PAPÀ

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Jacopo aveva il viso pallido costellato di puntini rossi. Non si sentiva nemmeno così bene, in realtà: aveva qualche linea di febbre. Manuel, allora, lo mise a letto e gli ordinò di non muoversi e di provare a dormire un po'.

<Papà> lo richiamò prima che potesse uscire dalla stanza.

<Sì?> si girò a guardarlo, avvicinandosi di nuovo al letto e sedendosi lì accanto.

<Ma stasera non usciamo a fare dolcetto o scherzetto?> aveva gli occhi rossi, forse per la febbre, forse risaltavano di più in quel viso pallido, forse perché stava semplicemente per piangere.

<No Jaco... non stai bene e fuori fa tanto freddo. Il prossimo anno però lo recuperiamo> gli sfiorò il viso. Era caldo e liscio.

<Se lo chiedo a Papà Simone mi fa andare...> s'imbronciò. Assomigliava un po' a Simone quando incrociava le braccia e gonfiava le guance per la rabbia.

<Nun credo che papà Simone ti lasci uscire. Vedi che tra i due quello buono so' io!> scherzò con un sorriso. Con un dito gli sfiorò il nasino.

<Non è vero. Tu mi dici sempre di no! Lui mi fa andare!> continuò la pantomima solo per convincere il padre. Sotto le coperte iniziò a muovere i piedi, come se volesse far sollevare Manuel dal letto, continuando a fare i capricci.

<Lo chiamo e glielo chiedo se vuoi ma nun te fa uscire. Hai la febbre e la varicella. Vuoi che i tuoi amichetti la prendano per colpa tua?> Manuel si sollevò e prese il cellulare che teneva in tasca. Fece finta di chiamare "Simo<3".

Iniziò ad intrattenere una falsa conversazione con lui, davanti a Jacopo, che ancora era troppo piccolo per capire quelle piccole bugie bianche: <Ciao Simo. Jaco ha la febbre e vuole andare a fare dolcetto o scherzetto stasera. Io gli ho detto che non può. Confermi questa decisione, ve?> annuì convinto al telefono e continuò: <Appunto! È quello che gli ho detto. Poi i suoi amichetti s'ammalano e danno la colpa a Jacopi'... sarebbe un peccato. 'Nfatti. Va bene. A dopo> tornò a guardare suo figlio.

<Hai sentito ciò che ha detto papà? Non puoi uscire con la febbre... ora prova a dormire un po'> gli sfiorò di nuovo la fronte, cercando di calmarlo.

Jacopo aveva ancora il broncio quando Manuel uscì dalla camera, ma almeno non replicò.

Manu andò in cucina per continuare a preparare la cena. Simone sarebbe tornato tardi da lavoro, come sempre. In laboratorio avevano orari abbastanza strani però almeno poteva prendersi qualche giorno di vacanza in più, durante le festività.

Tagliò i peperoni e li grigliò perché a Simone piacevano tantissimo. Si era fatto spiegare i passaggi dalla nonna di Simone, ormai sua mentore in cucina. Per il Natale passato le aveva regalato un ricettario con tutti i suoi piatti forti e lui lo conservava gelosamente in un angolo remoto della libreria, dove sapeva che nessuno ci avrebbe messo mano, tra i suoi libri di filosofia, nello scaffale più in alto così che Jaco non potesse andare a rovistare.

Mentre era lì, davanti ai fornelli, passivo nel girare i peperoni sulla griglia, decise di prendere una padella e sbucciare qualche patata. Per rallegrare l'animo di Jaco avrebbe fatto di tutto, anche impuzzare la casa d'olio per fare qualche patatina fritta. Ma un suo sorriso equivaleva ad un arcobaleno in una giornata di tempesta, quindi ne valeva sempre la pena.

Quando concluse la sua mansione tornò nella cameretta. Jacopo dormiva. Lo sfiorò: aveva ancora la fronte molto calda, ma lo lasciò riposare, sperando che le medicine agissero il prima possibile. Sulla sedia, accanto alla scrivania, notò il costume di Halloween che Jaco bramava da una settimana. Non vedeva l'ora di partecipare al suo primo dolcetto o scherzetto. Non vedeva l'ora di travestirsi e girare con la zucca di plastica per andare a raccattare in giro per il quartiere delle caramelle e dei cioccolatini.

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