Capitolo 39

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Finn

Mi addormento a fatica, dopo questa presa di consapevolezza inaspettata. Lo stesso letto mi risulta poco accogliente, mentre il mio animo inizia davvero a nutrire dentro sé del timore: ho paura, infatti, che nel sonno la strega possa aumentare il suo potere su di me, rafforzando il suo maleficio.

Tormentato da questi pensieri, dopo poche ore crollo e precipito in incubi angoscianti, popolati da presenze inquietanti.

Al risveglio, un pensiero mi lampeggia chiaro nella mente: non sono al sicuro né all'esterno né all'interno della mia fortezza.

È giunto il momento di scoprire chi sta davvero dalla mia parte ed è pronto a sostenermi anche adesso. Temo di trovarmi di fronte ad una verità amara, ma non voglio giungere a conclusioni affrettate.

Inspiro a fondo e mi siedo al mio scrittoio, estraendo cinque diversi pezzi di pergamena e scrivendo su di essi la stessa frase:

"Carissimo amico, siete atteso al Kaiserburg, nella solita sala, in tarda mattinata. Perdonatemi per l'invito così improvviso, ma vi spiegherò tutto di persona.
Faccio affidamento sulla vostra presenza.
In fede,
Conte Finn Haller von Hallerstein"

Fatto ciò, mi alzo e provvedo di fretta a farle spedire ai vari destinatari.

Devo riuscire a parlare con loro prima che Gerhardt diffonda la sua versione della storia, così da essere sicuro da poter mantenere il loro appoggio.

Mi dirigo poi nel cortile, intravedendo Otto, e lo chiamo a me con un gesto deciso.

Il soldato non esita a venirmi incontro, chinando il capo.

Io lo abbraccio, approfittandone per avvicinare le labbra al suo orecchio.

-Ho bisogno di un favore. Vieni con me- sussurro, staccandomi da lui e avviandomi a passo svelto verso l'interno. Continuo a fare avanti e indietro, ne sono consapevole, ma camminare mi aiuta a sfogare l'agitazione.

Sento il rumore dei passi di Otto dietro di me, dunque non mi preoccupo di controllare che mi stia seguendo.

Posso solo immaginare come gli appaio in questo momento: infervorato, con la camicia messa indosso di fretta e mezza sbottonata, il fiato corto e gli occhi che vagano dappertutto, resi scattanti dalla tensione. Ne sono ben consapevole, ma non me ne curo.

Quando sono sicuro che nessuno possa sentirci, mi volto nella sua direzione.

-Voglio sapere con precisione chi, delle mie guardie, mi è fedele- pretendo duramente -Sono sicuro che tu possa raccogliere quest'informazione senza troppa difficoltà.

Vedo il volto di Otto corrugarsi appena, ma lui annuisce.

-Come desiderate, signore. Posso chiedervi se è accaduto qualcosa?- indaga piano. Non vuole risultare invadente, è chiaro, ma la curiosità e la confusione gli pervadono lo sguardo.

-Ho fatto affidamento su persone di cui non dovevo fidarmi, purtroppo. Ora dobbiamo essere pronti a tutto, Otto. Non penso che si arriverà ad uno scontro, ma non dobbiamo farci trovare impreparati- spiego in poche, semplici frasi.

Quando le acque si saranno calmate gli racconterò cos'è accaduto, ma ora non c'è tempo.

Il mio soldato annuisce di nuovo, chinando il capo.

-Provvederò a farvi avere un elenco completo il prima possibile, signore- mi promette.

-Grazie- gli rispondo, riconoscente.

-Otto- lo richiamo però, appena si volta -fa' attenzione. Non vorrei mai che tu corressi rischi inutili a causa mia- gli raccomando a bassa voce.

Sarò pure un mostro, come ormai in tanti amano definirmi, ma ci tengo ai miei guerrieri.

Lui sorride.

-Non preoccupatevi- dice, prima di tornare alla sua postazione.

Sospiro appena, pregando che ogni cosa si risolva per il meglio, e mi dirigo verso la sala adibita agli incontri con il consiglio.

La giornata è ancora lunga.

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