VENERDÌ PLEASENTVILLE

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Era venerdì. Uno come gli altri di sempre, apparentemente. Un venerdì un po' triste forse, per i colori che il cielo proiettava su Roma. Roma che, di solito, brillava di luci calde, che di solito profumava di vita. Invece, quel venerdì sembrava più buio. Sembrava che la città stesse ancora dormendo nonostante fossero quasi le 9, sembrava fosse abitata da gente noiosa e insignificante. Sembrava vuota nonostante brulicasse di persone.

Simone si guardava attorno mentre percorreva la solita strada per dirigersi a lavoro, come ogni giorno da cinque anni a quella parte.

Teneva le AirPods nelle orecchie e, visto che era proprio venerdì, aprì Spotify per ascoltare le nuove uscite. Lo faceva sempre, il venerdì. Ecco, forse per quel motivo, il venerdì per lui non era nemmeno un giorno così brutto: musica nuova e in prossimità del weekend.

Le prime non gli fecero impazzire. E di solito, quando era così, cambiava playlist. Ma non si scoraggiò e continuò ad ascoltare.

Partì una canzone rap - e a lui il rap non piaceva poi tanto - però le sonorità erano interessanti, così continuò ad ascoltare il testo, cercando di cogliere le parole che scorrevano veloci.

Il ritornello iniziale catturò subito la sua attenzione vista la frase che gli sembrò così familiare: dove il colore dei tuoi occhi può sorprendermi. Però forse era una coincidenza, no?

Partì la prima strofa e rimase concentrato per scoprire se quello che aveva pensato era solo frutto della sua follia. Della sua tristezza infinita. Del suo mondo in bianco e nero che assomigliava un po' di più al mondo reale proprio quel venerdì.

Si susseguirono però delle frasi, una dopo l'altra, che furono come dei colpi di pistola che non gli lasciavano nemmeno un attimo per respirare, per capire, per tenersi in piedi e non crollare in mezzo alla strada.

Quelle frasi, lui, già le conosceva. Le conosceva eccome. Le aveva incise nella mente. E non aveva senso che fossero nel testo di una canzone di Nitro, Pleasentville.


Ma che noia non andare mai di fretta

Simone non avrebbe nemmeno dovuto ricordarsi questa frase, invece gli era rimasta dentro quando Manuel l'aveva detta quella volta, ormai tanti, tanti anni fa. Simone si ricordava lo sguardo con il quale Manuel si era rivolto a lui: gli occhi al cielo, scocciato da tutta la frenesia del suo fidanzato. Si ricordava che dovevano uscire per chissà quale impegno e Simone non era rimasto lì con lui, raggomitolato a letto per continuare le loro coccole. Simone si era alzato e aveva iniziato a prepararsi: <Dai, alzati, che facciamo tardi!> lo aveva ammonito subito dopo.

<Simo, chissenefrega. Nun me interessa se facciamo tardi. Torna qui, abbiamo ancora più di un'ora...> cercò di rabbonirlo Manuel.

<Perché dobbiamo sempre fare le corse con te? Non possiamo mai arrivare puntuali, sempre con i tuoi soliti 10 minuti di ritardo...> Simo aprì la questione.

<Oddio Simo. Ti prego. Che noia le vite perfette e programmate. Smettila de fa il tuo solito. A te nun te piace proprio sentirti vivo eh? Che noia non andare mai di fretta, il brivido del ritardo, il farsi attendere... eddaje> controvoglia però si sollevò alla fine e Simone non continuò la conversazione perché non voleva discutere. Non con Manuel.


Simo continuò ad ascoltare. Ormai si era fermato in mezzo al marciapiede, guardando un punto indistinto davanti a lui. Sicuramente lo avranno preso per pazzo quel venerdì...

È la tua sicurezza che mi tormenta

Vivo nell'incertezza di esserne all'altezza

Simo ricevette il secondo colpo. Manuel, questa, gliel'aveva detta in uno dei suoi momenti di panico, di crisi. A volte gli capitavano... nei suoi periodi no. Ormai Simo ci era abituato al suo bipolarismo repentino. Per fortuna riusciva a controllarlo, a volte, ma altre no. Quelle volte finiva a piangere in situazioni pessime nel letto, senza avere le forze di alzarsi, lavarsi, mangiare... L'unico modo per calmarlo era farlo addormentare, quindi erano periodi, che potevano durare pochi giorni o anche qualche settimana, in cui dormiva e piangeva, piangeva e dormiva, si sminuiva e si rinchiudeva nella sua bolla di insicurezza.

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