Finn
«Proprio a causa di questo stretto legame di fiducia fra noi, sono stato incaricato dall'imperatore di catturare suddetta strega e ucciderla qui, senza che la popolazione ne venisse a conoscenza. Voi, a buona ragione, potreste chiedervi il perché di tale segretezza, dunque ve lo svelo subito: ella non era solo una comune donna che si dilettava in arti demoniache, ma era inoltre una novizia pronta a prendere i voti» spiego, dosando bene ogni parola.
Mentre parlo mi accarezzo con apparente tranquillità il mento, dove avverto le prime tracce di barba incolta, e compio intanto lunghi giri all'interno della circonferenza creata dagli scranni consigliari.
«Capirete dunque perché un tale fatto dovesse rimanere nascosto ai più: è uno scandalo, un vero e proprio scandalo che potrebbe intaccare la reputazione e la nomea del convento di Santa Chiara, poiché era proprio lì che la strega stava compiendo il suo percorso, e delle altre innocenti fanciulle che non hanno nulla a che vedere con lei» termino; a giudicare del silenzio tombale che mi circonda, le mie parole hanno sortito un certo effetto. Ottimo.
«Avreste dovuto comunicarcelo in ogni caso. Siamo i vostri consiglieri, non potete nasconderci informazioni così importanti» ribatte però Gerhardt, portando la maggior parte dei suoi compari ad annuire.
«Posso forse oppormi agli ordini che l'imperatore in persona, eletto per volontà del Signore stesso, mi dà?» replico subito, voltandomi verso di lui.
«Resta il fatto che non siamo d'accordo con questo crimine da voi commesso; una tale metodologia non è accettabile in una cittadina evoluta quale è la nostra Norimberga» si intromette Hanno, seduto alla sinistra di Gerhardt.
Inspiro a fondo, prendendomi qualche istante di silenzio.
«Vi ho già spiegato le ragioni che mi hanno costretto ad agire in questo modo. Se continuerete a mostrarvi contrari a tali azioni, dovrete renderne conto a Sua Altezza Imperiale stessa».
Le mie parole cadono pesantemente nella sala; l'aria pare fermarsi, in attesa del prossimo spostamento di pedine.
Osservo i consiglieri uscire in silenzio, chinando appena il capo per salutarli con il dovuto rispetto; attendo qualche istante, una volta rimasto solo, prima di sorridere: è andata meglio del previsto, decisamente.
Ora, però, non posso permettermi di vacillare o perdere terreno, in quanto la partita è solo all'inizio; ho sfruttato il peso dell'alleanza di Carlo per convincerli a credere alle mie parole, ma tale alleanza non è più così stabile come credono, anche se loro non devono scoprirlo.
Mi dirigo come da abitudine verso la cappella, inginocchiandomi all'ingresso, e sorrido nel vedere padre Adalfuns di fronte all'altare; egli mi viene incontro con il suo solito fare paterno, riuscendo a tranquillizzarmi solo tramite la sua presenza.
«La figlia di Carlo chiede di poter partecipare alla Santa Messa» esordisce però lui, prima ancora di salutarmi.
«Siete stato da lei?» ribatto, aggrottando la fronte; il mio intero corpo si irrigidisce, nel sentirla nominare.
«Stamattina, all'alba. Abbiamo recitato le lodi insieme» mi spiega il frate, annuendo «ma in quanto alla sua richiesta?» insiste, seppur senza porre pressione nel suo tono.
«Non accadrà, è chiaro. Una serva di Satana non metterà piede in questa cappella durante una celebrazione sacra, non finché sarò in vita» ribadisco, scuotendo la testa. Come può permettersi una strega di esigere ciò?
«Io ritengo invece che la sua sia una richiesta corretta» replica padre Adalfuns, appoggiando una mano sulle mie braccia incrociate.
«Vi dimenticate forse che si è venduta a Lucifero?» ringhio piano, indietreggiando e indicando il crocifisso appeso al soffitto «ha tradito il Cristo!».
«E tu le impediresti di redimersi? Ti consideri forse più importante del Signore? Pensi di poterla giudicare e condannare, dal basso della tua umanità?» le parole del frate si fanno più dure, mentre la sua voce si abbassa; mi guarda negli occhi con sdegno, facendomi avvertire una fitta di vergogna al cuore.
Rimango in silenzio, senza controbattere, e annuisco piano.
«Vado da lei» sussurro, dopo qualche minuto.
«Attendevi forse altro?» è la risposta del religioso, che solleva le sopracciglia e mi indica il portone aperto con un cenno del volto «va'» mi ordina.
Non me lo faccio ripetere un'altra volta e mi affretto a dirigermi verso la stanza della ragazza; arrivato lì, però, esito. Percorro il corridoio più volte, avanti e indietro, cercando di formulare le giuste frasi da poterle dire nell'offrirle la possibilità di una redenzione mentre, al tempo stesso, avverto un timore inconscio al pensiero di vederla.
Lei e il suo maleficio...
«Signore» una voce maschile mi distoglie dai miei pensieri, facendomi sussultare; sguaino la spada, voltandomi e puntandola di scatto verso la figura in avvicinamento.
«Signore?» ripete Marvin, aggrottando le sopracciglia allarmato, mentre indietreggia.
Nel riconoscerlo abbasso velocemente la lama, rinfoderandola, ed esalo un lungo sospiro di sollievo.
«Perdonami» sussurro, appoggiandomi al muro con la schiena.
«State bene, mio Signore?» mi chiede lui, avvicinandosi piano. Appoggia per terra il vassoio con il pranzo di Aris, senza distogliere lo sguardo da me; nei suoi occhi leggo una sincera preoccupazione che mi spiazza.
«Sì, sì. Sono solo un po' teso» ammetto a mezza voce, scuotendo la testa.
«Com'è andato l'incontro con il consiglio?» mi domanda il giovane scudiero, scrutandomi alla ricerca di qualche eventuale reazione. Stringo la mascella; pensa forse che io stia male?
«Bene» rispondo quindi, freddamente; Marvin, in risposta, annuisce piano.
«Posso entrare?» mi chiede poi, indicando la porta della ragazza.
«No» ribatto di getto, staccandomi dal muro, e lui inarca un sopracciglio, attendendo una spiegazione.
L'aria sembra fuoriuscire dai polmoni, lasciandomi boccheggiare. Scuoto la testa, crollando in ginocchio a terra e affondando le mani fra i miei capelli, aggrappandomi a me stesso con foga.
«Signore, fermatevi» mi implora Marvin, chinandosi al mio fianco e premendo una mano sulla mia spalla «cosa vi sta succedendo?».
Muovo la testa in segno di diniego, cercando invano di formulare parole comprensibili; il corridoio sembra roteare e girare su sé stesso, mentre la voce del mio scudiero riecheggia nella mia testa implacabile.
La mia coscienza perde lentamente potere, affievolendosi, intanto che il giovane mi solleva a fatica e mi fa appoggiare a lui, trascinandomi poi verso l'esterno. Assisto passivamente alla scena, avvertendo a malapena i suoi ansiti affaticati, e non riesco a muovermi.
Abbasso le palpebre, smarrendomi nei ricordi dei giorni scorsi e degli occhi color nocciola che mi avevano implorato pietà innumerevoli volte; le mie mani stavano davvero per macchiarsi di un omicidio immotivato?
«Marvin» sussurro, riscuotendomi e raddrizzandomi poco alla volta.
Devo tornare indietro. Devo tornare da lei.
Il giovane si stacca da me, forse leggendo nei miei occhi il mio desiderio di essere lasciato da solo, e china il capo.
«Vi attendo qui, nel caso in cui abbiate bisogno di me» dice, senza smettere però di guardarmi con preoccupazione; mi rendo conto della crisi che ho avuto di fronte a lui e no, non posso concedermi un comportamento così debole e fragile un'altra volta. Se qualcuno mi avesse visto...
Inspiro a fondo, sistemandomi la camicia, e mi volto. Esito ancora qualche istante, prima di avviarmi con passo regolare nella direzione da cui ero fuggito appigliandomi a Marvin; raccolgo il mio coraggio e la mia determinazione, preparandomi ad affrontare la ragazza dopo quei due lunghi giorni senza incrociarla, e busso.
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Bewitched
Historical FictionNorimberga, 1352. Aris, una giovane fanciulla cresciuta fra i campi bavari, viene cacciata dal convento dove stava per prendere gli ordini con un'accusa bruciante: stregoneria. Costretta dunque alla fuga, non riuscirà a scappare a lungo dai frati do...