C'ero una volta, io, in università. Aspettavo che iniziasse la prima lezione del semestre. Ero seduto alla solita panchina con i soliti colleghi... nulla di nuovo, anzi, quasi diventava monotono. Però poter iniziare materie nuove ogni due mesi era un gran piacere.
Il principe Simone non lo avevo più sentito e mi resi conto che non mi ero fatto dire nemmeno il cognome. Non lo avrei più rivisto, questa era la verità. Ed era una verità amara, difficile da accettare.
Dopo il secondo caffè della giornata, con gli altri – Marco e Matteo – decidemmo di andare a sederci in aula. Matteo era il solito Matteo, ormai mio amico dal primo liceo; invece, Marco si era unito a noi il primo giorno di università.
Era uno simpatico, a volte sguaiato, che amava godersi la vita. Ci stava bene con noi e noi con lui.
Ormai avevano imparato che, per quando spesso seguissi un po' a metà le lezioni, preferivo mettermi nelle prime file. La mia teoria sul farsi notare dai professori funzionava. Ogni volta che mi presentavo ad un esame venivo riconosciuto e spesso bastava per non ricevere domande troppo stronze. Gli altri non erano molto d'accordo ma ormai m'assecondavano. Poi erano cazzi loro se nun volevano studia'!
Infondo a me filosofia piaceva, pure parecchio!
A Roma le aule dell'università erano immense, sembrava non finissero mai, lunghe tanto da non vederne la fine. I prof non potevano ricordarsi di tutti, solo di pochi, pochissimi: le persone con i capelli colorati, quelli particolarmente stravaganti, i ragazzi neri (che a Filosofia non erano tantissimi) e quelli in prima fila. Quelli in prima fila sono quelli che i prof guardano quando spiegano perché sono gli unici di cui si possono vedere gli occhi.
La classe si popolò in poco tempo ed io iniziai a tirare fuori il quaderno.
<Te vedo troppo serio...> Matteo me lo fece notare come fosse un male.
<Sto pensando> gli risposi.
<A cosa?>
<A quanto sei brutto oggi. Mamma mia, nun me ricordavo fossi così!> gli tirai una gomitata ed iniziammo a scherzare come sempre, noi tre.
Ma poi mi zittii di colpo. Il brusio di sottofondo calò in un attimo, o forse sono stato io a non percepirlo più.
Simone era davanti a me, con la sua solita camicia ed il maglioncino sulle spalle, con i ricci perfetti, il volto liscio senza nessun accenno di barba, gli occhi grandi e curiosi.
Simone era dietro la cattedra. Simone era un prof. Era il mio prof.
C'era una volta Simone, il mio professore di letteratura.
Mi notò dopo pochi attimi ma non poté soffermarsi perché aveva gli occhi di tutta l'aula puntati addosso.
<Buongiorno!> esordì, attaccando la clip del microfono sulla camicia: <Io sono il prof. Balestra e insegno letteratura italiana. Voi siete gli studenti del terzo anno di filosofia, confermate?> ci fu un "Sì" generale, un coro al quale non riuscii ad unirmi.
Ero ancora paralizzato.
Lui, così impostato, poteva fare solo il professore!
<Bene. Partiamo dalla bibliografia che dovrete portare all'esame> iniziò la sua lezione ed io mi costrinsi a scrivere. Non alzai lo sguardo molto spesso, preso dalla spiegazione e dal prendere appunti, preso dal voler schivare un po' quello sguardo che avevo già visto da troppo vicino. Con che coraggio mi sarei presentato al suo esame? E con che coraggio lui m'avrebbe messo una valutazione? E cosa avrebbe valutato poi: il mio studio o la mia performance nell'ascensore?
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OS'S COLLECTION SIMUEL
FanfictionVisto che leggo sempre idee interessanti su Twetter per nuove storie Simuel, ho deciso che, sotto i vostri/nostri desideri, scriverò qualche One Shot (o anche qualche storia a più capitoli). Se avete richieste, sapete dove contattarmi