Capitolo 30

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Finn

Punto lo sguardo sulla torre; padre Adalfuns cammina di fianco a me, con le mani giunte e unite da un rosario semplice e chiaro.

Interrompo il suo discorso con un cenno della mano, facendolo al tempo stesso indietreggiare.

-Padre, temo che la confessione debba essere rimandata- sussurro, senza distogliere lo sguardo dalla sagoma che sta scassinando la porta della torre.

Lui annuisce in silenzio, seguendo il mio sguardo e notando anche lui l'uomo.

-Vi chiedo di rientrare e di mandarmi tre guardie, padre- gli chiedo a bassa voce.

-Così sia, ma non spargere sangue- mi raccomanda, voltandosi e obbedendo.

Non rispondo, troppo occupato a scrutare il giovane che sta forzando la serratura. Non fatico a notare la spada che gli pende al fianco. 

Stringo i pugni. Vorrei avanzare e bloccarlo ora, ma non posso permettermi di essere imprudente, non di nuovo. Potrebbe non essere un ingenuo come Gerhardt, rischia di darmi del filo da torcere.

Prego dentro di me che non faccia del male alla ragazza, perché Carlo non me lo perdonerebbe mai. O forse sarei io a non perdonarmi.

Aggrotto la fronte, stupito dalla sciocchezza del mio stesso pensiero.

Le guardie mi raggiungono nello stesso momento in cui il ragazzo riesce ad entrare nella torre. Bene, così posso dire di averlo colto sul fatto.

Attendo qualche lungo minuto prima di seguirlo, facendo attenzione a non produrre rumori che potrebbero destare la sua attenzione.

Fortunatamente, ha lasciato entrambi i portoni socchiusi; riesco a sentire la sua voce, che non faccio fatica a riconoscere. Stringo la mascella: è Brandt, il giovane figlio del consigliere Bartholomäus.

Ci mancava solo questa.

Non importa. Prendo un respiro profondo, prima di entrare e puntargli rapidamente la lama al collo.

Quando il mio scudiero esce dalla sala, rimango solo. Per la prima volta, la sensazione mi spiazza.

Non so cosa fare. Mi sembra di avere le mani legate di fronte ad una situazione in cui non posso intervenire come vorrei, perché qualsiasi mossa io faccia sembra portare a problemi ancora più grandi.

E tutto questo solo perché c'è in mezzo della stregoneria.

Riabbasso lo sguardo sulle mie mani e stringo la lettera che mi è appena stata consegnata. Il timbro porta il sigillo imperiale, dunque è stata scritta da Carlo. Dentro di me ho paura di leggerne il contenuto e trovare scoperte spiacevoli, ma inspiro e la apro.

Lo stupore mi porta ad immobilizzarmi sul posto, strabuzzando gli occhi.

Ho finalmente ottenuto il permesso di decidere la sorte della strega, ma in compenso devo arrangiarmi e risolvere da solo tutto il resto.

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