AMSTERDAM

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Uscii dall'università e quel pensiero continuava a tormentarmi. Le vie di Amsterdam erano sempre le stesse ma ormai sembravano impregnate di quei ricordi che non erano affatto felici. Non era giusto rovinare una città solo per colpa di una persona. Non era giusto odiare le strade solo perché agli angoli avevo baciato un ragazzo che mi aveva buttato via appena un nuovo giocattolo gli fu messo sotto il naso.

Era tardo pomeriggio e, per cambiare aria, decisi di percorrere una strada diversa, un po' più lunga, per tornare a casa. Tanto non avevo più impegni. Non c'era nessuno che m'aspettava, non c'era nessuno con cui io dovessi uscire. Ero rimasto di nuovo da solo.

Passai su un ponticello, vicino la casa di Anna Frank e poi proseguii dritto, imboccando una viuzza dalla quale non passavo spesso. Ero andato solo una volta a fare un giro, appena arrivato in città, ma non ci passai più perché tanto, il fidanzato ce l'avevo. Non avevo mica bisogno di guardare le vetrine dove donne e uomini svestiti si mostravano belli per me e per tutti gli altri che camminavano con gli occhi di fuori e la bava che gocciolava dalla bocca sui sanpietrini. Mi fermai però davanti ad una di queste. Guardai il listino prezzi, non perché fossi interessato, ma per capire quanto la gente fosse matta da spendere soldi per scopare con uno sconosciuto che, probabilmente, avesse in corpo un sacco di malattie.

La verità? I prezzi non erano nemmeno così alti. Guardai all'interno ed era tutto rosso: le luci, le porte, la reception, i "vestiti" dei figuranti in vetrina. Tutto rosso. Velluto, lattice, merletti. Tutto rosso.

Accanto a me sfilò un ragazzo. Un ragazzo bellissimo. Che però mi sembrava di aver già visto da qualche parte. Mi sorpassò ed entrò nel locale, come se lo facesse tutti i giorni. Lo seguii con gli occhi: si avvicinò al bancone, si fece allungare una chiave e poi entrò in una delle porte. Rimasi ad aspettare, sperando di vederlo di nuovo, forse uscire, forse boh. Ma che cavolo stavo aspettando poi? Un tipo con i capelli ricci ad Amsterdam?

Aspettai quasi mezz'ora alla fine, perché m'incantai davanti ad una ragazza che continuava a roteare su un palo come un girarrosto... stava facendo pole dance ma la verità è che per me, quello sport, mi avrebbe sempre dato la sensazione di kebab che continua a girare sul girarrosto.

Di quel ricciolino però non vidi più neanche l'ombra e avrei aspettato ancora per rivederlo, per capire anche solo dove io l'avessi già visto.

Poi, quando iniziai a perdere le speranze, lo vidi uscire da quella stessa porta. Aveva dei vestiti diversi: al posto della maglietta bianca c'era una canottiera nera bucherellata che lasciava intravedere il petto magro. Al posto dei jeans non c'era quasi niente se non un boxer striminzito nero, sexy. Parlò con la ragazza alla reception e rimase lì per qualche attimo, rivolto verso l'esterno, per guardare se ci fosse qualcuno interessato a lui.

Ci guardammo. Io lo guardai. Lui mi guardò. Sentii le guance arrossire quando mi fissò, leccandosi le labbra. Si avvicinò verso l'uscio, come per richiamarmi. Con un accento inglese maccheronico mi chiese se avessi bisogno. Non ci misi molto a capire che fosse italiano.

<N... no grazie> risposi. Non riuscii però a trattenermi da non guardare il suo fisico. Era sexy.

<Sei italiano?> mi domandò accennando un sorriso. Gli cambiò la voce nel parlare italiano. Annuii.

<Anche tu vero?> gli girai la domanda. Annuì.

<Quindi? Vuoi entrare?> mi chiese di nuovo.

Non ci pensai molto in realtà. Mi balenò solo un pensiero. Un unico pensiero. Lui mi aveva lasciato ed io dovevo riprendere in mano la mia vita. Sarei partito forse toccando il fondo e pagando qualcuno per fare sesso con me, però l'avrei fatto almeno con un ragazzo bellissimo. Molto più bello del mio ex di cui già iniziavo quasi a dimenticare il nome.

OS'S COLLECTION SIMUELDove le storie prendono vita. Scoprilo ora