CAPITOLO 16

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«Bene, ci siamo tutti, finalmente» annunciò Maggie, dopo che Alex ebbe varcato la soglia della stanza dedicata al laboratorio di teatro. Ormai tutto il gruppo la considerava il proprio punto di riferimento, dato che era stata sua l'idea su cui si basava l'intero spettacolo.

«È tempo di cominciare a concretizzare qualcosa» continuò lei: «I musicisti vadano da quella parte, così ci organizziamo per le parti musicali. Tutti gli altri restino qui e pensino al discorso d'apertura. Edith, ti affido la coordinazione.»

Un lieve rossore comparve sulle guance di Edith. Davvero le era stata affidata tale responsabilità? E perché proprio a lei?

Mentre il suo gruppo iniziava a buttare giù le proprie idee per il discorso d'apertura, dall'altra parte della stanza Maggie e i musicisti erano ancora in alto mare.

«Dobbiamo avere delle idee chiare e precise» disse Maggie prendendo un foglio, dove aveva già segnato i nomi di tutti i musicisti, con accanto lo strumento da essi suonato.

«Allora...» cominciò Maggie leggendo il foglio che aveva davanti. «Noah Harrison, tu suoni il violino, ce l'hai qui giusto?» Lui annuì. «Perfetto, suoni da solo?» Annuì per una seconda volta. «Per quanto riguarda il pezzo, scegli un paio di brani su cui sei sicuro così la prossima volta lo selezioniamo in base a ciò che serve.» Lui non resistette dal fare una delle sue solite battutine sarcastiche. «Solo un paio? Ma io so suonare alla perfezione qualsiasi brano.»

Maggie gli rifilò un'occhiataccia, ma Noah non ci fece caso, perché si era già disperso e posizionato schiena contro il muro.

«Il prossimo è Alexander Harrison, clarinetto. Aspetta, Alexander sei tu?» domandò lei in direzione di Alex.

«Mi hai scoperto» ammise lui con fare colpevole. «Il mio nome completo è Alexander, ma, per favore, chiamami solamente Alex.»

«Ai suoi ordini, Alexander» ribatté lei, sorridendo. «A parte questo, tu suoni il clarinetto e, se non sbaglio, abbiamo un'altra ragazza che lo suona... ecco: Bonnie York.»

«Sì, sono io» mormorò una ragazza mora al centro del gruppo.

«Perfetto,» annunciò Maggie: «potreste fare un duetto, che ne dite?»

Alex fu preso alla sprovvista da quella proposta: non sapeva se Bonnie avesse voluto avere a che fare con lui dopo... beh, dopo tutto quanto.

«Io la trovo un'idea...» provò a dire.

«Fantastica! La trovo un'idea fantastica» completò per lui Bonnie.

I due si guardarono, complici che quel duetto era proprio quello di cui avevano bisogno. Nell'angolo contro il muro, il volto di Noah si rabbuiò.

«Andiamo avanti... Dylan Brown e Logan Morris suonano la chitarra acustica. La chitarra, quella acustica per lo meno, solitamente fa da accompagnamento, giusto?» I due annuirono. «Quindi mi viene naturale pensare che cantiate anche.»

«Certamente» rispose prontamente il primo. Maggie si rivolse, quindi, all'altro: «E tu?»

«Io, veramente... accompagno mia sorella, di solito» ammise lui.

Maggie annuì, poi diede una lettura veloce al foglio che aveva tra le mani, dicendo: «A quanto vedo nessuno canta...»

Poi si ricordò improvvisamente di una cosa: «EDITH!» chiamò a gran voce.

La ragazza si alzò per poi muoversi verso l'amica e domandò: «Hai bisogno di qualcosa?»

«Ho bisogno che tu canti. Alla festa finale. So che forse non te la...»

«Lo farò» disse sicura Edith. Sentiva tutto il corpo in fibrillazione: avrebbe cantato, davanti a tante persone, per davvero. Questa era la sua occasione e non poteva perderla.

A fine pomeriggio tutti i musicisti avevano il loro ruolo e il discorso d'apertura era stato scritto in maniera eccellente.

Bonnie York si era innamorata di una sola persona nella sua vita: Noah Harrison, il fratello gemello del suo migliore amico. Sapeva dal principio che non avrebbe potuto funzionare, quindi, dopo aver confessato i suoi sentimenti a Noah, se ne andò senza avere il tempo di sentire la sua risposta e scomparendo definitivamente dalla vita dei due fratelli. Noah le era mancato - come poteva non mancarle? -, ma mai quanto Alex, la persona migliore che potesse capitarle come migliore amico.

E, adesso che il campo li aveva fatti reincontrare, non poteva semplicemente lasciar perdere, ma aveva paura, perché magari lui la odiava per essere scomparsa dalla sua vita senza spiegazione e, in quel caso, non avrebbe saputo come comportarsi.

«Tutto bene? Ti vedo un po' pensierosa...» le domandò una voce. Quella voce altra non era che quella di Faith, capitata come compagna di stanza di Bonnie. Vedendola, Faith aveva pensato che, se fosse stata lei a trovarsi in quelle condizioni, sicuramente Edith le avrebbe parlato e, dato che di solito la aiutava molto sfogarsi, pensò che, magari, avrebbe aiutato anche Bonnie

«Sì, solo che... vorrei riallacciare con un mio caro amico, ma non so se lui voglia lo stesso. Non mi sono comportata, come dire... in maniera esemplare, con lui. Temo che mi odi» si confidò Bonnie tutto d'un fiato.

«Se è una persona che ti fa stare bene, devi lottare per averla. Non te ne pentirai. E sono sicura che anche lui sente la tua mancanza» la rassicurò Faith.

Le due si conoscevano a malapena, ma si scambiarono un fugace abbraccio di gratitudine.

«È quasi ora di cena, andiamo?» propose Faith. Le due uscirono, chiacchierando del più e del meno.

Mentre si incamminavano verso il padiglione centrale videro una scena che le lasciò entrambe a bocca aperta: appena fuori da una capanna, Grace cercava di recuperare un pettine che Noah, molto più alto di lei, teneva nella mano sopra la sua testa. «Dammelo» implorava lei cercando di afferrarlo saltando.

«Dovrai passare sul mio cadavere» ribatteva lui.

"Ha trovato un'altra..." pensò Bonnie affranta, anche se la vita sentimentale di Noah non la riguardava affatto.

«Che carini, sono proprio una bella coppia» disse invece, cercando di mascherare l'invidia.

«Coppia?! Ma scherzi? Mi sa che ti sei fatta un'idea sbagliata, quei due si odiano a morte» esclamò Faith ridendo.

Ma, appena si girò, Bonnie era sparita.

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