CINETEATRO VISION

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Simone continuava ad ascoltare in ripetizione la canzone di Annalisa da qualche giorno. Era bella, come tutte le sue canzoni degli ultimi periodi. Si intitola Euforia. Nonostante fosse uscita sei mesi prima, Simone, l'ascoltava solo in quel periodo. Ma si sa, lui arriva sempre tardi nelle cose... un po' come quella mattina, ma va beh.

Era l'unica canzone che credeva di potergli mettere così tanto buon umore, così tanta carica per affrontare l'esame di Storia dell'arte moderna, l'esame più importante della triennale, con il prof più stronzo della facoltà.

Erano mesi che Simone studiava quella materia. Bisognava entrare, sedersi davanti al prof. Ferrari, il prof stronzo dagli occhi di ghiaccio, e lui apriva il suo libro delle torture: un quadro, una scultura o un'architettura. Quello era il destino. Se fosse capitato Michelangelo sarebbe potuto andare bene. Ma se invece fosse uscito Juverra... beh, allora forse no.

Ma Simone aveva studiato. Aveva studiato giorno e notte per quell'esame, aveva cercato di intervenire durante le lezioni per farsi notare, visto che il prof ne teneva conto. Era pure andato in gita con lui a Torino e Firenze per poter essere promosso. E il prof sceglieva solo pochi eletti. Lui era stato scelto. Quindi, nonostante l'ansia, un po' sperava che il prof si ricordasse il suo viso e non solo il suo solito posto in aula, di fianco alla parete di sinistra, in prima fila, nell'angolo.

Però quella mattina era in ritardo perché c'era stato un incidente e l'autobus non era riuscito a svignarsela dall'incrocio.

Quindi correva, con un caffè in mano e con Euforia nelle cuffiette, sperando di arrivare solo con pochi minuti di ritardo. Oltretutto il suo cognome era con la B, quindi probabilmente sarebbe stato pure uno dei primi.

Ma cercava di non pensarci. Correva e basta.

Varcò le mura dell'università con solo pochi minuti di ritardo e, notando i ragazzi del suo corso ancora fuori dall'aula, capì che non era davvero in ritardo. Anzi, il prof era più in ritardo di lui.

Fece un ultimo scatto, con il caffè ancora in mano che stranamente non era caduto. Lo avrebbe buttato giù tutto d'un sorso se solo... se solo non gli fosse caduto sulla maglietta bianca, pulita e profumata.

Un ragazzo gli finì addosso, anche lui con le cuffiette, con gli occhi bassi sul telefono. Gli tagliò la strada e Simone sentì un calore bruciargli la pancia.

<Oddio, scusami!> il ragazzo posò il telefono e alzò lo sguardo. Vide Simone: bello e disperato, con la maglietta bianca completamente sporca di caffè.

<Cazzo> sussurrò. Nello scontro gli caddero le cuffiette ma rimase immobile con le labbra sgranate e gli occhi bassi sul disastro che quello sconosciuto aveva combinato. Notò con la coda dell'occhio il tipo chinarsi per poter raccogliere le AirPods di Simone e passargliele.

<Dimmi che nun hai un esame proprio adesso...> il ragazzo lo sussurrò stringendo i denti perché ebbe il presentimento che Simone avrebbe potuto tirargli un pugno. Non aveva mai sperato che qualcuno lo riconoscesse come in quel momento.

Simo sollevò finalmente lo sguardo sull'altro ragazzo e sì, lo aveva riconosciuto, eccome se lo aveva riconosciuto, ma questo non gli avrebbe impedito di sgridarlo. Anche se la colpa era pure un po' sua...

<Sì. Ho un cazzo di esame impossibile e di certo non posso presentarmi così. Cazzo, cazzo, cazzo> lo disse un po' a se stesso e un po' al ragazzo che lo guardava imprecare silenziosamente ed agitarsi con le braccia ancora larghe e il bicchiere ancora in mano.

<Tieni, te presto questa. Poi me la riporti...> gli passò la sua felpa, quella che teneva poggiata sulle spalle: <Non copre l'odore di caffè ma almeno non hai 'na macchia a forma de cane sulla maglietta> sollevò le spalle sperando di poterlo aiutare, sperando di poter mettere un cerotto su quel danno che aveva combinato.

OS'S COLLECTION SIMUELDove le storie prendono vita. Scoprilo ora