CAPITOLO 23

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Edith continuò a progettare l'idea che le era venuta per tutto il resto della serata. Ci pensò fino alla fine della cena e proseguì anche quando tornò in camera: mentre si lavava i denti, mentre si spazzolava i capelli, mentre parlava con le sue compagne di argomenti superficiali, la sua mente era occupata da quel pensiero.
Continuava a pensare a Faith e Andrew seduti al tavolo e ripercorreva tutti i loro sguardi, tutti i loro gesti: sarebbero stati così perfetti insieme. Sapeva che non era solamente una sua percezione, ma che tutto il gruppo la pensava così, solo che si limitavano a fare qualche battuta di tanto in tanto e nessuno si sentiva davvero in diritto di incoraggiarli a fare un passo in più. Insomma, nessuno voleva affrettare le cose. Da una parte Edith era anche d'accordo, ma dall'altra vedeva davanti ai suoi occhi il tempo che scorreva veloce, velocissimo, e la fine del campo era ormai a un soffio.
Edith era convinta che fosse compito suo, in quanto sorella maggiore, trovare un modo per rendere felice sua sorella. Non doveva essere, però, un modo qualsiasi: doveva essere un momento speciale per entrambi, un momento che nessuno dei due si sarebbe scordato. Edith cercò di riportare alla mente i numerosi film romantici che la sorella amava riguardare all'infinito: le venne in mente il bacio di Sandy e Danny all'inizio di Grease, sulla spiaggia, ma scartò subito l'idea, perché al campo la spiaggia non c'era. Passò in rassegna tutti i baci memorabili dei film romantici: Bella ed Edward in Twilight, Tony e Maria in West Side Story, Amy e Laurie in Piccole Donne, e molti altri.
Dentro di sé, Edith si promise che avrebbe dato alla sorella un bacio paragonabile a tutti quelli su cui lei tanto fantasticava. Doveva solo trovare il momento giusto per farli incontrare... ma avrebbe avuto bisogno di aiuto. Nonostante fosse ormai notte inoltrata, Edith sporse il braccio e batté con la mano il materasso del letto sopra, sussurrando: «Grace, svegliati.»
In risposta, Grace si coprì il volto con il cuscino. «Ti detesto» mormorò, ma Edith non riuscì a capire se fosse rivolto a lei o a qualcun'altro. «Grace, per favore, svegliati» le ripeté.
Questa volta la ragazza sobbalzò sul materasso, facendo scricchiolare le molle. «Cos'hai?!» urlò a bassa voce. Fortunatamente Juliet e Sophie, le loro compagne di stanza, avevano il sonno pesante.
«Ho un'idea» mormorò Edith, emozionata per il pensiero che le era nato in mente.
«E tu mi hai svegliato nel cuore della notte per dirmi questo?» chiese Grace scocciata, sporgendosi sul letto sotto il suo.
«Non vuoi sapere l'idea?»
«Sinceramente preferisco dormire.» Si era già risistemata, quando Edith la stuzzicò dicendo: «Si tratta di Faith e Andrew.» A quelle parole, Grace si svegliò improvvisamente, affacciandosi nuovamente per guardare Edith. «Dimmi tutto» le disse, mentre scendeva per accomodarsi accanto all'amica.
Fu così che Edith le spiegò la sua idea. Condivise tutti i suoi pensieri, sul tempo che passava e la fine del campo ormai vicina, sul fatto che era ovvio che quei due si piacessero, che fossero troppo timidi per ammetterlo, ma che sarebbero stati troppo carini insieme e del resto se lo meritavano.
«Io ci sto,» approvò Grace «ma... come possiamo riuscire a farli incontrare per caso e a fargli confessare i loro sentimenti?»
«Non ne ho la più pallida idea, ecco perchè ti ho svegliato.»
Grace si premette le dita sulle tempie, tentando di ragionare. «Farli incontrare non è difficile: domenica sera Jeff dovrebbe darci serata libera, quindi, con una scusa, possiamo portarli nel bosco; tu porti Faith, io Andrew, poi scappiamo e li lasciamo da soli. Ma loro anche così sarebbero capaci di girarci attorno e comportarsi come sempre, quindi serve un chiaro segnale che gli faccia capire il motivo per il quale sono lì. Ci servirà anche l'aiuto degli altri.»
«Se vogliamo che accada domenica, dovremmo incontrarci o domani o sabato. Dobbiamo assolutamente tenerlo nascosto ai diretti interessati, però.»
«Adesso sono stanca, ne riparliamo domani» mormorò Grace lasciandosi sfuggire uno sbadiglio dalle labbra.
«Va bene, buonanotte» la salutò Edith, mentre tornava a fissare il materasso sopra di lei.

La mattina seguente Grace si svegliò con le prime luci dell'alba e subito le tornò alla mente la conversazione avuta con Edith durante la notte. Decise di uscire a fare una passeggiata per schiarirsi le idee, nonostante fosse consapevole che, se per caso qualcuno l'avesse scoperta, sarebbe stata nei guai. Facendo meno rumore possibile si infilò i primi vestiti che trovò, spazzolò velocemente i capelli e uscì.
Non appena chiuse la porta, non poté fare a meno di notare il silenzio che avvolgeva il campo a quell'ora della mattina. Si allontanò dalle capanne e si diresse verso il bosco, quando una lieve melodia le giunse alle orecchie: era talmente delicata che da non riuscire a distinguere lo strumento che produceva quelle note incantevoli.
Presa dalla curiosità decise di seguire la musica, avvicinandosi sempre di più al luogo dalla quale proveniva. Qualche istante dopo intravide una figura voltata di spalle, ma non la riconobbe finché non vide lo strumento che stava suonando: un violino. Grace sapeva per certo che c'era una sola persona al campo che suonava il violino: Noah.
Fece per andarsene, ma era come se la musica la trattenesse lì, con i piedi ancorati al suolo. Odiava ammetterlo, ma Noah era bravo, davvero molto bravo. Non sarebbe dovuta restare: stava invadendo un momento personale, era come se qualcuno l'avesse guardata mentre danzava a sua insaputa. Ma le dita di Noah erano così sciolte sulle corde dello strumento, producevano note affascinanti che si legavano perfettamente l'una con l'altra. Avrebbe voluto avvicinarsi di più, in modo da sentire meglio quella musica che tanto la emozionava. Si trovò a lottare con sé stessa: una parte di lei voleva soltanto andarsene, mentre l'altra desiderava avvicinarsi, anche solo di un passo. Va bene, solo un passo.
Peccato che, in quel breve avanzamento, Grace calpestò un ramoscello e, con esso, spezzò anche il perfetto idillio che la melodia di Noah aveva creato.
Lui tolse bruscamente l'archetto dalle corde, generando un leggero stridore, allontanò lo strumento dall'incavo del collo e si voltò per cercare la fonte di quel rumore che l'aveva interrotto. I suoi occhi marroni incontrarono quelli di Grace, la quale non aveva fatto in tempo ad andarsene.
«Buongiorno carissima, come mai sveglia di prima mattina?» la salutò sarcastico.
«Dovevo schiarimi le idee» rispose lei sinceramente.
«Riguardo a cosa?»
«Ti piacerebbe saperlo, eh?»
«Se non me lo vuoi dire, facciamo così. Obbligo o verità?»
«Verità.»
«Sono bravo a suonare?»
E, davanti a quella domanda, Grace non seppe più cosa rispondere.

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