Capitolo 35

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Finn

Rimango fermo nel corridoio, osservando la porta chiusa a chiave di fronte a me, e prendo un respiro profondo, tentando di calmare il turbinio di pensieri che si agita frenetico nella mia mente.

L'abbandono -quasi un voltafaccia, a dirla tutta- di Carlo in un momento così delicato mi ha destabilizzato. Speravo di poter contare sul suo appoggio e sul suo sostegno, ma mi sono ritrovato da solo.

Non ci vorranno ancora molti giorni prima che il Consiglio si riunisca per decidere di rimuovermi dal mio posto, soprattutto ora che nelle mie prigioni c'è il figlio di uno dei consiglieri.

Stringo la mascella, digrignando i denti; vorrei urlare, correre via o avventarmi su qualcuno, eppure so di non poterlo fare.

Non posso prendermela con la ragazza per il fatto che suo padre abbia agito da codardo; per la seconda volta Carlo sta scegliendo di nascondere lei e la sorella, senza rendersi conto di quanto ciò sia impossibile.

Aris ormai sa del legame di parentela che la lega a lui: non posso rimetterla in libertà e rischiare che la voce si diffonda, così come non posso ucciderla senza avere la certezza dei crimini che ha commesso, ma non posso indagare ora che l'ho già dichiarata morta.

Mi porto le mani al volto, affondando le dita nei capelli e chiudendo gli occhi. Perché ho preso parte a tutto questo? Perché?

Mi fidavo di Carlo, era ben più di un alleato per me. Era un mio amico.

L'ho coperto e difeso persino quando si era macchiato del peccato più grave, nonostante egli non mostrasse la benché minima traccia di rimorso, ho accettato di sporcarmi le mani di sangue al posto suo e ora rischio la vita a causa di tutto questo.

Un dubbio atroce mi attraversa la mente; lo sto ricacciando indietro da ore, forse da giorni, ma ora non posso fare a meno di ascoltarlo.

E se Aris non fosse davvero una strega? Se Carlo mi avesse detto questo solo per aizzarmi contro di lei e farla eliminare definitivamente?

La sorella, d'altronde, è già diventata suora di clausura. Lei invece ha sempre manifestato una chiara opposizione rispetto a quel genere di vita, un'opposizione che andava aumentando man mano che il giorno della scelta si avvicinava. Il suo stesso essere in vita rischiava di comportare una fonte di pericolo indesiderata.

Carlo è riuscito a dimenticarsi di lei nell'istante stesso in cui ha scoperto che la moglie attendeva un altro figlio, dunque non ha mai avuto particolarmente a cuore le sue sorti o il suo peccato. Non gli è mai importato davvero cosa avesse commesso.

Quello che io avevo interpretato come affetto paterno era forse un segno di noncuranza?

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