Capitolo 37

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Marvin (scudiero di Finn)

Scendo velocemente le scale che portano alle segrete, piuttosto agitato.

Non mi piace quell'ambiente, così come non mi piacciono le guardie che sono stanziate là.

Inspiro a fondo, prima di addentrarmici; l'odore di chiuso inizia già a farsi sentire, portandomi a fare una smorfia.

I miei passi, però, non esitano: ho un compito importante, stavolta. Sto più o meno salvando la vita ad una persona.

Trovo la sua cella senza fatica, poiché è l'unica sorvegliata da un manipolo di guardie. D'altronde, le altre erano ormai vuote, prive di prigioniero.

Avanzo quanto basta da vedere il giovane, Brandt, che guarda sprezzante oltre le sbarre.

-È l'ora?- mi chiede un soldato, non appena mi vede.

-No- mi affretto a rispondere, vedendo che due di loro già stavano per aprire la cella -il conte ordina che venga tenuto in vita- spiego brevemente, cercando di apparire più sicuro.

Il volto di Brandt non tradisce particolari emozioni, ma di contro si inclina nella mia direzione.

Sussulto, deglutendo appena, mentre lui sembra scrutarmi nell'interno dell'anima.

-Se questo è l'ordine del conte, così sia- annuisce il capo delle guardie, seppur non molto convinto.

Sembra dispiaciuto. L'idea che qualcuno possa essere felice nell'uccidere un innocente mi provoca un conato che ingoio a forza, sollevando lo sguardo sul soffitto.

Non ne posso più di questo posto.

Ignoro lo sguardo delle guardie, oltrepassandole senza farci nemmeno caso. Sono solo degli esseri disgustosi, ai miei occhi.

La cella accanto a quella di Brandt, ormai vuota, era quella occupata da Aris. Un tremito mi attraversa mentre sfioro le sbarre con la mano.

Chissà cosa le è successo. Il conte appariva più agitato del solito, come se le cose non stessero andando bene, il che mi fa intuire che sia ancora viva.

Sul fatto che sia indenne, però, ho più dubbi che speranze.

Mi giro nuovamente; se Finn non avesse visto Brandt tentare di entrare nella Sinwell, forse ora sarebbero entrambi liberi.

Inspiro, senza riuscire a sostenere lo sguardo del ragazzo. Lui è stato coraggioso, a differenza mia.

Lui ha rischiato la sua libertà per una sconosciuta.

Io ho condotto Aris dal suo carnefice innumerevoli volte, senza mai avere il coraggio di oppormi.

Mi mordo le labbra, uscendo velocemente e tenendo gli occhi bassi. La vergogna mi pesa sulle spalle, rendendo ogni passo più difficile.

Odio questo mondo così sporco.
Odio le mie mani, che si sono macchiate indirettamente di sangue.
Odio Carlo IV, che è riuscito ad abbandonare sua figlia nelle mani di un uomo che godrà uccidendola.

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