È ormai sera e il mio cellulare squilla come un indiavolato, dopo essere passata da Dylan sono tornata a casa e mi sono messa a sonnecchiare sul divano. Recupero, assonnata, il cellulare e apro la chiamata senza vedere chi è.
«Pronto?» domando mentre mi stropiccio gli occhi e mi metto a sedere sul divano.
«Jenny? Ti disturbo?» chiede la voce di Hunter, il sonno mi abbandona immediatamente.
«È successo qualcosa a Eleonor?» chiedo alzandomi immediatamente.
«No, no! O meglio, continua a vomitare quindi non posso muovermi da casa. Ho provato a chiamare Kegan per dirgli di gestire il locale ma lui non mi risponde. Sono alla decima chiamata. Lui risponde sempre alla prima. Sono terribilmente preoccupato, Jenny. Non posso lasciare Eleonor ma ho comunque bisogno di sapere se Kegan sta bene. Per favore, non te lo chiederei se non fosse necessario, puoi passare a casa sua e vedere come sta?» domanda con un tono talmente abbattuto che non riesco a dire di no. Odio l'idea di entrare in casa sua. In un luogo dove ovunque ci sarà la sua impronta, ma conoscendolo so che non è normale che non risponda al telefono e anche se non lo sopporto, sono comunque preoccupata per lui. E questa cosa mi fa incazzare. Le vecchie abitudini sono dure a morire.
«Va bene, vado a casa sua, ti chiamo dopo.»
Hunter mi ringrazia mentre io chiudo la chiamata, visto che non mi sono ancora cambiata da stamattina, prendo la borsa, afferro le chiavi ed esco di casa.
Mi ci vogliono dieci minuti a piedi per raggiungere casa di Kegan, durante la chiamata Hunter mi ha detto che tiene la chiave di riserva sotto lo zerbino. Un luogo davvero abbastanza stupido, dovrebbe cambiarlo.
Afferro la chiave e la inserisco nella toppa, gira senza problemi.
«Kegan?» chiamo, ma non arriva nessuna risposta. Sbircio all'interno di casa, uno strano senso di nausea mi sale in gola. Il suo profumo è ovunque, faccio un passo dentro anche se vorrei soltanto correre fuori. Mi guardo attorno spaesata, è una casa spoglia, non c'è niente che possa ricondurre a lui. Perché vive in questo modo?
Prendo un respiro profondo e lo chiamo di nuovo. «Kegan?» domando con un tono un po' più alto, ma ancora nulla. Sul divano ci sono delle buste di patatine aperte e nient'altro, quindi vado avanti nel corridoio, mentre la nausea minaccia di mettermi in ginocchio. Controllo la prima camera, vuota.
«Kegan?» chiamo di nuovo, non è un tono arrabbiato ormai, soltanto preoccupato.
Alla fine entro nella seconda camera, ha la porta spalancata, mi infilo dentro e mi guardo attorno, i miei occhi si posano sul letto e sul corpo accasciato su di esso.
Il panico prende pieno possesso di me. È disteso a pancia in su, sul comodino c'è una boccetta piena per metà di pillole, sull'etichetta c'è scritto "sonniferi".
«Kegan!» esclamo a voce così alta che potrebbero tremare i vetri, mi fiondo su di lui e scuoto le sue spalle, niente, non si sveglia. Lo faccio più forte, ma il ragazzo continua a tenere gli occhi chiusi.
«Oddio... oddio, no, Kegan» sussurro con le lacrime agli occhi. Che abbia preso troppi sonniferi? È stata una cosa voluta? Abbasso l'orecchio vicino la sua bocca, sento un debole respiro e questo riesce a tranquillizzarmi almeno un minimo.
«Stupido scimmione!» gli urlo contro e gli do uno schiaffo sul viso, un debole sfarfallio delle palpebre mi fa capire che l'ha sentito. È ancora qui.
«Kegan... Svegliati» imploro e gli do un altro schiaffo. Stavolta emette un respiro più prolungato e poi, finalmente, apre gli occhi.
«Cosa...» prova a parlare ma si ritrova a tossire. Prendo la bottiglietta d'acqua poggiata sul comodino e gliela passo, mentre finalmente l'adrenalina inizia ad abbandonarmi e il mio corpo si rilassa.
«Non ci posso credere... cosa volevi fare, santo Dio? Ucciderti?!» domando infuriata alzandomi dal letto. Lui finisce la bottiglietta d'acqua e poi lentamente si mette a sedere.
«Io... io... non me lo ricordo» mormora sbattendo le palpebre, guardandosi attorno. In questo momento sembra così innocente che vorrei abbandonare ogni riserva e stringerlo tra le braccia.
Invece mi ritrovo a piangere e gettargli contro dei cuscini, sbattendoli forte contro il suo petto.
«Sei un coglione! Come hai potuto? Come? Pensavo che fossi morto! E Hunter? Ci pensi a Hunter?» urlo e lui finalmente pare tornare alla realtà, non so se per le urla o per i miei colpi. Guarda i sonniferi e poi di nuovo me.
«Cosa cazzo ci fai tu, qui?» chiede confuso. Gli do una forte spinta sul petto.
«Hunter mi ha chiesto di venire a controllarti, visto che è sera, tu dovresti andare a lavorare e non gli rispondi al telefono! Vengo qui e ti trovo quasi morto! Dobbiamo chiamare un'ambulanza.»
Mi alzo dal letto, ma lui mi afferra per il braccio e mi obbliga a girarmi.
«Non devi chiamare nessuna ambulanza, non volevo uccidermi. Ho semplicemente preso una dose massiccia di sonnifero che mi ha fatto dormire più del dovuto. Non c'è bisogno di essere così preoccupati. Mi sarei svegliato comunque.»
Non posso credere che abbia così poca considerazione della sua vita, spalanco la bocca e vorrei colpirlo di nuovo, ma ho il braccio bloccato nella sua morsa.
«Respiravi a malapena, santo Dio! Potevi non svegliarti!» grido, strattonando via il mio braccio. Lui stringe ancora più forte.
«E allora? Di certo non ti sarei mancato. Avresti avuto Eleonor e Hunter tutti per te, non è poi questo che vuoi?» domanda con tono rabbioso, qualcosa dentro di me si spezza. Quella corda che lui tira da tempo e che adesso non c'è più modo di riassestare.
«Come puoi... anche solo pensare che sia così meschina da augurarti la morte? Io non sono te, Kegan. Io ho a cuore le persone che hanno avuto un ruolo importante nella mia vita, anche quelle che mi hanno ferito e con cui non parlo più. Non augurerei la morte al mio peggior nemico e di certo non lo farei con te. Ma questo mi rende chiaro ciò che pensi sul mio conto. Sai che ti dico? Non mi importa. La prossima volta ti lascerò marcire nel tuo cazzo di letto e dirò ad Hunter di andarsi a controllare da solo il suo migliore amico di merda.»
Mi allontano da lui con le lacrime agli occhi, prova a fermarmi ancora ma tiro via il braccio e mi allontano dalla sua presa debole.
«Jenny senti...» mormora, ma non gli do tempo di finire, sono già sulla soglia della porta quando mi giro verso di lui.
«No! Non dire niente. Continui a ferirmi. Mi tratti come se fossi un animale, ma scoop, Kegan, sono una donna e merito rispetto. Pensaci stanotte, quando scoperai la tua ennesima conquista e poi le chiamerai un taxi.»
Prova ancora a richiamarmi, ma io non ne voglio sapere più niente. Mi asciugo le lacrime con la maglietta e esco fuori da casa sua. Me la chiudo alle spalle, rimettendo la chiave al suo posto e non mi giro più. Non rientrerò in questa casa, mai. Nemmeno una volta.
Mando un messaggio a Hunter:
"È vivo, continua a essere una testa di cazzo, ma è vivo."
Poi spengo il cellulare. Non ne voglio più sapere per oggi.
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Abbandonando la mia strada
Chick-LitJenny Baker fin da ragazzina ha sempre creduto nell'amore. Era convinta che un giorno avrebbe trovato il suo principe azzurro. E a quindici anni pensava di esserci riuscita: lui era intelligente, bello e gentile. Tutto ciò che una ragazza desidera i...