Mi precipitai correndo, dentro l'ospedale. Austen mi avrebbe aspettata fuori, non voleva mettermi a disagio o distrarmi eventualmente da mio padre. Lo avevo apprezzato come gesto da parte sua, perchè poi al colloquio con il dottore sarei voluta essere sola.
Non volevo che sapesse qualcos'altro di brutto su mio padre.
Gli avevo spiegato che ci fosse mia madre dietro i miei abusi e che mio padre, nonostante avesse abusato di me da piccola e qualche tempo prima, fosse sotto effetto di droghe per colpa di lei. Di conseguenza non capiva mai realmente cosa mi stesse facendo. Non se lo ricordava nemmeno.
Arrivai al piano che mi avevano indicato alla reception e trovai la stanza.
Ero molto titubante. Mi avrebbe riconosciuta o aveva magari problemi di memoria? Come avrebbe reagito nel vedermi dopo quella volta che me ne ero andata di casa sbattendo la porta?
Lo avrei scoperto soltanto varcando quella porta.
Bussai e poi aprii la porta.
Mio padre era sveglio ed era steso sul lettino ed era attaccato a due flebo e a dei tubicini che entravano nelle narici.
Spostò il suo sguardo su di me, e ci guardammo per qualche secondo. Vidi il suo sguardo addolcirsi e i suoi occhi diventare lucidi.
Gli sorrisi con quasi le lacrime agli occhi.
- Anna.. -
Mi avvicinai al letto e ci scambiammo un abbraccio molto lungo. Lo strinsi delicatamente per non fargli male, e lui fece lo stesso con me.
- Bambina mia.. -
Mi diede un piccolo bacio sulla fronte e ci staccammo piano dall'abbraccio.
- Mi dispiace tanto.. - gli dissi, dispiaciuta per tutto quello che gli fosse capitato.
- Non è colpa tua - mi rassicurò con sguardo stanco.
Presi una sedia e mi sedetti di fianco al lettino.
- Che cos'è successo, papà..? - gli chiesi. Volevo sapere come avesse fatto a procurarsi quella ferita alla testa, e se soprattutto se lo ricordasse.
Lui spostò lo sguardo in basso per non guardarmi direttamente negli occhi.
Mi spiegò che una volta che me ne andai, era salito al piano di sopra e aveva trovato la porta di camera mia aperta ed era entrato. Non era mai entrato in camera mia, se non quella volta che mi avevano fatto di nuovo quella cosa, ma essendo sotto effetto di droga non si ricordava nulla.
Aveva trovato il mio diario, e quando me lo disse rabbrividii. Lesse una frase che lo aveva fatto stare molto male, ed era uscito dalla mia stanza. Di sotto aveva incontrato mia madre, che lo aveva convinto a fare uso di nuovo di quelle sostanze. Poi, da lì, non ricordava più nulla.
Con fatica, gli spiegai che mi avesse chiamato nel cuore della notte e che a un certo punto avevo sentito dei rumori fortissimi, come se stesse sbattendo contro il muro. Probabilmente si era procurato in quel modo tutto quel sangue da quella ferita alla testa.
Mi sentivo in colpa. Se non fossi uscita di casa e avessi affrontato la questione dell'adozione illegale con più calma, mia madre non avrebbe abusato di lui facendogli assumere quella roba.
- Sono stata una stupida. -
- No, non lo sei stata - mi disse lui, prendendomi la mano a fatica. Era molto debole.
- Invece si.. non ho preso la questione con lucidità e me ne sono andata. Lei ha approfittato della situazione e vedendoti distrutto ha colto la palla al balzo - dissi con le lacrime agli occhi.
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Ciò che gli occhi non vedono
Novela JuvenilLondra, 2017. Anna ha 17 anni e nella sua vita ne ha passate veramente tante. Proveniente da una famiglia dove suo padre e sua madre infliggono violenze su di lei ogni volta che ne hanno la minima possibilità, inizia a sviluppare una corazza che la...