IL RIFLESSO DI UN ARCOBALENO

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Simone era uscito presto quella mattina. Voleva passare in garage da Manuel per vedere com'era messa la macchina, dopo averla distrutta lui stesso e aver aiutato l'amico a rubarne una identica. Passò non solo per quello. Voleva vedere lui. Voleva vederlo sporco di grasso, con la tuta grigia e le mani impegnate. Era affascinante quando si concentrava sulle auto o sulle moto. Avrebbe voluto che lo guardasse un po' così, come guarda i suoi gioiellini.

<Manuel!> lo chiamò da fuori, notando la porta socchiusa:<Com'è? Stai lavorando da tutta la notte?> entrò tenendo le mani nella tasca del giubbotto di jeans, il suo solito.

<No. Sono qua da un po'> gli lanciò un'occhiata veloce mentre continuava ad avvitare chissà cosa. Simo non ci aveva mai capito nulla di macchine, moto, motori e tutto quel mondo. Ma per Manuel forse si sarebbe potuto appassionare davvero. Avrebbe potuto pure ricordare a memoria tutti i mondiali vinti da Schumacher e Valentino Rossi.

<Dai ti do una mano. Che faccio?> si sporse oltre l'auto Simone per poter vedere cosa stesse facendo – non che ci capisse qualcosa...-.

<Dammi una mano con il cofano va.> poggiò la chiave che teneva in mano. Poi si chinò dietro di lui: <Alza> gli fece cenno. Mentre lo trasportarono guardandosi negli occhi Simo si sentì a disagio.

<Oggi è il giorno della visita al museo, lo sai? Abbiamo due ore.> aggiunse per non far prevalere quel silenzio imbarazzante: <Vediamoci direttamente lì> disse poi.

<Invece di parlà, lavora> gli fece cenno di avvitare una piccola manopola nell'angolo. La trovò con le dita e la girò senza nemmeno guardare cosa stesse facendo.

Per tutto il tempo non si tolsero gli occhi di dosso. L'odore di grasso e motore era quasi asfissiante là dentro ma Simone ormai si era abituato. Non gli dava più fastidio da un po'. Forse perché per Manuel si sarebbe pure cosparso di quel profumo. Ci avrebbe vissuto per sempre solo per lui.

Manu aggrottò le sopracciglia nello stringere la manopola ma ciononostante non tolse mai gli occhi da Simone. Continuò a fissarlo dritto come se avesse un raggio laser pronto a perforargli il cuore come un proiettile. Come se i suoi occhi fossero delle carabine, delle fionde, armi professionali in mano ad un vero criminale.

<Aspe, ti aiuto> Simo era affascinato dai criminali. Girò attorno alla macchina, notando la sua difficoltà, per poter dare un'ultima stretta a quella vite. Manu non si mosse, tenne il cofano e lo guardò avvicinarsi. Quando se lo trovò accanto non si spostò di neanche un centimetro. Gli fece spazio in quel passaggio stretto solo per farlo infilare lì accanto, ma non troppo.

Forse perché era da poco uscito dalla doccia e aveva un buon profumo, rispetto al suo. Lo annusò per bene. Guardò le sue mani fare forza, i muscoli poco visibili sotto la giacca che cercavano di guizzare fuori... ah, quella sua solita giacca che gli stava proprio bene.

Manu sentì di poterlo fissare in quel modo perché erano sempre insieme. Erano amici, no? O no? Non lo erano davvero?

<Grazie> gli sussurrò. Però non si spostarono, nessuno dei due. Rimasero immobili con un cofano aperto in un garage. Anche i loro sguardi rimasero bloccati. Simo sembrava quasi intimorito dai suoi occhi che lo scrutavano come se avesse combinato qualcosa, come se avesse una luce particolare in viso, tipo il riflesso di un arcobaleno. Se si fossero mossi quello sarebbe volato via.

Manu allungò allora una mano verso il suo volto e gli sfiorò lo zigomo che sembrava più marcato del solito grazie a quella luce mattutina che quatta quatta entrava dalle finestre alte, quelle da cui Simone aveva visto Manuel e Zucca la prima volta. Passando l'indice sulla sua guancia gli lasciò una piccola linea di grasso in faccia.

OS'S COLLECTION SIMUELDove le storie prendono vita. Scoprilo ora