Capitolo 7

211 19 29
                                    

Aris

Riabbasso il capo accarezzando il tessuto pregiato che ora indosso, avvertendo un senso di astrazione piombare su di me.

Non ho mai indossato abiti preziosi o troppo eleganti, mia madre non poteva permettersi di spendere soldi inutilmente; io e mia sorella siamo cresciute senza frivolezze, eppure non ci è mai mancato nulla, nemmeno quando il denaro sembrava finito.

Proprio come qualcuno si stesse prendendo cura di noi.

Quando lei era morta, senza lasciare né a me né a mia sorella alcuna informazione riguardo all'identità di nostro padre, il convento si era presentato come unica scelta.

Lì, ho dovuto dimenticare anche i più piccoli, innocenti vizi che avevo. Mi sono dovuta abituare ad una vita di privazioni a cui ero convinta sarei dovuta sottostare per sempre.

Ora però, sono qui, all'interno del Kaiserburg, vestita come una dama.

Cosa sta per succedere?

Il cuore mi balla nel petto ad un ritmo frenetico, seppur con meno agitazione rispetto a prima. È bastato poco per farmi sentire al sicuro.

Riporto l'attenzione sulla scena. Il conte si allontana per l'ennesima volta dal fuoco, stringendo in mano numerosi brandelli bruciacchiati, di varie dimensioni, del mio vecchio vestito.

Li butta in un angolo con un gesto noncurante, avanzando verso di me.

Il suo sguardo esprime emozioni che non riesco a decifrare; forse sdegno, disgusto e fastidio sono quelle che emergono più chiaramente.

-A... a cosa devo tutto questo?- domando, cercando di atteggiarmi in maniera contenuta e sicura, nonostante le lacrime versate solo pochi minuti prima.

-Lo scoprirai fra poco, non preoccuparti- lui solleva le sopracciglia e ride, per qualche breve istante che appare quasi surreale.

Sta ridendo di me, della mia ignoranza? Oppure la situazione lo diverte?

-Cosa succederà?- insisto, facendo un passo avanti. Voglio capire, ho il diritto di sapere.

-Sarò onesto, streghetta. Non ne ho la benché minima idea- il fastidio riappare immediatamente nei suoi occhi, di nuovo gelidi.

Si gira, dandomi la schiena e guardando il trono. Il suo trono.

-Tuo padre sta venendo a prenderti- scandisce con lentezza ogni parola, quasi cantilenando. Mentre pronuncia ciò, si volta di poco, lasciandomi intravedere il suo profilo ben definito.

La sua frase sembra rimanere sospesa nell'aria per quello che pare un secolo, mentre strabuzzo piano gli occhi.

-Mio... mio padre? Ci deve essere un errore- è la prima cosa che riesco a dire, portandomi una mano al volto caldo.

L'agitazione mi sta portando a scaldarmi.

Innumerevoli pensieri si affollano nella mia mente, impedendomi di realizzare effettivamente la novità.

-Oh no, streghetta. Purtroppo no, non è un errore- Finn incrocia le braccia al petto, girandosi e tornando verso di me. Si mantiene a pochi passi di distanza, impassibile.

Apre la bocca, come per dire qualcosa, ma viene interrotto dal suono squillante di una tromba.

Si irrigidisce, afferrandomi subito per un braccio.

-Tu devi tornare in cella- ringhia, prendendomi anche con l'altra mano e spingendomi fuori dalla sala.

Mi butta quindi in braccio alle due guardie, rimaste ad attendere nel lungo corridoio, per poi guardarmi con sdegno.

-Scotti- dice, prima di voltarsi e correre verso un'altra porta, mentre il suono aumenta sempre di più.

Non oppongo resistenza, mentre vengo riportata nella cella dove, però, non mi legano. Mi lasciano libera di muovermi, anche se dubito che rimarrò così a lungo.

Intanto, rifletto su quell'ultima parola sussurrata dal conte. "Scotti".

"Il calore eccessivo è simbolo della presenza di Satana nel corpo. Se non si riesce a scacciarlo tramite la quarantena, l'iniziata dovrà essere sottoposta ad un esorcismo".

La voce della suora superiora mi riecheggia ancora nelle orecchie, quasi come se volesse ricordarmi ciò che non dovevo lasciar emergere.

Mi ha toccato ed ha percepito il calore.

Mi ucciderà.

BewitchedDove le storie prendono vita. Scoprilo ora