Aris
Sono rinchiusa qui forse da un giorno intero, a giudicare da come la luce si è spostata nel cielo in queste ore.
Appoggio la testa alle pietre fredde del muro della mia cella, cercando invano di trovare una posizione comoda. Mi hanno incatenato le mani dietro la schiena, temendo che potessi scappare da un momento all'altro.
Come se potessi davvero farlo.
La porta è chiusa a doppia mandata dall'esterno, mentre l'unica finestrella che mi hanno concesso è fin troppo in alto, permettendomi a malapena di vedere il movimento del sole.
Sospiro frustrata, alzando lo sguardo al cielo. Perché? Perché mi sta succedendo tutto questo? Cosa ho fatto di tanto sbagliato per meritarmi questo destino?
Ho paura, non lo voglio ammettere nemmeno a me stessa ma sono terrorizzata.
Mi bruceranno? Mi lasceranno chiusa qui per sempre? Mi lapideranno?
Le immagini che mi attraversano la mente sono una peggiore dell'altra, la mia fantasia non mi lascia scampo nemmeno in questi momenti.
Mi sono risvegliata stamattina chiusa qui, nessuno è ancora venuto a parlarmi. Non ho la benché minima sicurezza riguardo a dove sono e a cosa mi succederà, posso solo pregare che il mio destino non sia quello di morire dopo atroci torture.
Sono innocente, non possono farlo. Non voglio nemmeno prendere in considerazione quest'idea.
Il mio sguardo si perde fra le numerose crepe che percorrono le pietre del pavimento, mentre la mia mente vaga, in cerca di consolazione.
Non posso fare a meno di pensare a mia sorella: era in convento con me, anche se era già quasi alla fine del noviziato, e si è subito integrata bene.
Io no, non ci sono riuscita. Ma non perché non mi trovassi bene lì, semplicemente non era il mio ambiente; non mi sono mai davvero vista come suora, ma le scelte erano poche. Ho accettato senza esitazioni i pasti e il letto caldo che mi era stato offerto in cambio della mia consacrazione al Signore, eppure... tutto ciò, dove mi ha portato?
Sono rinchiusa in una cella chissà dove e in mano a chissà chi. Prego di non trovarmi nelle grinfie di qualche alleato dei von Hallerstein, che a quanto so sono ormai da anni in prima fila nel combattimento contro la stregoneria; sono pronta ad accettare qualsiasi sorte, ma non la morte. Non voglio morire, ne ho una paura atroce.
Un rumore improvviso mi fa sollevare la testa e aguzzare i sensi. Sono passi appena fuori dalla porta, li avverto sempre più chiaramente.
Come a riprova, il portone viene scosso; con uno scricchiolio seguito da un clangore metallico, la serratura si apre, lasciando spazio a due uomini con indosso abiti neri.
Mi irrigidisco, alzandomi in piedi e indietreggiando istintivamente.
-Ferma immobile - ringhia il primo dei due, avanzando verso di me.
L'altro cammina appena dietro, guardandomi con occhi intrisi di sospetto e disgusto.
Una fitta mi percorre il cuore, come ogni volta. Non è giusto, non mi merito questo.
L'ho urlato innumerevoli volte, io non ho fatto niente. C'è stato un fraintendimento, non so darmi altre spiegazioni.
Sono tentata di abbassare la testa per sfuggire all'umiliazione che quell'accusa mi provoca, ma resisto. Non ho colpe, non mi devo vergognare di nulla.
-Chi siete?- chiedo invece, aggrottando la fronte.
-Non parlare, strega- il tono del primo è minaccioso, così come indica il braccio sollevato.
Mi ritraggo appena, facendo saettare gli occhi da uno all'altro soldato.
-Su, il conte vuole vederti. Azzardati ad opporre resistenza e ti faremo passare l'inferno... quello a cui hai venduto l'anima - ribadisce il secondo, prendendomi per un braccio e spingendomi verso la porta.
Spalanco gli occhi, irrigidendomi ancora di più. Una parola mi riecheggia nella mente, lenta e dura come una condanna a morte.
Il conte.
-No...- sussurro con un filo di voce, parlando più a me stessa che a loro.
-Non hai sentito? Esci, veloce- il primo sottolinea le parole del compagno tirandomi un calcio sulle gambe, strappandomi un lamento sommesso.
I vestiti stracciati non attutiscono l'impatto, che viene invece amplificato dalla stanchezza dei giorni di corsa.
Mi obbligo a camminare in avanti, strattonata dai due uomini che nemmeno più mi guardano.
Chiudo gli occhi, abbandonandomi alle loro spinte, cercando di calmare la mia mente che non riusciva a pensare ad altro.
Il conte.
Sono in un castello dei von Hallerstein.
Una consapevolezza mi ghiaccia le ossa. Non uscirò di qui viva.
🖋️Spazio Autrice
con molta emozione, vi consegno questo primo capitolo, sperando che vi piaccia!
se avete domande, curiosità, suggerimenti o critiche, potete lasciare un commento oppure contattarmi su ig (@raiviellsbooks), sarò molto felice di rispondervi🖤
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Bewitched
Ficção HistóricaNorimberga, 1352. Aris, una giovane fanciulla cresciuta fra i campi bavari, viene cacciata dal convento dove stava per prendere gli ordini con un'accusa bruciante: stregoneria. Costretta dunque alla fuga, non riuscirà a scappare a lungo dai frati do...