CAPITOLO 41

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Quando Edith vide Oliver scendere dal palco, si rese conto che di lì a poco sarebbe cominciata la terza e ultima scena. Era stata per tutta la durata dello spettacolo appoggiata alle scale, dando un'occhiata di tanto in tanto a quello che succedeva lì sopra. Avrebbe voluto guardare tutto, imprimere nella sua mente ogni piccolo particolare, ma dall'altro lato sapeva che guardare significava accettare che tutto stava per finire. A questo proposito, il discorso di Oliver era stato per lei una pugnalata nel petto. "Le cose iniziano. Le cose finiscono" continuava a ripetersi nella testa. «Inizio, fine, inizio, fine, inizio, fine» sussurrò a bassissima voce, in modo da non farsi sentire.
Lei non voleva che finisse, non voleva tornare alla vita di tutti i giorni e andare avanti come se il campo non fosse mai esistito. È vero, sicuramente lei e i suoi amici sarebbero rimasti in contatto, si sarebbero incontrati di tanto in tanto, ma in cuor suo lei temeva che, a lungo andare, ai loro incontri sarebbe venuta sempre meno gente, che tutti avrebbero cominciato a inventare scuse e che lei sarebbe rimasta pian piano sola.
Seguendo il filo logico che il loro spettacolo puntava a rappresentare, se la prima scena simboleggiava l'inizio e la seconda quello che sta in mezzo, l'ultima era la fine.
Tutto in quel momento portava Edith a pensare alla fine, al di là dello spettacolo sentiva in sé una strana nostalgia, più forte di quella che sentiva di solito.
Edith guardò gli attori della terza scena salire sul palco, compresa la sua amica Grace. Si chiese se anche lei sentisse lo stesso, oppure se lei fosse felice di finire quell'esperienza.
Tutti gli attori erano seduti in cerchio, dandosi la mano, e la prima a parlare fu proprio Grace.
«Non posso credere che questo campo sia già finito. Io mi sono divertita così tanto.»
«Anche io» disse un'altra ragazza.
«Ma noi ci vedremo ancora, vero?» chiese uno dei ragazzi.
Lo scambio di battute continuò così, tra chi era triste, chi felice, chi spaventato e molto altro.
Alla fine Grace si alzò in piedi, guardando il pubblico, e disse: «Tutte le cose belle finiscono, dobbiamo solo imparare a vivere il momento, a scattare una foto mentale di tutto ciò che è davvero importante. Soltanto così le fini risulteranno più facili da accettare.»
Un enorme misto di applausi, risate e fischi di approvazione si levò dal pubblico. C'erano persino un paio di ragazze che piangevano, notò Edith sporgendosi lievemente dal lato del palco.
"È finito" pensò Edith, ma, in quell'esatto istante, sentì una mano posarsi sulla sua spalla.
«Sei pronta?» le chiese Logan.
Edith non aveva la minima idea di come rispondere: si era quasi dimenticata di dover salire sul palco quella sera. Stava per alzarsi per seguire Logan, ma improvvisamente si bloccò. Lui, notando la sua esitazione, le chiese se andasse tutto bene. Lei si limitò ad annuire, ma Logan sapeva che non era vero. Aveva già visto Edith andare in panico in momenti difficili e, nonostante si conoscessero da poco, di lei aveva capito una cosa: dubitava molto di sé stessa.
«Ho paura» sussurrò lei, lasciandosi andare il viso tra le mani.
«Ehi, Edith» le disse lui alzandole il volto: «di cosa hai paura? Sei una delle ragazze più talentuose che conosca. Non solo hai una voce bellissima, ma quanto canti ci metti tantissima passione, e questo si nota. Io quando ti sento cantare ho i brividi, davvero. Quindi adesso tu vieni con me, sali su quel palco e canti come solo tu sai fare.»
Edith sorrise, accorgendosi che, se c'era una cosa che voleva fare in quel momento, era cantare. È vero, non aveva mai cantato di fronte a così tante persone; ma, come diceva Logan, cantare era la sua passione e la rendeva felice. Perciò prese la mano che lui le aveva teso e lo seguì, pronta a salire non appena gli attori della terza scena fossero scesi.
Poco dopo Grace e gli altri ragazzi scesero dal palco e, quindi, Edith capì che era il loro momento di salire. Si voltò a destra per guardare Logan, una mano che teneva la sua e l'altra la chitarra. Edith gli sorrise, lui ricambiò, poi salirono sul palco.
Lei si avvicinò al microfono, che qualcuno aveva già provveduto a mettere sul palco; lui invece si sedette su uno sgabello. Edith prese un bel respiro, poi iniziò a cantare.
Non era stato facile scegliere la canzone da portare sul palco quella sera, ma, dopo averla sentita un pomeriggio alla radiolina che Janice si portava sempre appresso, capirono che era quella giusta: Counting stars.
Edith amava quella canzone, e subito si sentì immersa nelle note e nelle parole. Aveva appena intonato il ritornello quando, inaspettatamente, la voce di Logan si unì alla sua. Edith sentiva lo sguardo di lui su di sé, perciò decise di voltarsi per incontrare i suoi occhi. Continuarono la canzone così, guardandosi e sorridendo mentre sapevano entrambi che stavano facendo qualcosa che li appassionava davvero. C'erano state parecchie difficoltà ad ostacolare la loro esibizione, ma eccoli, più forti di sempre.
Il pubblico aveva iniziato a cantare con loro e a tenere il tempo con le mani, creando un'atmosfera magnifica. Quando finirono la canzone, Edith e Logan corsero ad abbracciarsi, facendo levare dal pubblico un grande applauso, forse il più lungo di tutta la serata. Erano felici e lo sapevano.
Ma, prima che potessero realizzare effettivamente la situazione, sul palco salì Maggie, che li abbracciò a sua volta, prima di lasciarli scendere.
«Ci tengo a fare i miei complimenti a tutti i ragazzi e le ragazze che hanno messo anima e corpo in questo spettacolo, che hanno dato fiducia alle mie parole rendendole vere, vive. Avete creduto in me quando neanche io lo facevo e ve ne sarò grata per sempre. Ringrazio di cuore, a nome mio e di tutto il gruppo di teatro, la figura che ci ha accompagnato in questa avventura: Janice. Ringrazio anche il gruppo di disegno, che ha dato la sua disponibilità per la realizzazione di tutte le sceneggiature che avete visto questa sera. Ringrazio anche voi, che questa sera ci avete guardato, apprezzando il nostro lavoro e riempiendoci di affetto e applausi. Un enorme grazie anche a tutti gli educatori del Wilson Camp, ma soprattutto a Jeff, che da anni gestisce questo campo e regala a tutti un'esperienza magica.»
«Hai dimenticato un ringraziamento» gridò una voce alle sue spalle.
Maggie si girò e vide Alex, con al seguito tutto il gruppo di teatro, che reggeva un grande cartellone. All'inizio non capì, ma poi lesse che al centro c'era scritto "Grazie Maggie" e attorno vi erano tutte le firme dei ragazzi del gruppo.
Alex raggiunse il microfono e disse: «Ci tenevamo a ringraziarti per tutto quello che hai fatto per noi, oltre che per aver pensato e realizzato questo magnifico spettacolo, per aver creduto nelle nostre capacità e per aver saputo usarle al meglio. Anche se non sempre te ne rendi conto, hai un grande talento e riesci a realizzare qualsiasi cosa tu ti metta in testa. Io stesso ho imparato tanto da te, e non so come ringraziarti. Anzi, a dire il vero nessuno di noi conosce un modo adeguato per dirti grazie, perciò ho pensato che questo pezzo di carta ricoperto dei nostri nomi e questo discorso improvvisato potessero bastare, anche se sappaimo tutti che non basteranno mai. Ma almeno è un inizio, perciò grazie di cuore, Margaret.»
«Alexander, sei un pazzo» disse lei con le lacrime agli occhi: «ma ti voglio un gran bene. Anzi, ne voglio a tutti voi.»
Maggie si fiondò verso Alex, abbracciando lui e gli altri. Alla fine del giro di abbracci sul palco salì Jeff che, dopo aver abbracciato a sua volta la ragazza dai capelli di rame, prese il microfono per gli ultimi ringraziamenti.
«Odio essere ripetitivo, quindi non mi dilungherò a ringraziare tutti uno per uno, poiché Maggie è già stata più che esaustiva. Vi ringrazio solamente per queste tre settimane indimenticabili, che però non sono ancora finite. Manca l'annuncio che tutti voi aspettate, ovvero la squadra vincitrice. Prima, però, vi ricordo che il resto della serata sarà per voi libera.»
In quel momento salì sul palco una delle educatrici del campo, che aveva anche il ruolo di segretaria di Jeff, con una busta in mano.
Jeff la prese, l'aprì con estrema calma e ne estrasse un foglio.
«All'ultimo posto, i rossi.»
Esclamazioni di dissenso si diffusero tra il pubblico, poi Jeff riprese la parola.
«Al terzo posto, i verdi. Adesso volete il primo o il secondo posto?»
Quasi la totalità del pubblico urlò "il primo" perciò Jeff li assecondò.
Erano tutti lì, mano nella mano, a godersi quegli ultimi minuti, quell'ultima parola che avrebbe messo un punto all'intero campo.
«Vincono la ventunesima edizione del Wilson Camp... i blu!»

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