C'era una volta un principe azzurro. Un principe azzurro bellissimo, dagli occhi nocciola e dai capelli ricci. Un principe azzurro dalla camicia, dei jeans e un maglioncino posato sulle spalle.
Era un bel principe azzurro: elegante e posato. Sembrava fin troppo posato, con la camicia abbottonata lungo tutto il petto, fino al collo. Con la schiena dritta poggiata sulla parete di quell'ascensore.
Era un principe azzurro, come quelli delle favole. Bello e impossibile.
E poi c'ero io. Io che stavo uscendo per dirigermi ad una serata gay, vestito da gay, con i brillantini gay ed un top corto con sopra scritto "nudo so' pure mejo".
Di certo non adatto a stare accanto al principino.
Però eravamo lì, in un ascensore bloccato tra il terzo e il quarto piano. Eravamo bloccati un sabato sera, passata la mezzanotte, io e il principino. E ci guardavano perché era tutto fin troppo assurdo.
<Avevi fretta?> domandai, quando mi resi conto che continuava a guardare l'orologio che aveva al polso.
<No. Solo sonno. Tu forse avevi fretta...> il principe notò il mio outfit, notò il mio modo di agitare la gamba. Ero agitato, un po' perché soffro di claustrofobia, un po' perché quegli occhi da cerbiatto mi stavano guardando e mi avevano appena fatto una radiografia.
<Ero in anticipo. Solo che nun so quando ce tirano fuori...> distolsi lo sguardo dal suo e notai che sulle unghie aveva lo smalto nero, smangiucchiato ma sexy.
<Si blocca spesso?> mi chiese con quella sua voce soave e raffinata.
<Nun m'era mai capitato...> sollevai le spalle e accanto a lui sembravo la notte. Lui il sole, io la luna.
Non sapevo che dire perché la mia voce, paragonata alla sua, sembrava brutta e rozza. Era un principe, ed io non avevo diritto di guardarlo e di parlargli.
Poi si sedette per terra ad aspettare che accadesse qualcosa. Che qualcuno lo tirasse fuori da lì, che qualcuno lo venisse a soccorrere. Non aveva ansia, si sedette e basta. Allora lo imitai: mi accomodai di fronte a lui.
<Attento a non rovinare i pantaloni> mi disse, come se sapesse che l'avessi fatto solo per essere al suo livello e non perché ne avessi voglia d'avvero.
<Non importa...> gli risposi: <Quindi principi' come te chiami?> non so da quale parte inconscia del mio cervello lasciai uscire una frase del genere. Era il panico. Era il suo profumo inebriante. Era il collo lungo, erano i ricci perfetti, l'orologio così stretto al polso.
Sollevò gli occhi di scatto quando lo apostrofai in quel modo ma non si lamentò, anzi, sorrise leggermente e le sue guance arrossirono: <Simone, tu?> avrei voluto accarezzarle perché sembravano davvero morbide. Chissà com'è accarezzare un principe?
<Manuel...> i nostri occhi s'incrociarono di nuovo ed i suoi si schiusero un pochino, a causa del sorriso che gli scavò delle piccole rughette attorno agli occhi.
<Pe' gli amici Manu, oppure se faccio usci' la mia parte un po'...> non seppi che dire: perché non mi stavo zitto?
<Un po'?> chiese lui costringendomi a continuare.
<Un po'... un po' troia. Beh, quando esce quella parte divento Manuel bisexual king> ma perché? Notò come la mia espressione cambiò radicalmente. Ci stavo provando in modo spudorato con un principe tutto composto e con la schiena dritta, con un orologio di marca al polso, con la camicia e lo smalto da ribelle sulle unghie.
<Ci stai provando?> mi domandò, staccandosi con la schiena dalla parete dell'ascensore per sporgersi un po' in avanti.
<No? E anche se fosse? Ci sarebbe un problema?> Simone il principe colse immediatamente la citazione acculturata e scoppiò a ridere.
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OS'S COLLECTION SIMUEL
FanfictionVisto che leggo sempre idee interessanti su Twetter per nuove storie Simuel, ho deciso che, sotto i vostri/nostri desideri, scriverò qualche One Shot (o anche qualche storia a più capitoli). Se avete richieste, sapete dove contattarmi