CAPITOLO 29

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«Allora,» esordì Maggie quel pomeriggio, durante il solito incontro di teatro: «visto che ieri ci sono stati riscontri positivi durante le prove separate, ripropongo lo stesso metodo, confidando che ognuno di voi riesca a perfezionare la propria parte. Io sarò qui a finire di scrivere i ringraziamenti, però per qualunque cosa non esitate a chiedermi.»
«Ehi, vieni con me? Ho bisogno che tu mi ascolti...» sussurrò Andrew, sorprendendo Faith con un abbraccio da dietro.
«Scusa, devo occuparmi della sceneggiatura» rispose Faith sospirando.
Anche se Faith faceva parte del gruppo di disegno, qualche giorno prima Steven aveva chiesto a Janice questo piccolo trasferimento, in modo che la sceneggiatura potesse essere realizzata nella maniera più coerente possibile agli ideali del gruppo di teatro. In realtà, tutti i componenti del gruppo di disegno sapevano che Steven l'aveva fatto perché la stanza di teatro era molto più grande di quella dedicata al disegno.
«Sono sicura che se te ne vai via per un po' non succederà niente.»
«Andrew... non posso.»
«Chiediamo a Maggie... Maggie! Faith può venire a sentirmi provare, vero?»
«Certamente» rispose Maggie ridendo. «Non posso dire di no a voi due.»
Con l'autorizzazione di Maggie, i due uscirono mano nella mano, andando quasi senza rendersene conto nel luogo del loro primo bacio. Era un luogo qualsiasi, uno squarcio di bosco come tanti, ma ai loro occhi appariva come qualcosa di assolutamente magnifico.
«Tu hai il discorso introduttivo vero?» domandò Faith, seduta su un ceppo di legno.
«Sì, quello alla seconda scena» rispose Andrew sistemando i fogli che teneva tra le mani. Lui era uno dei pochi, oltre a Maggie, a possedere il copione completo; quasi tutti gli altri avevano solo la parte relativa alla loro scena. Nonostante fosse solo una questione riguardante la disponibilità della carta, sentiva uno strano senso di importanza a tenere tutto il loro lavoro, o, per meglio dire, quello di Maggie, tra le mani.
«Dammi qui» disse Faith prendendogli il copione dalle mani, per ravvivare un po' l'atmosfera. Andrew era teso a recitare davanti a lei, e lei lo sapeva.
«Allora, leggiamo un po'. La seconda scena ormai la conosco: c'è il tuo discorso, poi suonano Alex e Bonnie. Fammi vedere il resto» disse Faith, girando le pagine fino ad arrivare alla prima scena.
«Dove sono finito? Che ci faccio qui? Non è un posto che conosco, vedo che ci sono degli alberi, delle casette, e tante tante persone.  Ah si, sono a quello stupido campo estivo. Io non ci volevo neanche venire, mi ha obbligato mia madre. Continuava a ripetermi che mi sarei fatto nuovi amici e che mi avrebbe fatto bene stare un po' all'aria aperta. Spoiler sono allergico al polline. Per quanto io ci possa provare, non riuscirò mai a farmi un amico che sia uno, mia madre crede fin troppo nelle mie capacità di socializzazione. Magari troverò anche qualcuno con cui fare due parole e qualche battuta, ma la cosa finirà lì, perché nessuno sarebbe davvero interessato a essermi amico, no? Sono così solo, tutti già si conoscono mentre io non conosco nessuno. Cos'è questo, un volantino? Ah, è il volantino del campo, non mi sono neanche preso la briga di guardarlo. Qua dice che ci sono dei gruppi sportivi. C'è il gruppo di pallavolo, non lo sapevo"» recitò Faith, falsando la voce per entrare in quello che avrebbe recitato Chris. «Davvero c'è il gruppo di pallavolo? Strano che Edith non ci partecipi, a lei piace così tanto.»                                        «Io sono negato per lo sport, in particolare– hai detto pallavolo?»                                                                  «Sì, perché? C'è qualcosa di male?»

«No, cioè, sì.»
«Andrew, spiegati meglio per favore...»
«La pallavolo era...» mormorò Andrew quasi singhiozzando, gli occhi che pian piano si riempivano di lacrime.
«Andrew,» esclamò Faith, sorpresa di vederlo così: «tutto bene?»
«Faith, la pallavolo era...»
«Cos'era, Andrew?» gli disse prendendogli le mani. «Lo sai che puoi dirmi tutto.»
«La pallavolo era lo sport di mio padre.»
«Oh... adesso non gioca più?» domandò Faith ingenuamente
«No Faith, come potrebbe? Lui non... non c'è più» sussurrò Andrew singhiozzando.
Quelle parole fecero breccia nel cuore di Faith. Lei non lo sapeva, non se lo aspettava affatto. Andrew non gliene aveva mai parlato, in fondo, perché avrebbe dovuto? Si vedeva che Andrew soffriva, quindi doveva aiutarlo a star meglio, in qualche modo.
«Ne vuoi parlare?» domandò lei con voce lieve, avvicinandosi.
«So che a volte tenersi tutto dentro potrebbe sembrare la scelta migliore, ma fidati che non lo è, e non lo dico tanto per dire, ma perché ti posso assicurare che è vero. Magari temi che un qualcosa che per te riveste una grandissima importanza perda valore a venir esternato, ma se lo racconti a qualcuno disposto ad ascoltarti e pronto a capirti, ti sentirai solamente sollevato. Tu mi hai ascoltato e io adesso, se tu lo vorrai, sono pronta a fare lo stesso.»
Andrew cercò di asciugarsi le lacrime e poi iniziò a raccontare il suo più grande segreto alla persona che più si meritava di saperlo.
«È successo due anni fa, in un incidente stradale. Era una giornata normalissima, un martedì come un altro. Papà stava tornando dal lavoro e noi lo stavamo aspettando per cenare. Passarono i minuti, le ore: non arrivava. E poi squillò il telefono.»
Andrew si fermò: rivivere tutto non era affatto semplice.
«Io amavo mio padre, era il mio idolo. L'ho sempre ammirato. Solo che non avevamo niente in comune nel concreto. Nessuna passione che ci accomunasse e ci permettesse di trascorrere quello che viene solitamente definito del tempo padre–figlio. Lui amava la pallavolo, era stato il suo sport per tutta la sua infanzia e adolescenza. E, come ogni padre con il proprio figlio, cercò di trasmettermi la sua passione. Giocai anche, per un periodo, ma ero davvero pessimo, anzi, lo sono. Mi dicevo che con il tempo avremmo trovato qualcosa che ci accomunasse, ma il tempo ha deciso di giocarmi un brutto scherzo. Ogni giorno che passa continuo a pensare a come sarebbe averlo qui ancora. Se potessi tornare indietro, non sprecherei un solo secondo con lui, non mi perderei in stupide litigate o in capricci. Vorrei solo averlo qui, abbracciarlo un'ultima volta per dirgli che gli voglio bene. Gliene vorrò sempre.»
Ora era Faith ad avere gli occhi pieni di lacrime.
«Sono sicura che lui sapeva quanto lo amavi e che lui ti amava allo stesso modo, se non di più. E non è sicuramente una passione comune che definisce un rapporto. Tu sei specialissimo, sono sicura che tuo padre se ne rendeva conto, più di quanto te ne rendi tu.»
Faith si avvicinò per lasciare ad Andrew un bacio sulla guancia, per poi stringerlo in un abbraccio.
«Non ti lascerò mai andare» gli sussurrò.
«Neppure io» rispose lui, lasciandosi andare tra le braccia dell'unica persona con cui voleva essere in quel momento.

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