Capitolo 56

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Finn

Senza distogliere lo sguardo dalla fanciulla fra le mie braccia, rafforzo la stretta su di lei, assicurandomi che non scivoli.

I miei occhi scivolano sulle sue labbra rosee, ormai non più sconosciute alle mie, e vi indugiano qualche breve istante.

Mi riscuoto, lasciando la presa e voltandomi nuovamente; siamo quasi arrivati alla destinazione che volevo raggiungere, quindi riprendo a camminare a mento alto.

La salita si spiana e lascia il posto ad uno spazio erboso; sento il bisogno di mettere più distanza possibile fra me -fra noi- e il castello di Norimberga, con tutti i suoi obblighi ed imposizioni.

Mi fermo, chiudendo gli occhi per qualche istante e inspirando a fondo; mi giro lentamente, incrociando subito lo sguardo confuso e a tratti spaventato della giovane.

-Aris- sussurro.

-Signore...- mi risponde lei, piano, abbassando il volto. La scarsa luce che penetra fra i rami le accarezza la pelle chiara e dona ai suoi ricci, che fuoriescono appena dal cappuccio del mio mantello, un'elegante sfumatura color mogano.

Sorrido d'istinto. In questo momento, quella che vedo di fronte a me non è la figlia bastarda del mio imperatore né la presunta strega da condannare, ma una fanciulla smarrita ed inesperta, catapultata in un mondo a lei estraneo e in una realtà a lei prima sconosciuta e distante.

Un nuovo senso di tenerezza mi pervade poco a poco, addolcendo la mia espressione.

-Ho lasciato che le mie convinzioni ti giudicassero al mio posto e ti trattassero come la persona che non sei- ammetto, con voce calma.

Allungo la mano destra, sfiorando la sua; lei si irrigidisce appena, ma non si ritrae.

-Avete seguito gli ordini del vostro imperatore- sussurra lei, continuando a guardare per terra, riservando un particolare interesse verso i rami spogli sparsi a lato del sentiero, intrisi d'acqua piovana.

Il mio sorriso si allarga appena; è realistica, sa in che mondo si trova e qual è il posto suo e mio. Deduco che queste settimane qui le hanno insegnato almeno quello.

Continuo ad accarezzarle le mani, facendo poi un passo verso di lei. Con la mano libera le abbasso lentamente il cappuccio, lasciando che i ricci ramati le ricadano sulle spalle e facciano risaltare il color nocciola dei suoi occhi ingenui, accesi dalla confusione che io stesso so di starle creando.

Faccio scivolare entrambe le mani sui suoi fianchi, vedendo il rossore comparire rapido sulle sue guance. È più trasparente dell'acqua di sorgente. Finalmente risolleva il volto, puntando le iridi nelle mie con timidezza.

Avvicino il mio viso al suo, piegandomi di poco verso di lei; avverto il suo fiato fermarsi, mentre si immobilizza nell'attesa. Sorrido divertito, inspirando appena.

Ne ho bisogno, un bisogno disperato.

Premo le labbra sulle sue, stringendola fra le braccia d'istinto; lei poggia entrambe le mani sul mio petto, come per fermare il mio trasporto, ma non si sottrae al bacio, chiudendo gli occhi e inclinando il volto lasciando che io la guidassi.

Sposto una mano fra i suoi capelli, mentre approfondisco il bacio con un improvviso desiderio; un tremito percorre me e lei, con le sue guance rosse d'innocenza macchiata.

-Signore...- sussurra Aris, non appena mi stacco per riprendere fiato.

In risposta ritiro le mie mani dal suo corpo, congiungendole davanti al petto e sfregandole fra loro in un inutile tentativo di scaricare così l'ardore che mi agita.

Il suo sguardo corre dai miei occhi alle mie labbra al sentiero, in un vistoso imbarazzo che prima di oggi non avevo mai scorto in lei. Eppure ancora non mi rifiuta, non si scosta da me.

Ho bramato il suo corpo così a lungo che ora fatico a mantenere la concentrazione. In queste settimane, ogni volta che chiudevo le palpebre avevo di fronte a me la visione della sua pelle candida e delle sue forme delicate, da lei pudicamente nascoste.

Ringhio istintivamente, prendendo il suo volto con le mani e baciandola con più foga, appropriandomi delle sue labbra senza più trattenermi.

-Il Signore solo sa quanto a lungo ho desiderato farlo- sussurro ansimando, premendo la fronte contro la sua.

-Signore... vostra moglie...- sussurra lei di rimando, con la voce spezzata dalla mancanza di fiato.

Mi immobilizzo.

Sa di Luise.

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