Capitolo 10

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Aris

Tengo il capo chino, respirando a malapena.

Sapevo che il conte fosse un intimo amico dell'imperatore, ma mai mi sarei potuta aspettare un suo arrivo.

Questo, però, spiega le trombe.

-Alzati- sento la sua voce profonda riverberarsi nella sala lunga e stretta, ma esito al posto di obbedire, troppo spaventata per potermi muovere.

-L'imperatore ti ha detto di alzarti, strega- ribadisce Finn, prendendomi per in braccio e sollevandomi di forza.

Non oppongo resistenza, sussurrando delle scuse in un soffio, e continuo a non sollevare il volto.

L'imperatore è una figura divina, non ho il diritto di guardarlo negli occhi.

Sarò pure accusata di essere una strega, ma questo non cambia il mio rispetto verso Dio e i suoi vassalli terreni.

-Aris- dice lui.

Alzo appena la testa, pur tenendo ancora lo sguardo basso. Perché sa il mio nome?

-Sta bene? Le è stato fatto qualcosa?- chiede poi lui, voltandosi verso il conte.

-Nulla, Vostra Altezza. Abbiamo rispettato i suoi ordini- replica Finn; riesco a percepire l'occhiata minacciosa che mi scocca, più eloquente di ogni parola.

-Me lo auguro. Lo sai bene che ogni affronto alla sua carne è un affronto alla mia- nell'udire la risposta dell'imperatore, sollevo finalmente lo sguardo, strabuzzando gli occhi.

Cosa... cosa sta dicendo?

Lui sorride, mentre lo ammiro senza fiato. Il suo volto elegante, contornato da una corta barba che ne accentua i lineamenti, esprime sicurezza e potere, nonostante l'anzianità cominci a mostrarsi nei fili biancastri dei capelli.

I suoi occhi color nocciola hanno una forma particolare, delicata e quasi dolce, simile a quella dei miei.

-Fatti vedere più da vicino, figlia mia- dice, continuando a sorridere divertito.

Intuendo lo stupore che mi impedisce di muovermi, si alza in piedi, avanzando verso di me.

Tento di inginocchiarmi nuovamente, ma colgo un lieve cenno del capo di Finn, che guarda dritto avanti a sé. Rimango dunque in piedi, con il cuore che mi batte ormai in gola.

La mano ruvida dell'uomo mi accarezza una guancia, sollevandomi poi il mento.

L'imperatore è più alto di me, ma non di tanto. Finn, che intanto si è girato e si è avvicinato a lui di qualche passo, lo supera di più di una spanna.

-Sei davvero simile a tua madre- constata Carlo, per poi voltarsi verso il conte -non deve uscire da qui, mi sono spiegato?

Sussulto, mentre tento di realizzare ciò che sta accadendo.

Carlo IV, imperatore del Sacro Romano Impero... è mio padre. Non è possibile.

-Per quanto tempo?- Finn è rigido, tiene i pugni serrati dietro la schiena. Non mi vuole avere fra i piedi, immagino.

-Ne parleremo dopo- lo redarguisce l'imperatore, tornando a concentrarsi su di me -tua sorella sa dove sei ora?- mi chiede.

-No, Vostra Altezza, non lo sa- rispondo, a bassa voce. Avverto una fitta al cuore nel realizzare che probabilmente è convinta che io sia già morta.

-Capisco- lui annuisce, senza smettere di sorridere e passandosi intanto una mano sulla barba curata.

Il silenzio non tarda a piombare, mentre io aspetto. Non so cosa sta per succedere, non riesco a capire a che gioco stiano giocando.

Cosa ne sarà di me?

-Portala fuori- dice improvvisamente l'imperatore a Finn, indicando la porta.

-Certamente- lui non esita, prendendomi per un braccio e conducendomi in quella direzione senza ammettere repliche.

Non parlo. Non avrebbe senso parlare.

Mi lascio trascinare via, tornando nel corridoio di prima con la mente invasa dalla confusione.

Carlo IV è mio padre. Sono la figlia dell'imperatore.

Questo vuol dire che resterò in vita?

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