La sveglia suonò puntuale alle 7:30 e io ed Austen ci svegliammo. Mi girai verso di lui per dargli il buongiorno e lui sorprendentemente prese il mio viso tra le sue mani accarezzandomi le guance coi polpastrelli dei pollici.
- Sei bellissima - mi disse sottovoce, con uno di quei suoi sorrisi che amavo. Sorrisi, emozionata. Quei complimenti nessuno me li aveva mai dedicati, a parte Luna ed Elton, ma Austen.. era un qualcosa di bello e tenero.
Ci alzammo, ci preparammo e dopo colazione decidemmo di portare Billy fuori insieme. Ricordo che durante il tragitto della passeggiata ci tenemmo per mano. Cercai di godermi quei momenti di tenerezza, perchè non sapevo cosa mi sarebbe aspettato dopo al mio ritorno a casa.
*
Verso il primo pomeriggio, Austen decise di riaccompagnarmi a casa. Salutai i suoi genitori e Billy, e uscimmo per dirigerci verso la macchina. Posai il mio borsone nel bagagliaio e mi sedetti nel posto del passeggero davanti. Gli chiesi di lasciarmi dalla scuola, il resto del tragitto lo avrei fatto a piedi. Lui acconsentì, e partimmo.
- Anna? - mi chiese poco prima di arrivare a scuola.
- Si? -
- Stasera sentiamoci, per favore.. - mi disse abbassando man mano la voce. Sembrava preoccupato, magari aveva capito che qualcosa non andasse, ma come poteva saperlo?
- Certo - risposi. Mi poggiò la mano sulla coscia e strinse leggermente, come per rassicurarmi. Non c'era nulla di negativo in quel gesto, quindi cercai di calmare il respiro.
Non era come quella volta in cui mia madre lo aveva fatto quando ero piccola, dovevo stare tranquilla..
Arrivammo davanti a scuola e parcheggiò.
- Sicura che vuoi essere lasciata qui? -
- Si.. tranquillo, mi va di camminare - mentii. Lui annuì.
- Va bene. Allora ti lascio andare, stai attenta. -
Stai attenta.
Ci scambiammo un paio di baci e ci salutammo, poi presi il borsone dal bagagliaio e mi diressi verso casa. Intanto vidi l'auto di Austen fare retromarcia e tornare indietro. Mi sentii molto vuota, sola. Non averlo vicino a me mi faceva quasi male, avevo paura. Arrivai davanti a casa mia. Ero molto ansiosa, perchè non sapevo se loro fossero già tornati o meno. Mi feci forza e attraversai il vialetto. Era tutto chiuso, all'apparenza sembrava non esserci nessuno. Arrivata davanti alla porta di casa, sbloccai la serratura con la chiave ed entrai. Appena varcai la soglia, sentii un silenzio strano, inusuale. Ci misi qualche secondo prima di attraversare l'ingresso.
Arrivai davanti al salotto e decisi di camminare più velocemente. Quando arrivai alle scale, una voce mi bloccò.
- Ecco quella zoccoletta. Non si saluta quando si entra? -
Mamma.
Spaventata mi voltai. Mia madre aveva un sorriso spaventoso stampato sul viso, ed indossava ancora un vestito formale e i tacchi. Dedussi che fossero tornati da poco. Ma dove si trovava mio padre?
Iniziò ad avvicinarsi a me, molto lentamente. Io rimasi impietrita dalla paura, non riuscivo a muovermi. Quando mi arrivò a pochi centimetri dal volto, lo schiaffo arrivò inaspettato. Caddi a terra, e iniziò a prendermi violentemente a calci. Credevo di essermi abituata a quel dolore, ma non fu così.
- Mery, ora smettila, cazzo! -
Papà?
Si diresse verso di noi, prese mia madre di peso e la scaraventò dall'altra parte rispetto a dove mi trovavo io e si posizionò davanti a me, guardando nella sua direzione. Non l'aveva mai fatto..
- Batardo.. - ringhiò mia madre. Si alzò e barcollando ritornò in salotto. Subito dopo, mio padre si diresse verso di me. Anche lui era vestito bene, ma aveva il volto stanco e distrutto.
- Stai.. stai bene? - chiese titubante mentre mi studiava con lo sguardo preoccupato. Non risposi. Credo capii che fossi terrorizzata e dolorante perchè non utilizzò una delle punizioni che usava quando non rispondevo. Mi aiutò ad alzarmi da terra e mi aiutò anche a salire le scale, fino ad arrivare alla porta di camera mia.
- Mi dispiace.. - disse. Sembrava davvero dispiaciuto, quindi non dissi nulla. Mi aspettavo un benvenuto alternativo da parte dei miei, ma non mi sarei mai aspettata che lui mi difendesse.
- Senti.. tra poco tua madre se ne andrà. Quando uscirà, raggiungimi in salotto, per favore, ti farò io un segnale per farti uscire dalla stanza. Abbiamo più di una conversazione in sospeso. -
Dopo aver detto quella frase, uscì dalla stanza. Chiusi a chiave la porta e velocemente ci piazzai davanti i soliti mobili. E, successivamente, mi buttai sul letto piangendo.
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Ciò che gli occhi non vedono
Ficção AdolescenteLondra, 2017. Anna ha 17 anni e nella sua vita ne ha passate veramente tante. Proveniente da una famiglia dove suo padre e sua madre infliggono violenze su di lei ogni volta che ne hanno la minima possibilità, inizia a sviluppare una corazza che la...