La terza e ultima settimana al campo Wilson era iniziata e, con questo, si era sempre più vicini alla serata finale: l'intero gruppo di teatro era in agitazione per la messa in scena del loro spettacolo. Il lunedì pomeriggio si trovarono, come di consuetudine, nella loro aula, per fare il punto della situazione.
Quando tutti furono entrati, la prima a parlare fu Maggie: «Allora, rivediamo velocemente il copione da capo.»
«Da capo? Per forza?» esclamò Alex.
«Sì, Alexander, da capo» rispose seccamente Maggie, poi continuò: «Noah, tu suonerai la musica di apertura prima del mio discorso introduttivo, che presenterà ciò che segue. George introdurrà poi la prima scena, che ha come tema centrale l'arrivo al campo, e Chris ne sarà protagonista. Non ho intenzione di ripetere tutto ciò che accade, perché lo sapete già. Dylan farà un breve pezzo con la chitarra per staccare prima del discorso introduttivo alla seconda scena, che sarà fatto da Andrew, mentre i protagonisti saranno Cora e Nate, anche se la loro parte non sarà interamente recitata, bensì suonata in parte da Alex e Bonnie. Quindi gli attori da un certo punto della scena in poi interagiscono tra loro ma non parlano, perché a sostituire la voce ci sono gli strumenti.»
Si fermò un attimo e guardò Edith: «Questa parte è da provare ulteriormente, segnatelo.»
Fece una breve pausa, per poi proseguire: «Oliver reciterà l'introduzione alla terza scena, nella quale ci saranno Violet, Harry, Grace ed Ethan. Per finire lo spettacolo avremo una conclusione musicale con Logan, alla chitarra, ed Edith come voce; infine concluderò sempre io con i ringraziamenti. Tutto chiaro?» domandò.
«Mi sembra ovvio, l'abbiamo ripetuto circa una trentina di volte in tre giorni» borbottò Noah, che stava accordando il violino dal lato opposto della stanza.
«Non è mai abbastanza» rispose Maggie. «Come ho concordato con Janice, oggi, domani e mercoledì saranno gli ultimi giorni per lavorare singolarmente sulla propria parte, cercando di perfezionare tutto ciò che ancora non è perfetto; giovedì faremo una prima prova collettiva in questa stanza, venerdì sul palco e sabato faremo la prova generale con la sceneggiatura montata. Come sapete, domenica ci sarà lo spettacolo. Ora, quindi, provate la vostra parte, che sia recitata, suonata o cantata, anche a piccoli gruppi, per far sì che per giovedì tutto sia ultimato. Consiglio a tutti di isolarsi il più possibile per evitare distrazioni, quindi siete autorizzati a lasciare la stanza.»
Noah aveva già un'idea riguardo come avrebbe passato quel pomeriggio, quindi si diresse con passo sicuro dal fratello.
«Alex?» lo chiamò.
Alex non sentì l'esclamazione, o finse di non sentirla: era immerso nei suoi pensieri.
«A-L-E-X» scandì Noah. «Mi senti?»
Lui si voltò improvvisamente. «Che c'è?» chiese con tono spento, assolutamente non da lui.
«Dovrei provare le parti di introduzione, perché come sai la mia non è ancora stata decisa, e mi serve qualcuno che mi ascolti e mi faccia notare cosa va bene e cosa no. Come al solito.»
«Scusa, Noah, stavolta non posso. Sono con Bonnie, sai? Dobbiamo fare il duetto insieme e non è così facile.»
«OK, ma puoi fare uno strappo alla regola, no?»
Alex stava per rispondere, quando Maggie esclamò: «Chiunque partecipi alla seconda scena rimanga, la parte è complessa ed è necessario provarla tutti insieme.»
«Lo dice anche Maggie, visto? Mi dispiace» sussurrò Alex al fratello, per poi dirigersi lentamente verso la ragazza dai capelli rossi.
Noah era sorpreso, decisamente sorpreso: quello non era l'Alex che conosceva. Doveva essere successo qualcosa.
Stava per tornare da lui, quando una voce lo fece voltare: «Non sarò esperta come tuo fratello, ma se vuoi posso ascoltarti io. Sarò tremendamente sincera, ovviamente.»
«Non intendo chiederti perché ci stavi ascoltando, quindi mi limiterò ad accettare la tua proposta.»
Grace stava per controbattere trionfante, quando Noah aggiunse: «E non pensare che io lo faccia per te, ma ho bisogno di qualcuno e a quanto pare sei l'unica rimasta. Vedi di non farti influenzare troppo dal disprezzo che provi nei miei confronti.»
«Mi sembra giusto» disse lei.
«Perfetto, adesso che abbiamo messo in chiaro questo possiamo andare.»
«Dove, esattamente?» domandò Grace incredula.
«Nel bosco, mi sembra ovvio.»Grace non era del tutto concorde all'idea di Noah, ma ormai si era proposta per ascoltarlo e non poteva più tirarsi indietro. Lui le disse che sarebbero andati nel posto dove si erano incontrati per caso una delle mattine precedenti.
Grace lo osservò mentre camminava, almeno due passi davanti a lei: con una mano teneva la custodia del violino, con l'altra il libretto degli spartiti, anche se, conoscendolo, per lui era solo una pura formalità.
Dopo averlo sentito suonare quella mattina, Grace non riusciva più a togliersi dalla testa quelle note, così piene di emozioni. Era anche per questo che si era offerta di ascoltarlo: voleva sentire ancora quella magia.
Quando furono arrivati, Noah si sedette subito su un masso, mentre Grace rimase in piedi, appoggiata a un albero e con le braccia incrociate sul petto.
«Per favore, siediti» le disse Noah con tono pacato, ma lei lo ignorò.
«Siediti o vengo lì e ti trascino io. Non mi piace che la gente mi guardi suonare da in piedi mentre io sono seduto. È disturbante.»
«Scusami, principe.»
Dopo che si fu seduta, gli domandò cosa avrebbe suonato.
«Non importa cosa, l'importante è come» rispose lui filosofico. Vedendo che lei non capiva, le porse il libretto dicendole: «Apri a caso, suonerò quello che capiterà.»
Grace obbedì, facendo scorrere lentamente le pagine tra le sue dita, finché, ad un certo punto, si fermò su una pagina mostrandola a Noah: «Ecco.»
«È perfetto» rispose lui a fior di labbra, osservando brevemente la pagina indicata da Grace prima di togliere il violino dalla custodia e prepararlo per essere suonato. Dopo averlo incastrato perfettamente tra la spalla e il mento e aver preso l'archetto, iniziò a suonare.
Le note si susseguivano una dopo l'altra, lente e poi veloci, lievi e poi forti. L'archetto scivolava velocemente sulle corde, colpendole nel punto giusto, con la forza giusta. Grace era rapita, ancor più di quanto lo fosse la volta precedente. In quel momento c'erano solo lei, Noah e la sua musica: dimenticò tutte le cose negative che aveva pensato o detto su di lui. Sarebbe rimasta ad ascoltarlo per ore.
All'improvvisò, però, si ricordò. Maggie. Aveva promesso a Maggie che quel pomeriggio avrebbe imparato la sua parte per lo spettacolo. Come aveva fatto a dimenticarselo?
La bolla nella quale era stata catturata dalla musica di Noah scoppiò nell'esatto istante in cui questo ricordo le tornò alla mente. La musica faceva ormai da sottofondo ai suoi pensieri, che la stavano sommergendo. Avrebbe potuto dirlo a Noah, magari avrebbe capito, ma si sarebbe sentita terribilmente in colpa. Aveva preso un impegno e ora doveva mantenerlo. La musica stava sfumando e Grace dovette tornare alla realtà.
«Quindi, com'era?» le chiese Noah.
«Magnifica» rispose lei, con estrema sincerità.
«Qualche appunto da fare?» domandò lui con fare tagliente.
Quello che aveva tutti i presupposti per diventare uno scambio di battute assai divertente venne troncato sul nascere da Grace, che disse: «No, niente, ma potresti risuonare l'ultima parte?»
«Da dove?» chiese lui lanciando un'occhiata allo spartito, anche se non l'aveva guardato per l'intera durata del brano.
«Dalla parte in cui la musica rallenta» rispose Grace, che non aveva la minima idea di come si leggessero quelle note, così intricate ai suoi occhi.
Noah imbracciò nuovamente il violino, posò l'archetto sulle corde e riprese a suonare. Grace era pronta a tornare nella bolla, ma questa volta la magia non accadde: non era colpa di Noah, ma sua. Sua e dei suoi pensieri. Non appena la musica cessò nuovamente, lui le porse la stessa domanda di prima, alla quale lei rispose con un semplice: «Sei stato bravissimo.»
Lui sentì che c'era qualcosa che non andava nel tono di Grace, perciò ripose il violino nella sua custodia, poi si girò per guardarla negli occhi.
«Ehi, tutto apposto? Ti ho emozionato troppo?»
«No, non è quello. Cioè sì, tu sei bravissimo e, odio ammetterlo, ma sei spettacolare quando tocchi quelle corde, solo che...»
«Solo che...»
«Solo che avevo promesso a Maggie che avrei imparato oggi la mia parte» confessò lei tutto d'un fiato.
«E questo sarebbe un problema?»
«Sì, perchè se non la imparo mi sentirò in colpa con lei per non aver mantenuto la parola, ma se me ne vado e ti lascio qui mi sentirò in colpa con te per non aver mantenuto l'impegno e–»
Prima che potesse aggiungere altro, Noah sollevò un dito e lo portò alle labbra di Grace.
«Silenzio, non c'è altro da dire. Per quanto certe volte io ti detesti, devo ammettere che metti sempre gli altri al primo posto. E questo è un bene, come è anche un male.»
«Un male? Per quale motivo dovrebbe essere–»
«Sei pregata di non interrompermi. Stavo dicendo... mi hai fatto perdere il filo, cazzo. Stavo pure dicendo delle belle cose, mi stavo sforzando...»
«È un male perché poi mi dimentico di me stessa.»
«Esatto, è proprio quello che volevo dire. Non puoi dimenticarti di te per gli altri. So che non possiamo cambiare la nostra natura: tu non puoi smettere di pensare agli altri, come io non posso smettere di riuscire così bene in tutto quello che faccio.»
A quest'ultima affermazione, Grace rise.
«Dobbiamo, perciò, trovare un equilibrio tra quello che ci permette di respirare e quello che ci impedisce di farlo.»
«William Shakespeare, signori e signore» ironizzò Grace.
«Questa è la Grace che conosco» rise Noah scompigliandole i capelli.
«Grazie, Noah. Davvero. Mi rifiuto di abbracciarti, ma fingi che io l'abbia fatto.»
«Sarà fatto. Ora, impariamo la tua parte?»

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Intrecci di stelle
Teen FictionSotto il cielo stellato della prima sera al Wilson Camp, Faith e Andrew si incontrano. Da lì tutto cambia, perché questa non è solo la storia di Faith e Andrew. Infatti, da quel semplice e casuale incontro, si creerà una serie di amicizie, molte nat...