo un momento per farlo, spesso andavo a scuola piena di ferite e sangue secco, e dovevo sempre dire le scuse che mi dicevano i miei per non insospettire nessuno. 

Un paio di braccia che mi attiravano a loro mi distrasse da quei pensieri.

- Buongiorno - sussurrò Austen con la voce leggermente addormentata. Aprii gli occhi e mi accolsero l'esplosione di azzurro dei suoi occhi e un leggero sorriso. I nostri volti erano a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro. Perchè non potevo svegliarmi così ogni mattina?

- Buongiorno - salutai, cercando di sorridere. 

Mi accarezzò il volto molto delicatamente e studiò attentamente il mio sguardo.

- Sei riuscita a dormire? - 

- Si. Tu? - chiesi cercando di non sembrare tesa.

- Anche io. La melatonina è servita - rispose, sorridendo di nuovo. Avvicinò il suo volto al mio e mi baciò. Furono due baci a stampo ma molto dolci, non brevi.

- Mi dispiace non averteli dati ieri sera.. ne avresti sicuramente avuto più bisogno, scusa - disse guardando le mie labbra ma in modo dispiaciuto. Si sentiva in colpa per essere stato leggermente più freddo, ma non volevo che si sentisse così.

- Non ti devi preoccupare.. capisco come devi esserti sentito - gli dissi, accarezzandogli una guancia. Sorrise e ci scambiammo un altro bacio.

- Non dobbiamo parlarne ora. Prima prepariamoci e facciamo colazione, ti va? - chiese con un sorriso dolce. Annuii e dopo che si alzò dal letto, camminò fino dalla mia parte e abbracciandomi mi prese in braccio.

- Ma cosa.. - iniziai a dire con le labbra che si schiudevano in un sorriso.

- Niente "ma", voglio rimediare al mio comportamento di ieri sera - mi rispose. Mi portò fino in bagno davanti allo specchio e tornò in camera a scegliere dei vestiti per me dal suo armadio per poi portarmeli. Una T-shirt lilla che su di me era molto oversize, i miei jeans e un paio di calzini che stranamente mi sarebbero calzati giusti comparvero assieme a lui quando varcò la porta del bagno.

- Secondo me ti staranno bene - mi disse.

- Ti aspetto in camera, tranquilla - disse ancora, prima di scoccarmi un tenero bacio sulla fronte e di uscire dal bagno chiudendo la porta. Mi resi conto di avere un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. Queste attenzioni, questo.. amore. Era perfetto, tutto.

Ciò che gli occhi non vedonoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora