Capitolo 3

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Finn

Ripongo la spada nell'elsa, voltandomi verso la voce che mi chiama.

-Conte!- grida infatti la voce familiare del mio scudiero.

-Arrivo- replico, sbuffando. Scocco un'ultima occhiata al bosco, nella speranza di capire meglio da cosa fosse stato prodotto il rumore che mi aveva attratto lì, ma mi arrendo e torno al punto di partenza, dove mi aspetta il giovane ragazzo.

-Non ha trovato niente, signore?- mi chiede lui, affrettandosi a venirmi incontro.

-No, neanche un'impronta. Tu cosa devi dirmi?- indago, inarcando le sopracciglia nel vedere la pergamena che stringe fra le mani.

-Me l'ha consegnata  uno dei messaggeri di Coburg mentre lei era via, signore. Ha detto che era importante, ci ha seguiti fin qua apposta per recapitarla. Sembra che il mittente abbia pagato di più per garantirsi un arrivo immediato- mi spiega rapidamente, incespicandosi tra le parole dalla fretta.

-Mhm- prendo la pergamena senza esitare, srotolandola rompendo il sigillo anonimo di ceralacca rossa.

Supero le prime righe di convenevoli, cercando il vero contenuto della missiva. Ci sarà un motivo per cui è stata inviata con così tanta urgenza.

D'un tratto, sorrido. L'hanno trovata. Hanno trovato la figlia di puttana.

La durata della sua fuga stava iniziando a preoccuparmi. Non mi piacciono le prede che scappano, sono una perdita di tempo inutile. Nessuno può sfuggirmi, è solo questione di tempo.

Ero sicuro che saremmo riusciti a prendere anche lei, e così è stato.

La streghetta non lo sa ancora, ma l'imperatore ha emanato da quasi una settimana una taglia esorbitante sulla sua testa.

Vuole liberarsene alla svelta, è chiaro.

L'ha fatta mandare in convento anni fa, insieme alla sorella, per cancellare ogni ombra di sospetto e dicerie, ma evidentemente non è bastato.

Scuoto la testa, salendo a cavallo.

-Veloce, prepara tutto. Non ho intenzione di perdere un altro singolo minuto- mi raccomando, rimettendomi l'elmo indosso.

Norimberga dista poche ore da qui, entro il tramonto saremo sicuramente arrivati.

Sprono il cavallo a partire, senza aspettare il mio scudiero. Mi raggiungerà.

Mentre i campi mi scorrono intorno l'uno dopo l'altro, ho modo di riflettere sulla situazione. L'imperatore mi ha dato fiducia, per l'ennesima volta, e io nuovamente l'ho soddisfatto.

Mi ha incaricato di trovare la bastarda che aveva generato di nascosto, e così ho fatto.

Ora, però, cosa dovrò farne di lei?

Dubito che suo padre, sangue del suo sangue, mi chieda di ucciderla, ma d'altronde è una strega, e come tale va trattata.

Farò preparare una pira per domani pomeriggio, così da togliermi subito il pensiero.

-Mio Signore- ansima il mio giovane scudiero, tenendo con forza esagerata le redini del cavallo. Ancora non so il suo nome, non mi è mai interessato e non mi sono sforzato di memorizzarlo.

-Dimmi- rispondo dunque, sollevando le sopracciglia. Mi disturba il suo continuare ad intervenire e domandare, ma devo ammettere che se la sta cavando piuttosto bene.

-Quali sono i programmi?- mi chiede.

Sbuffo, sollevando lo sguardo al cielo. Come volevasi dimostrare, un'altra domanda.

-L'imperatore sarà ospite nel Kaiserburg per le prossime settimane, probabilmente, dunque rimarremo lì- gli spiego brevemente, senza nemmeno guardarlo.

Riesco però a percepire la sua felicità trasudare da lui: negli ultimi tempi, per seguirmi, è stato lontano dalla famiglia, dunque tornare a casa dev'essere bello per lui.

Ho anche io qualcuno che mi attende al castello, ma sono tutte persone senza le quali sto bene ugualmente.

Magari la streghetta porterà qualche novità interessante, ma ne dubito.

Scrollo la testa, guardando il paesaggio correre ai lati della strada. Amo la mia contea, non posso negarlo, ma odio Norimberga.

Quel castello mi opprime, mi toglie il fiato, ma non ho altra scelta se non stare lì a compiere i miei doveri, obbedendo ad un codardo che fa risolvere i suoi problemi personali agli altri.

Il Kaiserburg spunta di fronte a noi, maestoso e possente.

Il mio scudiero sorride, alzandosi in piedi sulle staffe, permettendosi una risata liberatoria.

Lo lascio fare, è stato un lungo viaggio. Le mie stesse gambe dolgono dalla fatica, niente che un riposo profondo non possa curare.

Entriamo con fierezza nella città, superando le grandi mura e addentrandoci fra le vie.

Non mi preoccupo di ricambiare i saluti che mi vengono rivolti, preferendo mantenere il volto alto e lo sguardo fisso nel vuoto.

Eppure ci tengo, sotto sotto. Sto combattendo per ognuno di loro, seppur non ad alta voce. So che lo sanno, ormai, e forse è per questo che non mi hanno ancora mai fatto mancare il loro sostegno.

Dopo pochi minuti, sono finalmente dentro al castello. Qui mi permetto di prendere un respiro profondo, ma non è ancora giunto il momento di rilassarmi.

C'è una prigioniera di cui occuparsi.

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