CAPITOLO 30

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Il mercoledì era l'ultimo giorno per le prove individuali, e Bonnie e Alex stavano provando per l'ennesima volta la loro parte, che era decisamente difficile, perché dovevano riuscire a coordinarsi con gli attori e combinare armoniosamente gesti e musica. Ma loro erano sempre stati bravi quando si trattava di suonare insieme; da soli erano dei clarinettisti come altri, in due erano semplicemente meravigliosi.
«Perfetto! Potete prendervi una pausa» annunciò Maggie ai componenti della seconda scena, appena finirono di provarla.
«Facciamo due passi?» domandò Alex all'amica.
«Certo» rispose lei, avvicinandosi all'uscita della stanza di teatro.
«Sai, Bonnie,» cominciò Alex, le mani dietro al schiena e lo sguardo basso: «in questi due anni tu mi sei mancata moltissimo, davvero. Non so se capisci come è stato perdere la mia migliore amica dall'oggi al domani. Per tutto questo tempo, anche se ero abbastanza consapevole del motivo per cui te ne fossi andata, pensavo, sotto sotto, che avessi detto o fatto qualcosa che ti aveva costretta a sparire così, di punto in bianco. Parlandone con Noah ho scoperto che si addossa tutta la colpa di quanto è accaduto, ma, pensandoci, sono arrivato alla conclusione che non è colpa di nessuno: né mia, né di Noah, né tantomeno tua. Io l'ho capito, perciò per me è tutto come prima, ma per Noah non lo è affatto, lui vive con questo rimorso da due anni. Quindi, ti chiedo due cose, Bonnie: la prima è di parlare con lui e fargli capire che non ha colpe, che è stato solo uno stupido fraintendimento; la seconda è di non sparire mai più, altrimenti non ti farò tornare così facilmente nella mia vita.»
Alex disse quelle parole tutte d'un fiato: gli uscirono naturali, come se fossero state lì, nascoste da qualche parte, per due anni.
Bonnie lo guardò stupita, non si aspettava tutto ciò proprio in quel momento.
«Posso solo immaginare come ti sei sentito, ma sappi che io non ho vissuto questi ultimi due anni così a cuor leggero come potresti pensare. Ci sono stata male, e molto. Sarei potuta tornare, da te almeno, ma il mio ego ha avuto la meglio; lo sai che sono testarda, questo è e resterà sempre un mio grande difetto. Ma, come hai detto, tu non hai colpe di ciò che è successo. Se tornassi indietro non rifarei lo stesso errore, lo posso giurare. E hai ragione: non ho ferito solo te, ma anche tuo fratello. È da un po' che vorrei parlargli, ma non so se lui è disposto a farlo.»
«Non hai risposto alla seconda richiesta.»
«Sì, Alex, resterò.»
I due si abbracciarono, felici di sapere che era tornato tutto come prima, almeno in parte.
«Dopo teatro lo fermerò con una scusa e vi farò parlare» disse Alex, per poi dirigersi nuovamente verso la stanza del teatro.

Una volta finite le prove, Alex vide Noah uscire da solo, con la custodia del violino nella mano. Sembrava assorto nei suoi pensieri, ma Alex decise di interromperlo. Si avvicinò al fratello con una stupida scusa: «Ehi, Noah, come sono andate le prove?»
«Come al solito» rispose lui con un'alzata di spalle.
«Mi chiedevo– cioè, voglio dire, c'è una persona che vorrebbe parlare con te.»
«Stai parlando di te stesso in terza persona?»
«No, sta parlando di me» disse Bonnie, apparendo all'improvviso dietro di Alex, più sorpreso di Noah dalla sua comparsa.
«Tu da dove sbuchi?» domandò Alex, per poi sussurrare: «Non stai rispettando il piano.»
«Sapete che vi sento?» commentò Noah.
«Non voglio nessun piano contorto che corrompa la mente di Noah e lo faccia credere che io gli stia parlando sotto tortura» ammise Bonnie. «Io gli voglio davvero parlare. Una volta per tutte.»
«Quindi io posso andare» annunciò Alex voltandosi e raggiungendo Dylan, che si stava dirigendo verso la loro capanna.
Nessuno dei due obiettò, ma, quando rimasero soli, nessuno sapeva cosa dire.
«Allora» iniziò Bonnie.
«Allora» la seguì Noah.
«Quello che ho fatto è stato un grande errore, su questo non ci piove. Ho abbandonato senza spiegazioni una delle persone più importanti della mia vita, perché poi? Perché avevo paura. Paura di perdervi entrambi in un colpo solo, perciò ho deciso di allontanarmi per prima. Non potevo più rimangiarmi quello che avevo detto e continuare ad essere amica di Alex, continuare a vederti ogni volta che venivo a casa vostra, oppure alle lezioni di musica quando ci aspettavi, sarebbe stato troppo umiliante. Sono stata tanto egoista, troppo. In questi due anni non ho fatto che pensarci e ripensarci, e ho capito che il mio errore più grande non è stato sparire, ma credere di essermi innamorata di te. Sono arrivata alla conclusione che non ero innamorata di te, ma dell'idea di te: mi piaceva l'idea del ragazzo misterioso e irraggiungibile. Ho iniziato a farmi migliaia di film mentali, uno dopo l'altro. Mi ero innamorata dell'amore.»
Mentre parlava, Bonnie cercava trattenere le lacrime che le riempivano gli occhi e lottavano per uscire.
«Chi non si è mai innamorato dell'amore?» disse Noah, sorridendo. «L'amore ci attrae perché non sappiamo bene cos'è; ci attrae il rischio, ci attrae l'ignoto. Siamo tutti innamorati dell'amore, in fondo. Anche io, che penso di aver usato la parola amore tre volte in vita mia. Non devi scusarti per questo. Anche io ho le mie colpe: non dovevo stare zitto, facendolo ho peggiorato ancora di più la situazione, ne sono consapevole. Dovevo dirti qualcosa, dovevo farti rimanere. Se non per me, almeno per Alex. Sono rimasto due anni in balia dei sensi di colpa, perché non so trattare le emozioni degli altri, e a dire il vero neanche le mie. È stata solo una stupida incomprensione» concluse Noah.
«È durata due anni, ma sì, è così.»
«L'importante è che adesso sia tutto risolto, non lo pensi anche tu?»
«Hai ragione» disse lei, slanciandosi in un abbraccio.
Noah non se lo aspettava affatto, perciò si irrigidì mentre le braccia di lei lo avvolgevano.
«Lo sai che odio gli abbracci.»
«Infatti, lo so, ma, se non ci apriamo a nuove esperienze, resteremo per sempre sulla nostra isoletta in mezzo al mare.»
«La mia isoletta mi piace.»
«Ma il mare è molto più bello.»

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