Il centro mi ha chiamato perché mamma è molto agitata, l'hanno informata che Kyle è fuori dai giochi ma si rifiuta di crederci e vuole sentirlo pronunciare dalle mie labbra.
Io e Jenny siamo in macchina, ormai quasi arrivati a destinazione, mi sembra surreale che sia seduta al mio fianco e che sia stata sua l'idea di venire con me. Mia madre sarà al settimo cielo e anche io devo ammettere di esserlo.
«Tua mamma è sempre stata lì dentro?»
Stringo le mani sul volante. «Non proprio, per un anno abbiamo cercato di tenerla con noi, ma peggiorava e lo psichiatra non aiutava, quindi mio padre ha deciso di rinchiuderla.»
Io e mio padre avevamo un buon rapporto prima della sua decisione, mi era stato vicino dopo la morte di Daisy, ci eravamo fatti forza a vicenda mentre mamma cadeva nel declino più totale, ma alla sua decisione definitiva di rinchiuderla ci avevo visto rosso e non gli avevo più parlato.
«Deve essere dura. Stare tutti questi anni rinchiusa in un centro.»
Mi giro a guardarla, la sua non è una condanna, soltanto un dato di fatto.
«Non volevo lasciarla lì. Ma mio padre ha insistito. Quel centro... nelle locandine c'è scritto sia il migliore, ma permette a mia madre di avere pochi rapporti con l'esterno, per una sorta di cura speciale. Non mi piace.»
Negli ultimi anni ho lavorato tanto, non soltanto per l'insonnia. Mettevo da parte ogni spicciolo così un giorno avrei potuto portare mia madre in un posto migliore o riprenderla con me.
Le dita di Jenny si posano sulla mia coscia, l'accarezza in un gesto affettuoso.
«E cosa ti piacerebbe per lei?»
Faccio un sorriso, stacco una delle mani dal volante e vado in cerca della sua.
«Un centro dove sono trattati con il riguardo che meritano e che permetta di farla uscire almeno una volta a settimana. Oppure una badante che possa rimanere sempre con lei. Ma entrambe le soluzioni costano molto e non posso permettermele.»
Mi incupisco di nuovo. Non sono ricco come Hunter, non sono un uomo di successo come Violet, non sono neppure ambizioso come Jenny. Ho sempre fatto a gomitate per trovarmi un posto nel mondo, tenendomi stretto a un filo con la paura che venisse tagliato all'improvviso.
Stringe le mie dita alle sue. «Non hai pensato di chiedere aiuto a tuo padre? Ad Hunter? O magari un prestito?»
Parcheggio la macchina, siamo arrivati. Poi mi concentro su di lei roteando il busto.
«Non parlo con mio padre da anni, lui se n'è lavato le mani. Crede che sia il migliore e che non ci sia motivo di cambiare. Ha una nuova famiglia, sai? Una compagna e un figlio.»
Rivera. Un cognome e una maledizione. Ogni componente è stato colpito duramente, ma mio padre è riuscito a ricostruirsi una vita. È stato l'unico che si è lasciato alle spalle tutto questo schifo.
«Ti manca molto.»
Non è una domanda, ma annuisco comunque. Il mio sguardo vacuo è posato sul cambio, il ricordo dei suoi abbracci e delle sue parole di conforto è ancora conservato al caldo nel mio cuore. Ma la sofferenza che mi ha causato vedere la sua vita prendere una piega positiva mi dilania.
«Hai mai pensato che forse è una cosa buona che lui abbia ricominciato a vivere? Avete affrontato una perdita importante, è coraggioso riuscire ad aprirsi di nuovo.»
Prendo un respiro profondo, brusco. «A me più che coraggioso sembra da menefreghisti. Mia sorella è morta, la vita di mia madre è bloccata in un loop temporale e io... sono a un punto fermo. Mentre lui mette post su Facebook con la sua nuova famiglia.»
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Abbandonando la mia strada
Literatura FemininaJenny Baker fin da ragazzina ha sempre creduto nell'amore. Era convinta che un giorno avrebbe trovato il suo principe azzurro. E a quindici anni pensava di esserci riuscita: lui era intelligente, bello e gentile. Tutto ciò che una ragazza desidera i...