CINETEATRO VISION pt3

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Simone ormai non sapeva più che aspettarsi. Manuel sarebbe potuto apparire da un momento all'altro in qualsiasi luogo.

Perché lui aveva i suoi contatti. Perché lui era famoso e sapeva sempre dove trovarlo. Così ormai, ogni volta che usciva di casa, sperava di vederselo spuntare da qualsiasi angolo. Di certo non sarebbe più venuto al Vision o in università: troppo banale. Simone continuava ripeterselo: Manuel non era così banale! E se si fosse presentato sotto casa sua?

Passò una settimana e di Manuel nemmeno l'ombra, nonostante Simone la immaginasse ovunque. Poi si disse che forse stava lavorando, forse era impegnato, forse non era più interessato. Forse non ne aveva più voglia. Si mise pure l'anima in pace e forse anche quel loro secondo incontro era stato un'allucinazione. Ormai non aveva nemmeno più la sua felpa nell'armadio, non aveva nessun ricordo, nessun oggetto che testimoniasse Manuel Ferro nella sua vita.

Forse aveva sognato nel tempo così tanto di incontrarlo che quel sogno era diventato una vera e propria allucinazione. Sicuro: Simone si era immaginato tutto. Manuel non gli era mai finito addosso, non gli aveva versato il caffè sulla pancia, non gli aveva prestato la felpa, non era andato al Vision a trovarlo e non aveva assolutamente flirtato con lui.

Manuel non esisteva.

Manuel continuava ad essere un attore, conosciuto in tutta Italia. Manuel continuava ad essere bello e irraggiungibile. Manuel non sapeva dell'esistenza di Simone.

Però poi una sera, quando era pronto ad abbassare le serrande al Vision, lo vide poggiato dall'altro lato della strada alla parete. Fumava una sigaretta e sbuffava nuvole di fumo in una serata calda di ormai inizio giugno.

<Pensavi me fossi dimenticato?> si avvicinò all'ingresso quando Simone si fermò a guardarlo. Una macchina sfrecciò tra loro ma un attimo dopo Manuel era più vicino. I lineamenti del viso erano nitidi e più scolpiti del solito. Gli occhi erano cerchiati da una matita nera.

<Credevo di sì> Simo non si trattenne. Le aveva pensate tutte e, per fortuna, nessun finale triste si sarebbe avverato. Perché Manuel era lì.

<Mica te abbandono. Avevamo 'na birra in sospeso, no?> aspirò un altro tiro e poi, avvicinandosi al viso di Simone, lo bottò fuori. Simone odiava il fumo, ma per Manuel avrebbe accattato qualsiasi cosa.

Si guardarono negli occhi e Simo non riuscì a non trattenere un sorriso. Annuì e basta. Chiuse la serranda e ripercorsero lo stesso tragitto della settimana prima. Passarono davanti allo stesso locale e presero le stesse birre.

<Comunque a volte mi sembra che tu non sia reale. Come faccio a sapere che davvero esisti nella mia vita? Non lo so... ho bisogno di qualcosa di materiale così sono sicuro> scherzò Simone ma non tanto.

<In tasca ho le chiavi de casa, ma direi che nun posso dartele. Poi ho 'no scontrino ma nun credo sia abbastanza... ho...> ci pensò un attimo, poi si guardò le mani: <Nun so se te sta. Tiè, provalo> si tolse un anello e glielo passò.

<Mi sembra esagerato. Mica voglio davvero un tuo anello!> sorrise ma lo prese e se lo provò. Era perfetto al suo anulare.

<A me sta anche un pochetto largo. Ho sempre paura de perderlo. Tienilo tu così sto tranquillo> gli guardò le dita affusolate. L'anello era al posto giusto.

<Sei sicuro? Stavo scherzando prima...> fece per toglierlo, ma Manuel lo bloccò in un attimo. Gli poggiò una mano sulla sua: <So' sicuro>.

Erano arrivati sotto casa di Simone da un pezzo ma fuori si stava bene e le birre erano nel pieno del loro effetto. Quell'effetto che fa battere un po' di più il cuore. Quell'effetto che toglie alcuni sassolini dalle scarpe.

OS'S COLLECTION SIMUELDove le storie prendono vita. Scoprilo ora